“Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria. La vita si fa storia”.

Il tema – tratto da un passo del Libro dell’Esodo – scelto da papa Francesco per la 54esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali richiama all’importanza della memoria tanto nella comunicazione quanto nella vita. Suggerisce che senza memoria non c’è futuro, e la memoria non va considerata come un “corpo statico”, ma come una “realtà dinamica”, poiché attraverso la memoria avviene la consegna di storie, speranze, sogni ed esperienze da una generazione ad un’altra.

La sfida consegnata a giornalisti e comunicatori è dunque grande in un tempo in cui si è sommersi da una mole sterminata di informazioni disponibili su più piattaforme e che si “consumano” con grande velocità, per chi le produce come per chi le fruisce, in un confine che rischia di diventare sempre più labile fino a sparire.

Cosa salverà il giornalismo professionale in un tempo in cui tutti possono mettere facilmente in circolo immagini e informazioni?

Forse proprio la capacità della memoria, che porta a inserire i singoli fatti in un percorso che prevede un prima e un dopo, ricostruendo il contesto in cui i fatti avvengono, illuminando le zone d’ombra, mettendo in luce le connessioni non sempre scontate tra fatti e situazioni apparentemente distanti.

Un secondo spunto che proprio il tema della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali ci consegna è l’invito a non dimenticare mai che ogni racconto nasce dalla vita, dall’incontro con l’altro, e allora la comunicazione deve aiutare a mettere in connessione, attraverso il racconto, la memoria con la vita. Nel suo discorso pronunciato all’udienza concessa all’ Ucsi in occasione del sessantesimo anniversario dalla fondazione, papa Francesco ha chiesto di non aver paura di “rovesciare l’ordine delle notizie, per dar voce a chi non ce l’ha; di raccontare le ‘buone notizie’ che generano amicizia sociale”, sapendo che non si tratta di “raccontare favole, ma buone notizie reali; di costruire comunità di pensiero e di vita capaci di leggere i segni dei tempi”. Il rapporto che lega il racconto alla vita è inscindibile, così come è importante la responsabilità nell’uso delle parole, “per smascherare le parole false e distruttive” e rilanciare le “parole vere in mezzo a tante parole vuote.” Le parole “raccontano il mondo e lo modellano”, ha detto il papa, poiché ci sono racconti che “possono generare spazi di libertà o di schiavitù, di responsabilità o di dipendenza dal potere”, e spesso bisogna scegliere da che parte stare, pagando anche dei prezzi in nome della libertà. Proprio la parola responsabilità, è una delle due che il presidente Mattarella ha consegnato all’Ucsi in un messaggio per la conclusione del sessantesimo, insieme alla parola verità, che può essere in se stessa una parola rivoluzionaria, considerando l’informazione “l’elemento basilare di una società libera e democratica”. (Sull’ultimo numero della rivista Desk, L’Ordine delle notizie, sono pubblicati in forma integrale sia il discorso del papa che messaggio del Presidente Mattarella).

Per la giornata delle comunicazioni sociali 2020 il papa invita inoltre a confrontarsi con la vita dei santi e a fare della comunicazione uno strumento per costruire ponti, “per unire e per condividere la bellezza dell’essere fratelli in un tempo segnato da contrasti e divisioni”. Vorrei in conclusione portare a esempio proprio il patrono dei giornalisti, san Francesco di Sales, la cui memoria liturgica si celebra il 24 gennaio. Visse tra 5 e 600 e fu al suo tempo un uomo ponte, convinto che nel trattare con gli uomini, tutti, anche gli eretici, bisognava evitare “l’aceto”, e usare la dolcezza, la comprensione, la stima, il dialogo serio e sincero. Poiché dal pulpito era poco ascoltato cominciò a pubblicare dei foglietti volanti, che faceva scivolare sotto gli usci delle case o affiggeva ai muri, inventando a suo modo un nuovo modo di comunicare. In una delle sue massime invitava ad avere un cuore capace di pazientare, poiché “i grandi disegni si realizzano solo con molta pazienza e con molto tempo”.

Vania de Luca, presidente nazionale dell’Ucsi

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