Per la giornata della memoria di giorno 27 gennaio 2020, riproponiamo la testimonianza resa a Siracusa da Pietro Terracina, in occasione della cerimonia del conferimento della cittadinanza onoraria per le mani del sindaco Giambattista Bufardeci, il 5 maggio 2005, su proposta dell’Istituto mediterraneo di studi universitari. Terracina, sopravvissuto alla Shoah, è morto lo scorso otto dicembre, avendo dedicato la sua vita a rendere testimonianza di quanto è stato.

“Il 23 maggio 1944, dopo otto giorni di un viaggio terrificante, stipati come animali con un caldo asfissiante e senza acqua, arrivammo qui. Io ero con papà e nonno. Papà non mi lasciava un momento. Si aprirono i carri e davanti ad ognuno erano schierate le SS con mitra e i cani. Gridavano e picchiavano i più deboli. Io i miei fratelli ci mettemmo a correre per cercare la mamma e nostra sorella. Mamma aveva già capito tutto. Appena ci vide ci abbracciò forte, piangeva, ricordo il mio viso bagnato dalle sue lacrime e le ultime parole: andate, non vi vedrò più. Poi ci mise le mani sul capo come a darci una benedizione. Fu l’ultimo gesto della sua vita. I nazisti ci divisero e fecero una colonna con le mamme e i bambini piccoli. Si avviarono a piedi dietro il boschetto delle betulle. Si vedevano ciminiere da cui uscivano fumo e fiamme, ma nessuno poteva immaginare di cosa si trattasse, pensavamo fosse una fabbrica. Oggi so che oltre l’ottanta per cento di noi venne messo subito a morte con il gas e poi ridotto in cenere. Io venni portato in uno stanzone dove mi levarono tutto, non solo i vestiti ma anche peli e capelli. Venni rasato a zero e mi tatuarono un numero sull’avambraccio. Per noi che scampavamo all’eliminazione immediata c’era un lavoro come schiavi. Pochissimi sopravvissero. Nessuno della mia famiglia”.

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