Un cammino fra Vescovo e Popolo:”Sinodalità e missione vanno a braccetto”

Nel contesto del corso di aggiornamento: “Le nuove forme di sinodalità“, per docenti e studenti dell’Istituto di Scienze Religiose San Metodio di Siracusa, venerdì 14 gennaio, in diretta streaming su YouTube (Arcidiocesi di Siracusa), in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2021 / 2022, il gesuita padre Antonio Spadaro, direttore de: “La civiltà cattolica”, ha tenuto la prolusione su: “Chiesa inquieta, Chiesa sinodale“.

Alla presenza dell’arcivescovo Francesco Lomando, ha introdotto la stessa prolusione il2223 direttore dell’istituto don Salvatore Spataro che ha ricordato il tema scelto per l’anno accademico: pensare la sinodalità.

Padre Antonio condivide la stessa forma di consacrazione religiosa del Santo Padre e lo ha intervistato più volte. Ha vissuto in prima persona l’esperienza dei sinodi, partecipando attivamente ad essi. Sin dall’agosto 2013 ha intuito la volontà e l’impegno di papa Francesco per favorire lo stile sinodale per un proficuo e improrogabile rinnovamento ecclesiale, appunto attraverso il cammino della sinodalità. Il padre gesuita ha esposto le sue riflessioni sulla base della sua esperienza dei sinodi richiamando subito alla mente i primi istanti del pontificato di Francesco, quando il Santo Padre si è affacciato per la prima volta dalla loggia delle benedizioni, la sera del 13 marzo 2013, e con parole a braccio ha detto “E adesso cominciamo questo cammino Vescovo e Popolo, questo cammino, della Chiesa di Roma che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese, un cammino di fratellanza di amore di fiducia fra noi”. In quel discorso, il Papa pronunciò per tre volte la parola “cammino” in greco “synodos” cioè cammino comune. Quindi cammino sinodale significa discernimento della volontà di Dio non soltanto in maniera individuale ma come comunità cristiana. Ma nulla di nuovo, poiché san Giovanni Crisostomo, vescovo e padre della Chiesa ebbe scrivere che: “Chiesa è nome che sta per sinodo”. Papa Francesco ha quindi introdotto la Chiesa in una nuova fase di ricezione del Concilio vaticano II, a partire da un tripode: Popolo di Dio, Pastori, Papa. Lo stesso Pontefice ha affermato che lo stile della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio ed è la più preziosa eredità che il Concilio vaticano II ci ha lasciato. Sinodalità e missione vanno sempre insieme, e Francesco lo sa bene poiché ha vissuto e crede ad una sinodalità che proviene dalla periferia. Nella sua prima esortazione apostolica Evangelii gaudium Francesco delinea i tratti della Chiesa in uscita e sinodale, evidenziando la missionarietà del Popolo di Dio (Parrocchie e movimenti), l’attenzione e la cura dei Pastori (conferenze episcopali) e il servizio del ministero Petrino, ovvero il papato della Chiesa universale. E poiché il gregge possiede un proprio olfatto per individuare nuove strade di evangelizzazione, spetta ai pastori in comunione con il Papa, porsi alcune volte davanti per guidare, altre volte in mezzo per accompagnare, e forse molte volte dietro al popolo di Dio per riprendere chi è rimasto indietro.

Nella consapevolezza che ascoltare è più che sentire, da Evangelii gaudium si evince la necessità di ascolto: base fondamentale del processo sinodale. Ascolto di Dio, che parla attraverso gli eventi, ascolto del mondo, delle comunità ecclesiali, affinché ascoltando la voce dell’altro possa emergere la voce dello Spirito. Porre la Chiesa in questo stile sinodale, vuol dire rendere la Chiesa inquieta. Il Papa ricorda che il sinodo non è un parlamento o un parlatorio, dove ci si mette d’accordo, non è un luogo dove trovare consenso o pubblicizzare una idea o un pensiero, ma è un luogo di preghiera e silenzio dove è possibile ascoltare la voce dello Spirito, e comunicare tra i partecipanti, per realizzare il progetto di salvezza di Dio sull’umanità.

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