Titolo della settimana: In nome della legge di Pietro Germi, 1949.

Con questo film iniziamo una rassegna di pellicole ambientate in Sicilia.

Questo significa parlare di Pietro Germi che, secondo chi scrive, è il miglior regista italiano di tutti i tempi. Il ligure Germi, infatti, ebbe con la nostra terra un legame misterioso e appassionato che lo portò a girare ben 5 pellicole in Sicilia. Opere che hanno lascito il segno, nelle quali seppe cogliere sfumature tipiche dei nostri costumi e delle nostre usanze che, mescolate alla sua visione cinematografica pungente, le impose alla ribalta internazionale.

Già dai primi fotogrammi il pubblico capiva che stava per iniziare “un film di Pietro Germi“. Ancora oggi queste pellicole sono studiate e osannate fino a diventate un punto di riferimento per  chi si occupa di cinema, dai registi ai critici. Germi è stato tra i primi autori del dopoguerra a interessarsi allo sviluppo e al costume della nostra isola,  tanto da meritarsi da una parte della critica l’appellativo di Genovese del sud e a conferma di questo, sarà proprio un film ambientato in Sicilia nel 1963, Divorzio all’italiana,  a dargli la definitiva consacrazione a livello mondiale con la conquista del premio Oscar come miglior regista. Ma torniamo al 1949, In nome della legge – tratto da un romanzo degli anni venti dal titolo Piccola Pretura –  vede tra gli sceneggiatori due giovani di belle speranze Federico Fellini e Mario Monicelli. È la storia del un giovane magistrato Guido Schiavo, interpretato da Massimo Girotti.  Inviato come nuovo pretore in un paesino dell’entroterra siciliano si trova a dover fare i conti con la mafia locale e con l’ostilità della classe dirigente capitanata dall’ambiguo  Barone Lo Vasto, interpretato dal regista Camillo Mastrocinque. L’unico aiuto al pretore – che cercherà in tutti i modi di far rispettare la legge in un luogo in cui lo Stato è lontano – viene dal maresciallo della stazione, uno splendido Saro Urzì, e da Paolino, un giovane del luogo. Ma quando quest’ultimo verrà ucciso il Pretore per risolvere il caso scenderà a patti con la mafia locale guidata dal massaro Turi Passalacqua, che gli consegna l’assassino. Questo messaggio fu all’epoca oggetto di polemica e critica alla quale partecipò anche Leonardo Sciascia che rimproverò al regista di dare alla mafia un’aura di vocazione alla giustizia, ma già a quel tempo, e siamo nel 1949 Germi, aveva capito tutto. Da genovese del sud aveva capito che la vera mafia stava ai piani alti, quella che decide, indica e sposta gli equilibri. Tra i tanti commenti anche l’ex mafioso Tommaso Buscetta che nel libro intervista Addio cosa nostra paragona Giovanni Falcone per il suo carattere dolce ma fermo e deciso al pretore del film di Germi. Premio speciale al regista e nastri d’argento anche per Girotti e Urzì. Le location di Sciacca e dintorni con le loro bellezze naturali, le masserie, le trazzere, la zona alta della città, piazza Gerardo Noceto, la Chiesa di San Michele e altri luoghi fanno da suggestivo contorno alla vicenda dandogli un’impronta neorealistica. Molte sequenze richiamano e sono un omaggio al cinema western americano per il quale Germi stravedeva. Il regista 15 anni piu tardi  tornerà in questi luoghi per girarvi l’ennesimo capolavoro della sua inarrivabile carriera Sedotta e abbandonata .. ma questa è un’altra storia. Curiosità: il bacio tra il povero Paolino e la sua fidanzata fa’ parte della scena finale dei baci tagliati in Nuovo Cinema Paradiso, un motivo in più per rivedere In nome della legge.

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