Mattarela: la Festa della Liberazione è “un incitamento a tenere la schiena dritta, a essere fedeli a noi stessi”.
Nonostante gli impegni istituzionali sopraggiunti per la morte di Papa Francesco e l’imminente funerale con la partecipazione di significative delegazioni straniere il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha assicurato la partecipazione alla celebrazione di Genova, città medaglia d’oro al Valor Militare. Mattarella visiterà Villa Migone, luogo simbolo della liberazione del capoluogo ligure, dove il generale Meinhold firmò l’atto di resa davanti al CNL. In mattinata cerimonia all’Altare della Patria (nella foto in evidenza) con il Capo dello Stato e il Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni.
Sarà la decima tappa di un “pellegrinaggio laico“, come la definiscono al Quirinale dando il senso editoriale di un volume particolare appena uscito che raccoglie tutti i discorsi del Capo dello Stato per la Liberazione dalla sua elezione nel 2015.
Interessante sul tema il resoconto del convegno organizzato dalla Fondazione Don Primo Mazzolari.
Per don Primo Mazzolari “realizzare con decisione un rapido e consapevole processo di pacificazione nazionale” dopo il 25 aprile 1945 “non rappresentava un modo per superare la Resistenza, ma la maniera per giungere al suo inveramento”. Lo ha affermato Matteo Truffelli, storico dell’Università di Parma e presidente della Fondazione Mazzolari, al convegno tenutosi a Bozzolo (Mn) sabato 12 aprile intitolato “25 aprile. Don Primo Mazzolari e la Resistenza dei cristiani”. “Solo rifiutando la logica della costruzione del nemico gli italiani avrebbero potuto liberarsi realmente dalla malattia fascista, lasciandosi alle spalle i suoi veleni – ha aggiunto nel corso della sua relazione Truffelli –. Solo così sarebbe potuta nascere una democrazia solida, partecipata, libera ed equanime, orientata a realizzare il bene di tutti e non l’interesse di qualche fazione. Una democrazia che non si sarebbe potuta che fondare sul riconoscimento e il rispetto reciproco, come scriveva don Primo poche settimane dopo il 25 aprile: ‘Occorrerà puntare sulla tolleranza, se non vogliamo essere consumati dallo stesso fuoco divoratore di ieri. […] È la virtù che regge una democrazia che non vuol essere un travestimento delle dittatura’. Al contrario, alimentare un clima di divisione, di rivalsa e di violenza non avrebbe fatto altro che perpetuare l’eredità più subdola e insidiosa del fascismo, tradendo il significato autentico della Resistenza, che si era opposta alla dittatura non in nome di ‘un’insegna di partito’ ma ‘per la libertà di tutti’”.
- (Foto Diocesi di Cremona)
- (Foto Diocesi di Cremona)
L’appuntamento ha visto inoltre gli interventi di Giorgio Vecchio, storico, presidente del Comitato scientifico della Fondazione, della senatrice Albertina Soliani, presidente dell’Istituto Alcide Cervi e vicepresidente nazionale dell’Anpi, moderati da Mariangela Maraviglia (Fondazione Mazzolari).