Diciamolo francamente: dopo tante promesse alle quali non sono seguiti fatti concreti, a Siracusa c’è molto disincanto riguardo la realizzazione del nuovo ospedale.
Eppure la nostra città è rimasta l’unico capoluogo siciliano a non disporre di un nosocomio di recente realizzazione. L’attuale ospedale, infatti, porta il nome di Umberto I perché la prima pietra è stata posta durante il Ventennio e l’attività di alcuni reparti è entrata in funzione soltanto nei primi anni Cinquanta, con il trasferimento dall’edificio delle Cinque Piaghe di Ortigia, in piazzetta San Rocco, a poche decine di metri da piazza Duomo e dalla Fonte Aretusa.
Ormai però dovremmo essere sulla strada giusta, anche se è vero che non sono stati rispettati i due anni di tempo che, troppo ottimisticamente, erano stati previsti nel 2020, quando il Parlamento scelse la strada della nomina di un supercommissario, per poter attuare le stesse, velocissime procedure adottate per la ricostruzione del Ponte Morandi di Genova.
Di anni ne sono passati infatti già quasi cinque, sono stati spesi più di sei milioni di euro ma ancora, per la verità, mancano diversi mesi prima che possa essere posta la prima pietra. Tuttavia, con l’acquisizione dell’intero finanziamento necessario, passato dai 200 milioni di euro previsti in un primo momento agli attuali 372 milioni, aumento causato anche dai seri problemi idrogeologici dovuti alla località prescelta, lungo la strada per Floridia, in prossimità dello svincolo autostradale Siracusa Sud.
Il 2025 potrebbe essere quindi, finalmente, l’anno buono per il nuovo ospedale di Siracusa, che non sarà purtroppo di secondo livello (i tre disponibili con questa fondamentale caratteristica, secondo il decreto Balduzzi, per il bacino del sud-est se li è “accaparrati” tutti Catania, con il Cannizzaro, il Nuovo Garibaldi e il San Marco) ma che avrà circa 430 posti, dei quali più di trecento saranno in stanze singole.
Bisogna ora, per tempo, pensare a tutto quello che serve per far sì che questa struttura, che sarà insediata ad alcuni chilometri dal centro abitato, possa essere fruita, in maniera agevole, da tutti e quindi progettando l’ampliamento di arterie viarie già ora inadeguate e sistemi di trasporto pubblico efficienti.
E mi piacerebbe se Siracusa intitolasse il suo nuovo ospedale alla sua Santa Patrona Lucia o alla Madonna delle Lacrime: due simboli della storia della nostra terra, che sintetizzano a tutti l’intimo legame che intercorre tra medicina e preghiera, nel segno dell’accoglienza e della cura dei sofferenti e delle persone fragili.
Nei prossimi giorni sarà inoltre sottoscritto un documento tra l’Ufficio Diocesano per la Pastorale della salute, che è a servizio dell’Arcidiocesi per l’evangelizzazione, lo studio dei problemi e la cura pastorale del mondo della sanità, e lavora per accrescere, sostenere e coordinare la presenza ecclesiale nell’ambito socio-sanitario, e che è diretto dal medico e diacono Dino Di Stefano e l’Osservatorio Civico di Siracusa, che è un’associazione di volontariato, che si occupa di monitorare e valutare anche la qualità e l’efficienza dei servizi sanitari erogati sul territorio, di promuovere la partecipazione e la trasparenza anche nella gestione della sanità pubblica, di tutelare i diritti e gli interessi dei cittadini utenti ed ha già stipulato delle intese con l’Ordine dei Medici e con Anci Sicilia ed altri enti ed associazioni.
L’Ufficio Diocesano, nell’ambito dell’insegnamento della Chiesa, e l’Osservatorio condividono dunque l’obiettivo di favorire la tutela del diritto alla salute delle persone, il rafforzamento del rapporto di fiducia tra medici e pazienti, il sostegno laddove si ravvisano situazioni di fragilità e/o difficoltà socioeconomiche. La situazione sanitaria è infatti sempre più un’area dove il rischio di ravvisare odiose disuguaglianze è crescente, anche a causa del preoccupante aumento della povertà. La malattia fa parte della nostra esperienza umana, ma essa può diventare disumana, come ha di recente ricordato Papa Francesco, se è vissuta nell’isolamento e nell’abbandono e se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione.
Salvo Sorbello – Presidente Osservatorio Civico