Bombe su una chiesa…

Israele bombarda la chiesa cattolica della Sacra Famiglia di Gaza, piena di fedeli che vi si erano rifugiati. Due persone sono morte e ne sono rimaste ferite altre sei, tra le quali il parroco Gabriele Romanelli. Fuori dalla chiesa sono morti, sotto i bombardamenti, anche decine di palestinesi.

Quando papa Francesco era vivo chiamava ogni giorno padre Romanelli, per avere aggiornamenti sui bombardamenti israeliani su Gaza. Oggi è toccato a lui finire in ospedale con una gamba lesionata a causa di due bombe lanciate dall’esercito israeliano. I bombardamenti nei dintorni della parrocchia, del resto, avvenivano da giorni. E i fedeli si erano radunati in circa 500 all’interno della chiesa sperando di essere al sicuro almeno in quel luogo sacro. La giustificazione degli israeliani, questa volta, è stata quella di un “errore di tiro” (già nel 2023 avevano sparato sulla folla radunata nel cortile della parrocchia). Difficile, d’altronde, accampare ancora la scusa che si nascondessero in chiesa terroristi di Hamas, come sempre affermato finora quando venivano colpiti obiettivi civili:  scuole, ospedali e case dei palestinesi.

La notizia è stata diffusa dal cardinale Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, che ha subito informato papa Leone. Il Pontefice si è detto “profondamente addolorato” nell’apprendere la notizia, ed ha assicurato al parroco e a tutta la comunità parrocchiale la sua “vicinanza spirituale”, rinnovando l’appello per un cessate il fuoco immediato, ed esprimendo la sua profonda speranza per il dialogo, la riconciliazione e una pace duratura nella regione.

Il cardinale Reina, vicario generale del Papa, ha avuto parole durissime per l’accaduto: “dopo 600 giorni di guerra ed oltre 60mila morti palestinesi la comunità internazionale ha l’obbligo di adottare tutte le misure diplomatiche per arrestare questo assurdo e deplorevole bagno di sangue”.

Anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito “inaccettabili” gli attacchi  contro la popolazione civile di Gaza che Israele sta portando avanti da mesi, aggiungendo che “nessuna azione militare può giustificare un simile atteggiamento”.

E il ministro della Difesa, Guido Crosetto ha affermato: “Oggi, come ieri, come una settimana fa, come il mese scorso e tre mesi fa, sono morti altri palestinesi innocenti, uomini, donne,  bambini, che non fanno parte di Hamas ma semmai ne sono prigionieri e  ostaggi. La loro sola colpa è essere nati in una terra straziata  dall’odio, in un tempo drammatico nel quale la ragione si è  addormentata. Noi assistiamo ormai da mesi a qualcosa di disumano,  straziante, orribile”.

 

e continuano le “stragi per il pane

I negoziati tra Israele e Hamas si impantanano di nuovo su una lingua d’asfalto: il “corridoio Morag”, che divide Khan Yunis da Rafah, nel sud della Striscia. La crisi è esplosa venerdì 11 luglio, 24 ore dopo la partenza da Washington di Benjamin Netanyahu. Due giorni prima, al termine del secondo faccia a faccia, Donald Trump aveva fatto recapitare al gruppo armato la garanzia che Tel Aviv non avrebbe ripreso l’offensiva al termine dei due mesi di cessate il fuoco: era quanto cioè i miliziani chiedevano per dare il proprio via libera all’intesa. La trattativa sembrava, ormai, in discesa.

Nel frattempo, gli ostaggi continuano a soffrire e i soldati israeliani e i gazawi a morire. Altre 60 persone, sono state uccise ieri. Quasi la metà nell’ennesima strage del pane a Rafah: almeno 27 civili sono stati colpiti a morte e quasi 200 feriti dagli spari mentre erano accalcati davanti al centro di al-Shakoush della controversa Gaza humanitarian foundation. Si chiede che venga esclusa dalla gestione dei soccorsi, ma Israele, però, non solo è determinato a mantenerla in funzione, ma anzi, il ministro della Difesa, Israel Katz ha annunciato, la creazione di una «città umanitaria» dove concentrare i gazawi, in attesa del loro “trasferimento”. Verso destinazione ignota.

 

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