Correre a fare del bene al prossimo è l’atteggiamento di tanti, che nel nascondimento, donano e operano per le necessità di molti fratelli, rinunciando non al superfluo, ma in questi tempi, forse anche al necessario. Tante donne e uomini “amati dal Signore” che ogni giorno si umiliano come Abramo, lavando i piedi a sconosciuti.
È importante anche scorgere i volti ed ascoltare le voci di chi generosamente offre, come una insegnante di nome Catena:
“Sono un’insegnante di Religione Cattolica, impegnata da molti anni a Sortino nella Parrocchia di Santa Sofia come catechista. Ogni anno arriva puntualmente il momento di presentare la dichiarazione dei redditi. Nei primi anni, il mio sindacato mi chiedeva a chi io volessi destinare l’8×1000 e la mia risposta era sempre uguale. Destino l’8 per 1000 alla Chiesa cattolica.
Come mai ho scelto opzione?
“Grazie anche alla mia firma, la Chiesa si impegna per il sostentamento dei sacerdoti, per esigenze di culto e attività di religione, e per interventi culturali, sociali umanitari ed assistenziali a favore dell’Italia e di altri Paesi. E questo non mi sembra poco considerato l’impegno per la crisi sociale dovuta al Codid-19. Ma la ragione che mi spinge ad apporre la mia firma è soprattutto un’altra: ogni buon cristiano è chiamato a compiere ogni giorno atti di carità e di amore nei confronti del prossimo. L’ uomo senza carità non ha valore morale. L’ “agape”, così come la definisce san Paolo nell’Inno alla Carità, esprime la donazione totale di sé all’altro. Tutta l’esistenza del cristiano deve dunque indirizzarsi a questa realtà unica e importante. “In lui Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà (Ef 1,4-6)”.
Sotto la tenda dell’uomo credente, l’accoglienza e la donazione diventano occasione singolare per fare esperienza di Dio, accogliendo Lui stesso nei «fratelli più piccoli». Gesù lo dirà chiaramente attraverso il dialogo «con i benedetti» del giudizio finale: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 37-40).
– Immagine in evidenza: Chiesa di santa Sofia, Sortino (Sr)