Dal nostro inviato

Si è concluso positivamente l’incontro Mediterraneo frontiera di Pace che si è svolto a Bari la settimana scorsa. L’evento che ha visto la partecipazione di 60 vescovi provenienti da 20 paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Quello di Bari è stato il primo incontro dove si sono discussi temi molto importanti come: la Pace, la giustizia, il dialogo, l’emigrazione, la lotta contro la vendita delle armi nei paesi africani.

Prima dell’intervento di papa Francesco nella Basilica di S. Nicola, l’Amministratore apostolico mons. Pizzaballa  ha riassunto i lavori: “ Per prima cosa –  ha detto- abbiamo voluto ascoltare la realtà nella quale siamo calati. Il Mediterraneo da secoli è al centro di scambi culturali, commerciali e religiosi di ogni tipo, ma è anche stato teatro di guerre, conflitti e divisioni politiche e anche religiose. Nel presente, anziché diminuire, tutto ciò sembra aumentare. Guerre commerciali, fame di energia, disuguaglianze economiche e sociali hanno reso questo bacino centro di interessi enormi. Il destino di intere popolazioni è asservito all’interesse di pochi, causando violenze che sono funzionali a modelli di sviluppo creati e sostenuti in gran parte dall’Occidente. Nel passato anche le Chiese – basti pensare al periodo coloniale – sono state funzionali a tale modello. Oggi desideriamo chiedere perdono, in particolare, per aver consegnato ai giovani un mondo ferito.  Le nostre Chiese del Nord Africa e del Medio Oriente sono quelle che pagano il prezzo più alto. Decimate nei numeri, rimaste piccola minoranza, non sono però Chiese rinunciatarie. Al contrario, hanno ritrovato l’essenziale della fede e della testimonianza cristiana. Sono comunità che anche a fronte di enormi difficoltà e addirittura di persecuzioni, sono rimaste fedeli a Cristo. La “via della croce” è propria dell’esperienza delle Chiese del Mediterraneo. Al riguardo, pensiamo in particolare al destino di migliaia di migranti, che fuggono da situazioni di persecuzione e di povertà e che hanno cambiato il volto di molte delle nostre Chiese.

Le Chiese del Medio Oriente e del Nord Africa hanno più volte ribadito che non hanno bisogno solo di aiuti economici, ma innanzitutto di solidarietà, di sentirsi ascoltate, che qualcuno faccia propria la loro difficile realtà, dove però vi è anche la luce di tante testimonianze di fedeltà e di solidarietà umana e cristiana.

Esperienze e proposte.  Cosa fare dunque, come Chiese, di fronte a tutto ciò? Se gli attuali modelli di sviluppo assoggettano la persona umana al consumo e alla violenza, le nostre comunità non smettono di costruire vie diverse, alternative, di pace, sviluppo e crescita; vie che sono testimonianza del nostro stile cristiano di stare dentro la realtà; vie che pongono al centro la persona: nelle scuole, negli ospedali, nelle innumerevoli iniziative di solidarietà e di vicinanza ai poveri.  Il dialogo è l’altra forma di espressione della nostra vita ecclesiale. Attraverso il dialogo ecumenico tra le Chiese ci impegniamo a organizzare stabilmente preghiere comuni per la pace; a istituire, laddove non esistano, comitati interreligiosi soprattutto con i credenti musulmani, per realizzare insieme opere di solidarietà e condivisione. Vogliamo fare crescere e trasformare in esperienza, la fratellanza e la solidarietà umana. Questa prospettiva comporta anche la parresia, cioè la franchezza della denuncia del male che causa la povertà e crea situazioni strutturali di ingiustizia. In un contesto spesso ricco di manipolazioni, le nostre Chiese desiderano diventare un’unica voce profetica di verità e di libertà.   

Prospettive. Abbiamo insistito, infine, nel rafforzare iniziative di conoscenza reciproca, anche agevolando gemellaggi di diocesi e parrocchie, scambio di sacerdoti, esperienze di seminaristi, forme di volontariato. “Venite e vedete” è stato il nostro motto. Finora, forse si è molto “parlato sulle Chiese e le loro realtà”. Ora bisogna passare al “parlare con le Chiese e le loro realtà”. L’ospitalità, che è tipica della cultura mediterranea, deve iniziare innanzitutto tra noi.  In una realtà complessa e articolata come quella mediterranea, intendiamo farci carico delle sue contraddizioni, imparando e insegnando a viverla con speranza cristiana.  Siamo solo all’inizio di un percorso che sarà lungo, ma certamente avvincente.  Per questo abbiamo deciso di continuare a incontrarci, stabilmente, per poter poco alla volta, nei tempi che il Signore ci indicherà, costruire un percorso comune dove far crescere nei nostri contesti feriti e lacerati una cultura di pace e comunione”.

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