L’invisibile nemico dell’umanità sembra placarsi. Quotidianamente si analizzano i numeri e si fanno proiezioni. Si alternano voci di speranza e di paura; si susseguono informazioni che tengono il mondo intero con il fiato sospeso. Tutti guardano al domani leggendo in esso una moltitudine di punti interrogativi. La vita scorre comunque, i bambini continuano a nascere, i giovani immaginano il domani disposti a rinviare qualche sogno. Moltissime famiglie sono state colpite dal dolore lontane dagli affetti primari. Il mondo intero è sotto shock.

La comunicazione, nella molteplicità delle forme, fa la parte del leone e giunge con messaggi talora positivi e carichi di verità, talaltra distruttivi e colmi di falsità. Basti pensare ai vili attacchi rivolti a papa Francesco. Eppure questo Papa avanti con l’età, sofferente, stanco di una vita di lavoro e di lotte per difendere la giustizia e proteggere l’integrità dell’essere umano, non ci ha lasciato da soli un giorno. Tutte le mattine alle 7.00 porta la Parola di Dio nelle nostre vite, prega per tutti, si sforza di rinnovare l’annuncio della bellezza della fede in Gesù, elargisce speranza, prega intensamente, dona la comunione spirituale, consente a tutti di mettersi in breve adorazione e non è mai ripetitivo. Questo Vecchio, facilmente attaccabile perché altrettanto facilmente ‘sul campo’, ha sfidato la pioggia per pregare nella piazza san Pietro surrealmente vuota per la salvezza dell’umanità, ha chiesto perdono per i peccati di tutti, ha donato la Sua benedizione; l’anziano Pastore ha vissuto la via Crucis guardando le infinite vie Crucis degli uomini feriti dalle loro stesse scelte e vittime dei riverberi della cattiveria umana; l’ottantatreenne claudicante si è voluto recare in pellegrinaggio sulle strade di Roma per chiedere al Signore il dono della guarigione.

Certamente è più facile urlare proclami e costruire macchinazioni che mettersi in ascolto, sforzarsi di comprendere, rileggere la propria vita, ricomprendere le scelte di fede. Alle voci di chi è noto per la lontananza si uniscono tristemente quelle di chi fanaticamente accusa papa Francesco di non difendere i diritti dei cattolici perché le chiese sono rimaste chiuse, i sacramenti non vengono impartiti… e la cosa più triste e che spesso sono voci vicine che rivestono ruoli ministeriali nella Chiesa. Rileggendo ogni parola pronunciata dal Pontefice dal primo giorno in cui è stato comunicato il lockdown riemerge continuamente l’invito a stare con la gente, a tenere le chiese aperte pur con cautela e nel rispetto delle indicazioni del Governo. Diversamente perché sarebbero morti tanti sacerdoti rimasti sul campo, in mezzo ai loro fedeli sofferenti con il cuore aperto all’aiuto e all’accoglienza del bisogno dell’altro. Quanti sacerdoti oggi sono capaci di utilizzare con coraggio e creatività i social per parlare di Gesù, portare speranza; mai sui social si è parlato tanto di Dio e si sono succedute tantissime celebrazioni liturgiche. Mai avevamo visto sacerdoti esporre il Santissimo dalle terrazze delle parrocchie e dei palazzi con l’intento che tutti potessero essere coinvolti. Tante famiglie hanno imparato a recitare il Rosario, tanti giovani si stanno interrogando sulle paure personali e stanno cercando di comprendere anche i percorsi di fede.

La sensazione è che qualcuno abbia preso solo una minima parte di ciò che è stato indicato e chi accusa e lamenta diritti lesi continua a rimanere comodamente ‘sul divano’ rimpiangendo la vita passata, l’andare a Messa, fare la Comunione… e dove sono le ricadute? Dove leggiamo l’operosità della fede in Gesù Cristo, dell’appartenenza alla Chiesa? Tanta nostalgia di una fede fatta di ritualità fine a se stessa, già bruciata all’uscita dalla Messa!

Ogni battezzato consapevole della propria fede attende con ansia il ritorno alla vita sacramentale, ma gli occhi con cui guardare il virus che ha colpito il mondo dovranno essere occhi nuovi, occhi collegati al cuore per camminare con rinnovata progettualità e operosità sulle strade delle nostre Città.

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