Titolo della settimana: Quarto potere, 1941 di Orson Welles.

In ogni forma d’arte ci sono momenti magici e date che cambiano il corso della storia e fanno da spartiacque tra il prima e il dopo.

Nella storia della settima arte ce n’è una che ha cambiato radicalmente, ancor più dell’avvento del sonoro del 1929, il modo di fare cinema.

È il 1941 quando un giovane regista esordiente di appena 25 anni consegna al mondo la sua prima opera. Quel regista è Orson Welles, il film è Citizen Kane, in Italia  Quarto potere.

Nonostante la giovane età, Welles ha già alle spalle una vita densa di esperienze teatrali innovative e con la lettera in radio de “La guerra dei mondi” diffonde il panico tra gli ascoltatori di Los Angeles, convinti fosse in atto una vera invasione aliena. Ciò attira l’attenzione degli addetti ai lavori, sempre vigili nella ricerca di nuovi talenti.

Per Citizen kane il giovane Orson ottiene dalla RKO carta bianca su tutto, un’autonomia impensabile per i tempi. “Quando iniziai a lavorare a Quarto potere avevo 25anni e qualche spia sul set faceva di tutto per disturbarmi. Ma quello che più mi interessava era sperimentare e giocare con obiettivi e inquadrature, non certo di girare un capolavoro, anche se sapevo stavamo facendo qualcosa di unico”.

Non le mandava certo a dire il giovane Orson, già sicuro di sé e con la sfrontatezza del genio. E per non farsi mancare nulla, punta i fari su un personaggio scomodo, ambiguo, ricchissimo e anche politicamente influente William Rudolph Hearst, magnate dell’industria americana e dell’editoria, che venuto a conoscenza del progetto cerca in tutti i modi di impedirne e ostacolare la realizzazione, screditando Welles: fortunatamente per la storia il suo intento fallisce ma la campagna mediatica ebbe ripercussioni negative sul futuro dell’attore-regista  ridimensionando in modo brusco la sua autonomia artistica, ma non il suo genio.

Citizen Kane vide la luce il 1 maggio del 1941 e oggi, proprio nell’anno dei suoi 80 anni, ha un posto nell’olimpo del cinema e non solo.

La trama. 

Alla morte di Charles Foster Kane, magnate dell’editoria e dell’industria, un giornalista è incaricato dal suo editore di indagare sul significato dell’ultima parola pronunciata sul letto di morte: Rosebud. Attraverso chi l’ha conosciuto, amato, odiato e anche invidiato, inizia un’indagine sull’avventurosa vita di Kane. Con l’aiuto del co-sceneggiatore Mankievicz e il direttore della fotografia Gregg Toland, Welles, con Quarto potere infrange tutte le regole della narrazione con flashback, grandangolo, profondità di campo mai viste e uso di specchi deformati, per non parlare dei piani sequenza (da togliere il fiato allo spettatore), segnando così un punto di non ritorno anche a livello di  racconto, con trovate e colpi di scena sorprendenti. Come avete ben capito, in Citizen Kane si trova la storia nella storia. Che dire di più di una pellicola i cui primi 2 minuti e 30 secondi valgono intere filmografie e nella quale a seguire troviamo un film nel film, un cinegiornale di 9 minuti che riassume l’intera vita del controverso Kane in amore, politica, denaro. Dopodiché inizia un viaggio meta-cinematografico, un vero puzzle che lentamente verrà composto fino alla scena finale, altro colpo di genio.

Un film inclassificabile come genere, nel quale troviamo di tutto, dal musical al gotico, dialoghi da commedia sofisticata e rimandi al cinema espressionista tedesco che molto influenza ha avuto sul cinema americano del periodo.

Citizen Kane è più che un film, una vera esperienza da fare almeno una volta nella vita. Nessun film successivo riuscirà ad avere un impatto simile e rimarrà per sempre un punto di riferimento, un’opera che ancora oggi a ottant’anni di distanza ci parla di noi.

Condividi: