Titolo della settimana: Il giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica, 1970.
Aldilà della diatriba tra scrittore, Bassani, e regista De Sica, credo che ci troviamo di fronte a due grandi opere. Il film lo ritengo superbo, non ho ancora letto il libro, vuoto da colmare, ritenuto da tanti, a giusta ragione, un capolavoro, espressioni di due diverse forme d’arte, Il giardino dei Finzi-Contini è un romanzo di Giorgio Bassani del 1962. Non era la prima volta e non sarà neanche l’ultima e ve ne saranno ancora di questi scontri e ripicche tra grandi personalità, noi come al solito lasciamo agli esperti e ai critici determinati e scottanti argomenti. Da appassionato ritengo il film un’opera che non può passare inosservata, girata dal nostro Vittorio nazionale nell’ultima parte della sua ineguagliabile carriera, e con questo film, se non vado errato il suo quint’ultimo, aggiunse al suo palmares il quarto oscar, un record che solo Fellini eguaglierà . De Sica riuscì a ricreare le atmosfere cupe di uno dei periodi più bui della nostra storia, tra il 1938 e il 1943 quando i venti di guerra e le conseguenti leggi razziali antisemite stavano per travolgere il paese. Siamo a Ferrara, mentre il mondo si appresta a precipitare nella follia, dentro le mura della villa della famiglia Finzi Contini, la vita scorre apparentemente spensierata con i due rampolli, Alberto, con evidenti problemi di salute e la bella Micole, attorno a loro un gruppo di ragazzi, tra i quali Giorgio da sempre innamorato di Micole, da un amore non corrisposto e il comunista Giampiero Malnate. Tra flirt, amori, partite a tennis e studi, la vita dei giovani scorre normale, ma una serie di eventi inizia a minare i rapporti tra i giovani, mentre fuori la situazione precipita e il padre di Giorgio mette in guardia il figlio, che avverte anche lui la china sempre più pericolosa, oltre il peso per il definitivo rifiuto di Micole. Bassani inizialmente partecipò alla stesura dei dialoghi, ma molto presto entrò in collisione con il regista per alcune scelte, secondo lui basilari riguardanti aspetti dei personaggi, tanto che chiese e ottenne che il suo nome venisse cancellato dai titoli di coda. Detto ciò, questo non intacca, secondo me, la riuscita dell’opera, degna del nome del regista, un film appositamente lento, ben recitato e da gustare, con una parte finale da antologia e amarezza tra rastrellamenti e tensione crescente, un vero attentato alla libertà. Attori tutti in parte, splendida Dominique Sanda- Micole, bene Lino Capolicchio-Giorgio ed Helmut Berger, Fabio Testi se la cava come può, Romolo Valli, il padre di Giorgio, una spanna sopra tutti.
Finale indimenticabile con quel canto ebraico struggente e la partita di tennis al rallentatore, come se si volesse fermare il tempo. Fotografia di Ennio Guarnieri, che lavorò tante volte cin De Sica. Per l’angolo curiosità: per il giardino è stata utilizzata villa Ada , nei pressi di Roma, mentre la villa Finzi Contini si trova a Ferrara dove è stato girato anche il resto della pellicola. Magie cinematografiche, arte del ‘900 con De Sica uno dei suoi massimi cantori.
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