L’Arcivescovo di Siracusa Francesco Lomanto – quando non sono trascorsi nemmeno sei mesi dalla sua ordinazione – fra i suoi primissimi gesti ha voluto scrivere una lettera dall’alto valore simbolico e già non sta passando inosservata. In occasione del Ramadan, infatti, ha voluto inviare un messaggio alla gente di fede musulmana della diocesi aretusea.

Ramadàn dall’arabo  رمضان ramaḍān, significa letteralmente «il mese caldo», perché anticamente cadeva in estate. È il nono mese dell’anno lunare musulmano, nel quale, Maometto, secondo la tradizione islamica, ricevette la rivelazione del Corano «come guida per gli uomini di retta direzione e salvezza». Secondo una prescrizione coranica, i musulmani devono osservare, dall’aurora al tramonto, l’astinenza totale da cibi e bevande, più tardi anche dal fumo e dai rapporti sessuali; dopo la riforma coranica del calendario arabo, volta a svincolarlo dal ciclo stagionale caratteristico di altre tradizioni, il Ramadan può cadere in qualsiasi momento dell’anno.

 «Cari fratelli e sorelle della comunità musulmana, a nome della comunità diocesana vi esprimo tutta la nostra amicizia con gli auguri più fraterni per questo mese di Ramadan, sacro alla fede islamica».

Così si esprime l’arcivescovo Lomanto, in sinergia con l’operato di Papa Francesco ed in continuità con il magistero di altri pontefici che hanno promosso con fervore il dialogo interreligioso, contraddistinguendosi per la loro apertura verso culture e fedi diverse.

Ricordiamo il recente episodio, che ha scatenato grande scalpore, del rito celebrato da Papa Francesco alla presenza della statua amazzone Pachamama, raffigurazione della madre terra.

Nella storia della chiesa, anche Papa Giovanni XXIII, conosciuto come il Papa Buono, fu amato ed apprezzato da fedeli di altre religioni e persino dai non credenti, per le sue istanze di mediazione con l’altro. Tanti tasselli, quindi, per un cammino di riconciliazione e fratellanza che non si è mai fermato.

«In questo mese non mancherà certamente la preghiera per tutti coloro che sono ammalati, soli o provati dalle sofferenze che la pandemia ci sta facendo sperimentare. La preghiera e il digiuno sia lo spazio bello dove rifiorisce la solidarietà e la fraternità per ritrovarci sempre più uniti come fratelli allontanando ogni tentazione di divisione

L’arcivescovo metropolita conclude con queste parole la sua lettera, un messaggio di vicinanza a tutti coloro che soffrono le diverse privazioni che le attuali circostanze impongono.

Invita quindi ad una riflessione profonda, con il proprio io. Un’interiorizzazione che porti ad una presa di coscienza e ci riporti fuori da noi stessi, al contatto spirituale con l’altro. Quale miglior viatico nell’attesa di poter godere di un sorriso e di poter rigustare un caloroso abbraccio oltre le restrizioni pandemiche.

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