Il messaggio e la benedizione Urbi et Orbi: il suo testamento è un manifesto per la Pace

Alle 7:35 di stamattina, Lunedì dell’Angelo, papa Francesco ha concluso il suo cammino terreno. Risuonano forti, come un presagio ed una profezia, le parole con le quali lo stesso pontefice aveva aperto ieri il suo messaggio per la benedizione “Urbi et Orbi:
«Oggi nella Chiesa finalmente risuona l’alleluia, riecheggia di bocca in bocca, da cuore a cuore, e il suo canto fa piangere di gioia il popolo di Dio nel mondo intero». 
Sì, la gioia per la Resurrezione di Cristo fa piangere il popolo di Dio nel mondo intero, anche per la morte del suo vicario in terra!
Jorge Mario Bergoglio, 88 anni, argentino di Buenos Aires, è stato il 266mo papa della Chiesa cattolica, il primo proveniente dal continente americano. Eletto nel 2013 ha guidato la Chiesa per 12 anni. Lascia una eredità ed una impronta indelebile, che meriterà di essere approfondita.
In questi primi momenti, dopo la sua partenza per il Cielo, viene in evidenza la frase evangelica da lui vissuta: «Avendo amato i suoi, li amò fino alla fine» (Gv 13,1).
Lo testimoniano gli ultimi gesti da lui compiuti la scorsa settimana, dopo circa tre mesi trascorsi al Gemelli, in condizioni molto precarie di salute: l’incontro privato con i reali d’Inghilterra il 9 aprile, la visita al carcere di Regina Coeli il giovedì santo (con l’abbraccio a 70 detenuti), l’incontro a sorpresa con il vicepresidente USA JD Vance a Santa Marta, la sua presenza  alla Loggia di San Pietro la domenica di Pasqua, con la benedizione Urbi et Orbi, e il giro della piazza in papamobile per l’ultimo incontro con i fedeli ivi convenuti.
Il messaggio per la benedizione Urbi et Orbi è come uno straordinario testamento spirituale. Vale la pena riportarne i passaggi significativi.
«L’amore ha vinto l’odio. La luce ha vinto le tenebre. La verità ha vinto la menzogna. Il perdono ha
vinto la vendetta. Il male non è scomparso dalla nostra storia, rimarrà fino alla fine, ma non ha più
il dominio, non ha più potere su chi accoglie la grazia di questo giorno».
«La risurrezione di Gesù è il fondamento della speranza: a partire da questo avvenimento, sperare non è più un’illusione. Grazie a Cristo crocifisso e risorto, la speranza non delude! Spes non confundit! (cfr Rm 5,5). E non è una speranza evasiva, ma impegnativa; non è alienante, ma responsabilizzante».
Ma soprattutto la condanna ferma delle guerre, di tutte le guerre, anche di quelle meno conosciute o dimenticate, di cui nessuno parla, e che Francesco cita ad una ad una, accompagnandole con appelli ed auspici concreti per il loro superamento. 
«Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno nei tanti conflitti che interessano diverse parti del
mondo! Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile! Dal Santo Sepolcro, Chiesa della Risurrezione, dove quest’anno la Pasqua è celebrata nello stesso giorno da cattolici e ortodossi, s’irradi la luce della pace su tutta la Terra Santa e sul mondo intero. 
Sono vicino alle sofferenze dei cristiani in Palestina e in Israele, così come a tutto il popolo israeliano e a tutto il popolo palestinese. Preoccupa il crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo.
In pari tempo, il mio pensiero va alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di
Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco,
si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace!
Preghiamo per le comunità cristiane in Libano e in Siria che, mentre quest’ultimo Paese sperimenta un passaggio delicato della sua storia, ambiscono alla stabilità e alla partecipazione
alle sorti delle rispettive Nazioni.
Un pensiero speciale rivolgo anche al popolo dello Yemen, che sta vivendo una delle peggiori crisi
umanitarie “prolungate” del mondo a causa della guerra, e invito tutti a trovare soluzioni attraverso un dialogo costruttivo.
Cristo Risorto effonda il dono pasquale della pace sulla martoriata Ucraina e incoraggi tutti gli attori coinvolti a proseguire gli sforzi volti a raggiungere una pace giusta e duratura.
In questo giorno di festa pensiamo al Caucaso Meridionale e preghiamo affinché si giunga presto alla firma e all’attuazione di un definitivo Accordo di pace tra l’Armenia e l’Azerbaigian, che conduca alla tanto desiderata riconciliazione nella Regione.
La luce della Pasqua ispiri propositi di concordia nei Balcani occidentali e sostenga gli attori politici nell’adoperarsi per evitare l’acuirsi di tensioni e crisi, come pure i partner della Regione nel respingere comportamenti pericolosi e destabilizzanti.
Cristo Risorto, nostra speranza, conceda pace e conforto alle popolazioni africane vittime di violenze e conflitti, soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan e Sud Sudan, e
sostenga quanti soffrono a causa delle tensioni nel Sahel, nel Corno d’Africa e nella Regione dei
Grandi Laghi, come pure i cristiani che in molti luoghi non possono professare liberamente la loro
Fede. In questo tempo non manchi il nostro aiuto al popolo birmano, già tormentato da anni di conflitto armato. L’annuncio del cessate-il-fuoco da parte di vari attori nel Paese è un segno di speranza per tutto il Myanmar».
Le ultime parole del pontefice risuonano come un monito ai governanti che reggono le sorti del mondo: «Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo»;  ed un invito anche a tutti noi:
«Nella Pasqua del Signore, la morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello, ma il Signore ora vive per sempre e ci infonde la certezza che anche noi siamo chiamati a partecipare alla vita che non conosce tramonto, in cui non si udranno più fragori di armi ed echi di morte». 
Immagine in evidenza – Autore: Simone Parrottino
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