Il mondo è una polveriera. Da recenti statistiche apprendiamo che sono una sessantina oggi gli Stati coinvolti in focolai di guerra (24 in Africa, 15 in Asia, 8 in Medio Oriente, 5 nelle Americhe, 8 in Europa), e sono circa 500 i gruppi armati che si fronteggiano (fra milizie-guerrigliere, gruppi di matrice terroristica, formazioni separatiste o anarchiche, cartelli della droga). Le industrie belliche non conoscono crisi e le tragiche conseguenze dei conflitti si riversano sulle inermi ed incolpevoli popolazioni civili. Come se non bastasse, il nuovo anno si è aperto facendo spirare, purtroppo, nuovi venti di guerra, con la crisi scoppiata tra Iran e Usa dopo l’uccisione in Iraq del generale iraniano Soleimani, e con l’intensificarsi degli scenari di conflitto in Libia.

La voce dei pontefici. La pace, dunque, è il problema dei problemi. E tutti i pontefici hanno sempre levata alta la loro voce per condannare la follia della guerra. Per limitarsi al ventesimo secolo, si potrebbero ricordare le severe denunce di Benedetto XV e Pio XII riguardo alle “inutili stragi” consumate nei due conflitti mondiali. Proseguendo poi con Giovanni XXII, il cui documento più significativo, l’enciclica “Pacem in terris” del 1963, sarà ripreso dal Concilio Vaticano II ed inserito nella costituzione pastorale “Gaudium et spes” del 1965.

Le Giornate mondiali per la pace. Va riconosciuto a Paolo VI il merito di aver riconosciuto la necessità di proporre ed attualizzare, con cadenza annuale, un messaggio pontificio alla coscienza dell’umanità. Nascono così, per iniziativa di papa Montini, a partire dal 1° gennaio 1968 (anno emblematico, perché il più cruciale del secondo dopoguerra), le “Giornate Mondiali per la Pace” da celebrarsi nella ricorrenza del Capodanno. Da allora si sono susseguite senza interruzioni per 53 anni, e tutti i pontefici che si sono succeduti hanno tradizionalmente reso pubblici i loro messaggi per queste giornate nel primo giorno dell’anno.

Tutti i nomi della pace. Una lettura, sia diacronica che sincronica, di questi messaggi ne coglie, oltre al significato genuino, l’attualità e la storicizzazione, incentrandosi ora su un aspetto ora sull’altro che costituiscono i fondamenti della pace. Così, taluni messaggi hanno posto in rilievo la verità, altri la giustizia, altri ancora la libertà o l’amore-solidarietà (cioè i quattro pilastri individuati da Giovanni XXIII nella sua enciclica). Sarà poi la volta di nuovi punti focali per la costruzione della pace, come la riconciliazione o il dialogo, ed altri ancora.

La pace nei messaggi di papa Francesco. Nei sette messaggi per le Giornate Mondiali della Pace firmati dall’attuale pontefice dal 2014 emerge un ricco paradigma della pace. Cuori irrorati dalla fraternità, vite liberate dalla schiavitù, sguardi capaci di vincere l’indifferenza, semi di nonviolenza per promuovere la pace. Ma anche mani tese verso migranti e rifugiati, passi ispirati dalla buona politica e cammini di dialogo e di riconciliazione. Uno sguardo rivolto verso questi orizzonti carichi di speranza è quello che illumina i messaggi di papa Francesco per le Giornate Mondiali della Pace. Pur intrecciandosi con la realtà di una società deformata da vari vizi, è uno sguardo sempre legato alla speranza cristiana, al volto di Gesù. Dagli insegnamenti e dalle esortazioni di Papa Francesco per la pace, emerge il nitido profilo di un denso magistero.

Il messaggio del 2020. Per la 53ma edizione della Giornata Mondiale della Pace, dal titolo «La Pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica», il papa auspica che sia la Pace, con il suo giusto e benefico equilibrio, a dominare lo svolgimento della storia avvenire. Riconosce che la pace è veramente un bene prezioso, rendendo evidente che «la guerra si nutre di perversione delle relazioni, di ambizioni egemoniche, di abusi di potere, di paura dell’altro e della differenza vista come ostacolo; e nello stesso tempo alimenta tutto questo». E afferma che ci resta allora la speranza come «la virtù che ci mette in cammino, ci dà le ali per andare avanti, perfino quando gli ostacoli sembrano insormontabili». Allo stesso tempo, però, mette in guardia: non possiamo continuare su un percorso di falsa sicurezza, fatto di paura e sfiducia, dove gli investimenti nel settore delle armi aumentano sempre di più; abbiamo bisogno invece di fiducia, solidarietà ed anche di corresponsabilità.

In questo messaggio, viene in evidenza come la fraternità universale abbia un forte rapporto con la pace: un legame già espresso, non solo in più occasioni dallo stesso pontefice, ma anche da tanti leaders religiosi nel corso dell’ultimo decennio, dal Dalai Lama a Chiara Lubich.

Papa Francesco, oggi, ricorda che «occorre, innanzitutto, fare appello alla coscienza morale e alla volontà personale e politica. La pace, in effetti, si attinge nel profondo del cuore umano e la volontà politica va sempre rinvigorita, per aprire nuovi processi che riconcilino e uniscano persone e comunità».

La pace è un processo lungo, permanente, che può avere successo soltanto se è un prodotto della corresponsabilità a tutti i livelli e simultaneamente: nel locale, nazionale e internazionale, ma sulla base del dialogo profondo nella verità, che ascolta e riconosce la differenza. Il Papa fa un chiaro riferimento a lavorare per lo sviluppo umano integrale e una economia con più gratuità e comunione come dimensioni fondamentali per costruire la pace.

La visione complessa del pensiero di Francesco, sta nel fatto che lui non rimane a pensare la pace solo come un fatto di rapporti fra gli esseri umani, ma va più nel profondo, inserendola in un sistema più completo di relazioni e rapporti anche con la natura, il pianeta, sapendo bene quanto le guerre vengano scatenate anche per un continuo sfruttamento dei territori a scapito dei più poveri.

Ecco allora l’importanza «di celebrare e rispettare la vita ricevuta e condivisa» con un forte richiamo a «una conversione ecologica, intesa in maniera integrale, come una trasformazione delle relazioni che intratteniamo con le nostre sorelle e i nostri fratelli, con gli altri esseri viventi, con il creato nella sua ricchissima varietà, con il Creatore che è origine di ogni vita».

Infine il Papa conclude: «Il cammino della riconciliazione richiede pazienza e fiducia. Non si ottiene la pace se non la si spera», riconoscendo che la pace è una conquista di ogni giorno, che si ottiene con l’impegno quotidiano di tutti.

Che questo che inizia sia un anno per sognare un mondo in pace e che la nostra azione collettiva risponda concretamente a questo desiderio.

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