Titolo della settimana: Marcellino pane e vino di Ladislao Wayda, 1955.

In un paesino spagnolo un gruppo di frati decide di ristrutturare una vecchia fortificazione abbandonata. Un giorno uno di loro trova un orfanello abbandonato, lo adottano battezzandolo col nome di Marcellino poiché è il giorno di san Marcellino. Il film fu presentato all’8 festival di Cannes, protagonista il piccolo Pablito Calvo all’epoca aveva solamente 6 anni. In Italia la pellicola risultò clamorosamente il terzo incasso della stagione e ancora oggi è tra i primi trenta film più visti nelle sale. Certo c’è da dire che stiamo parlando di un’altra epoca con situazioni sociali ed abitudini diverse, dove la gente andava al cinema per sognare e anche piangere con il genere “Melodramma ” che la faceva da padrone con le opere di Raffaello Matarazzo (Catene, I figli di nessuno, L’Angelo bianco) e altri film fondamentali come Riso Amaro di De Santis. Il film di oggi rientra benissimo in questo contesto storico, non solo ma rivisto oggi non sfigura di fronte a titoli di questo spessore di grande impatto sociale e culturale. Anzi fa bene al cuore riassaporare il profumo del vecchio cinema di una volta, è un po’ come rivedere Nuovo Cinema Paradiso  e quelle immagini sullo schermo in bianconero  e tutta la gente di tutte le età assiepata nei cinemini di paese (e noi ne sappiamo qualcosa) dove si fumava si commentava e si faceva il tifo ad alta voce per l’eroe o l’eroina di turno. Si entrava nelle sale in cerca di storie  o fiabe per immergersi e dimenticare le difficoltà le miserie e gli stenti che il secondo conflitto mondiale aveva lasciato. Un po’ come noi oggi che con mezzi e strumenti diversi stiamo cercando di convivere e quanto prima metterci alle spalle questa impensabile “guerra“. Rivedere questo piccolo gioiello è rendere omaggio a quel tipo di fare cinema ormai scomparso e anche ricordare i nostri nonni e bisnonni che oltre ad essere la nostra memoria ci hanno insegnato a lottare e non mollare.
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