Titolo della settimana: Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, 1948.
Per raccontare Ladri di biciclette e parlare due giganti del 900 italiano quali sono stati Vittorio De Sica e Cesare Zavattini bisogna partire dal 1944. Il film è La porta delle stelle e grazie a questa pellicola segretamente commissionata dal Vaticano, De Sica riuscì a salvare 800 ebrei destinati alla deportazione, ma questa è un’altra storia, seppur più gloriosa e importante di qualunque film e qualunque oscar. Un giorno Zavattini mi dice , è uscito un libro leggilo!
Da qui probabilmente nasce Ladri di biciclette, uno dei film più amati di tutti i tempi. Quando vedo Ladri di biciclette mi alzo in piedi con il cappello in mano, perché il cinema non può andare oltre, così parlo il grande Billy Wilder. Mentre alla prima parigina del film un’altra leggenda, Rene’ Clair alla fine della proiezione si alzò in piedi e abbracciò il nostro Vittorio Nazionale. Stessa reazione in India dove Saty Ray dichiarò che Ladri di biciclette aveva cambiato per sempre il modo di fare e di intendere il cinema, mentre in Italia la critica bigotta storceva il naso abituata alle commedie dei cosiddetti Telefoni bianchi, guarda caso vizio italico ancora oggi in voga. Unica scusante di quel periodo storico ,se vogliamo, era data dal fatto che si usciva da un regime, quello fascista, durato un ventennio e durante il quale parlare o trattare di problemi sociali era praticamente vietato e di conseguenza anche la macchina cinema, come tutti i mezzi di diffusione venivano controllati e veicolati dalla censura. Ma già durante il conflitto nel 1943 il vento cominciava a cambiare e il cinema spezza le catene e nonostante la carenza di mezzi e soldi riesce a diffondere il disagio e la sofferenza di una nazione allo sbando. Il cinema un po per necessità, visto che anche gli studi di Cinecittà sono inutilizzabili perché il popolo li usa come rifugio, scende in strada, tra la gente, dando vita a quel movimento culturale che prende il nome di Neorealismo.
Ladri di biciclette insieme a Roma città aperta, recensito esattamente un anno fa, ne è forse il manifesto. Siamo nella Roma del dopoguerra, dove il caos morale e sociale la fanno da padroni. Antonio-Lamberto Maggiorani trova un lavoro come attacchino, bellissima la scena quando affigge la locandina di Gilda con Rita Haywort, omaggio di De Sica alla sua attrice preferita. Un ladro gli ruba la bicicletta, mezzo necessario per poter lavorare. Inizia così insieme al figlio Bruno-Enzo Staiola un’odissea nella Capitale devastata, dove convivono miseria, opulenza, gente onesta e piccoli criminali, una vera jungla umana dove i due sono costretti ad addentrarsi e dove De Sica da dimostrazione del suo talento facendo si che il dramma dei due diventi di riflesso quello di una nazione intera e dove la bicicletta si trasforma in metafora di salvezza e speranza, perché da essa dipende il futuro della famiglia. Al centro di tutto per De Sica e il suo amico-fidato Zavattini vi è il rapporto padre-figlio. Bruno ammira ed è fiero del genitore e subisce in modo drammatico il crescendo degli eventi fino al drammatico e grandioso finale. La regia di De Sica è praticamente perfetta e da lodare è anche la prova di Lianella Carnell. Splendido il bianco e nero di Carlo Montuori che ci regala squarci di Roma memorabili, alcuni dei quali purtroppo non esistono più. Colonna sonora di Alessandro Cigarini. Da segnalare in una piccola parte di un seminarista , il futuro regista Sergio Leone.
Commovente l’omaggio che dedicò a Vittorio De Sica, al film e a tutto il neorealismo Ettore Scola in un altro film monumento del nostro cinema C’eravamo tanto amati. De Sica se n’è andò nel 1974 proprio durante la lavorazione del film di Scola, pellicola che prima o poi sarà in questa rubrica. Il cinema, o meglio il grande cinema, è legato da un filo logico De Sica-Leone-Scola, un passaggio di testimone tra grandi sempre attuali, riconducibili al grande cinema che diventa arte, dove sono le piccole storie a diventare grandi e non viceversa. E in questo caso le piccole storie si chiamano Ladri di biciclette, Sciuscià, I bambini ci guardano, Umberto D, Miracolo a Milano, già recensito, e tantissimi ancora, perle di un modo di fare cinema che ancora oggi il mondo ci invidia. Come attore De Sica ha interpretato più di 100 film, alcuni memorabili, come regista ha portato a casa ben quattro premi Oscar.
Buona visione e buon 25 aprile