Il 13 dicembre 2013 così scrivevo alla Redazione di Cammino: “… per il numero di natale vi propongo l’intervista-testimonianza al novello sacerdote fra Vittorio.
Sta male, molto male, ma ha una gioia interiore …“.
Oggi p. Vittorio è ritornato alla casa del Padre. Una sconosciuta malattia lo ha dolorosamente portato alla morte senza mai spegnere il suo sorriso.  Da tempo necessitava di cure ospedaliere e ciononostante con l’ausilio della tecnologia suppliva alla progressiva perdita della vista e dell’udito, riuscendo a tenere saldo il contatto con la sua comunità ed in particolare con la gioventù francescana che gli era stata affidata.
Con la tristezza nel cuore, ci piace ricordarlo con la stessa seraficità che ci ha donato nel corso dell’intervista del 2013 che di seguito ripubblichiamo.

Insieme per sorreggerci e guardare avanti

Intervista al novello sacerdote, il frate cappuccino Vittorio Midolo

Il sortinese Vittorio Midolo compirà i suoi 33 anni il prossimo 24 dicembre.

Li festeggerà da sacerdote, così come desiderava da tempo. Entrato in convento, dai frati cappuccini, a 19 anni, a 23 aveva formulato la sua professione temporanea, per poi confermare i voti di castità, povertà ed obbedienza nel 2010.

Le sue particolari condizioni di salute hanno messo in forse fino all’ultimo giorno l’ordinazione presbiteriale, officiata dall’arcivescovo di Siracusa mons. Salvatore Pappalardo lo scorso 22 ottobre nella chiesa della parrocchia di s. Maria del soccorso in Augusta.

Il novello sacerdote, infatti, soffre di una malattia rara, non identificata, che si manifesta con un progressivo deteriorarsi del sistema nervoso periferico e centrale, compromettendone le articolazioni ed i sensi.

Il suo parlare, già il tono gioioso della sua voce, non svela, però, la sua sofferenza fisica.

Lo abbiamo intervistato per condividere con i nostri lettori la sua testimonianza di uomo e di sacerdote.

Come nasce la sua vocazione, cappuccino o sacerdote?

Già da bambino, a sei, sette anni, frequentavo la comunità di Sortino ed ero affascinato dalla realtà conventuale. Solo successivamente, con la malattia, come una purificazione interiore, mi sono sentito chiamato al sacerdozio.

Ma come si è manifestata la vocazione?

Sono sempre stato attratto dalla vita di fraternità, così come la vedevo svolgere in convento dai frati “viventi”: mi dicevo che volevo essere come loro, nei quali trovavo il buon odore delle cose che ti aprono il cuore. E’ stato il loro esempio a tenermi “la cornetta” nella mia chiamata vocazionale ed in loro ho visto la santità illuminante di Francesco e Chiara. Un cammino in cui mi sono trovato avendo come punto di riferimento il novizio cappuccino e servo di Dio fra Giuseppe Maria da Palermo, morto giovanissimo a Sortino il primo gennaio dell’anno 1886.

E come ha capito che era arrivato il momento di annunciarla al mondo?

Quando ho iniziato i miei studi universitari, facoltà di giurisprudenza, è stato come attraversare il deserto. Il silenzio in cui mi sono trovato mi ha portato a confidarmi con un frate e poi con i miei genitori.

Il frate mi disse parole che ancora oggi mi ritornano spesso in mente: “non pensare mai di cambiare gli altri, cerca piuttosto di lavorare per migliorare te stesso”. Quando convocai i miei genitori fu mia mamma, che sempre leggeva il mio cuore, ad anticiparmi nel mio dire e mio padre mi rassenerò con molta semplicità, dicendomi di andare avanti sapendo che per qualsiasi motivo loro erano sempre pronti ad accogliermi. Con le mie sorelle, invece, allora molto giovani, ci siamo capiti e ritrovati in seguito con tanto affetto.

Nella sua esperienza formativa è stato consigliere provinciale dei giovani laici francescani. Adesso che indossa il saio e la stola cosa ha da dire ai giovani che sempre più hanno difficoltà a credere nel futuro?

Li vedo ogni giorno, vivo con loro nel nuovo ruolo di  assistente provinciale della Gifra; avverto lo sconforto nei loro occhi e penso ci sia poco da dire ma tanto da stargli vicino. E, soprattutto, cerco di accompagnarli nel riscoprire il senso della provvidenza, affinché sappiano che non sono e non saranno mai soli.

Apprendiamo della sua malattia non ancora diagnosticata nelle cause, cosa ci può dire circa la sofferenza? Come vive le sue traversie?

Devo dire che quando viene provato il mio stato fisico, ancor di più mi sovviene una crescente energia interiore; certo, mi sorreggo a stento in piedi ed ho bisogno di assistenza nel dire la Messa, ma mi sento felice. E’ come se sperimentassi una nuova rinascita: perché più mi sento male più mi arrivano angeli a sostenermi. Un forte supporto mi è arrivato dall’impegno che svolgo con i bambini ed i ragazzi del centro Oreb della casa di accoglienza dei minori non accompagnati – di ogni nazionalità e soprattutto migranti –  delle suore di s. Anna. Da quanto la mia strada si è intrecciata con la loro riconosco che ciò mi ha dato uno sprint e non mi accorgo delle mie difficoltà, soprattutto visive: fazzu un pocu di trafficu per poter leggere loro qualcosa aiutandomi con gli ingrandimenti del tablet …. Quando avverto questa  pisantizza  con una mano non smetto di combattere e con una mano accolgo quello che viene. Poi quando constato che la vista mi sta progressivamente abbandonando, medito che è la stessa natura umana ad essere finita.

Come ha vissuto la celebrazione della sua ordinazione sacerdotale?

Riflettevo su quando si sta bene e ci si sente di poter cambiare il mondo; in virtù di questo pregavo: Signore fai come vuoi , io sono così, mi metto nelle tue mani; io non piango molto, ma in questa occasione ho pianto tutto il tempo pensando che il sacerdote non ha senso per se stesso ma se diventa servo degli altri: insieme.

I gruppi francescani si distinguono per le belle canzoni, qual è la colonna sonora che lo ha accompagnato nella sua vocazione e che le piace intonarci?

“Gioia che invade l’anima”. Ma tengo pure ad evidenziare e a non nascondere che tutto questo nulla toglie al fatto che ogni giorno ha le sue incazzature, alti e bassi, difficoltà e tensioni;  ma se ad affrontarle non si rimane da soli le cose filano; d’altronde sono le sfide di ogni giorno , nel lavoro, nel matrimonio, nella vita!

Il chiostro dei Cappuccini di Sortino

 

  • La foto in evidenza di fra Vittorio è di Nunzio Bruno.
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