RIFLESSIONI SOTTO L’OMBRELLONE MENTRE IN SICICILIA AUMENTANO I “POSITIVI”, SOPRATTUTTO FRA I NON VACCINATI
Come richiede il “codice” del bon ton ai tempi dei social che – di fatto – si sta scrivendo (e tutti noi che frequentiamo e animiamo questa piazza virtuale ne siamo a vario titolo co-autori…), “rubo” questa citazione dalla bacheca di non-so-bene-chi l’abbia postata per prima. Non trascrivo testualmente ma ne riporto il senso: ma per quale motivo non facciamo storie (scriverebbe il Maestro Camilleri obbediremmo “senza dire né ai né bai”) quando un addetto alle vendite di un qualsiasi negozio di telefonia ci chiede il nostro documento d’identità personale (ma è un agente di pubblica sicurezza?), glielo consegniamo perché se ne faccia una copia, ne inserisca i dati nel sistema informatico generale (ci vuole schedare?), e ci ricompensi poi con un rettangolino di pochi centimetri quadrati di plastica che ci connette col mondo intero (così da poter scambiare dati, anche sensibilissimi e sensibilissimi) ? Perché mai al momento di acquistare on line forniamo al ”signor web” ogni nostro dato che ci venga richiesto senza storcere il muso? Perché al momento di acquistare un viaggio sui principali siti senza alcun tentennamento inseriamo ogni sorta di informazione che vettore aereo e gestore della piattaforma ritengono utile? Perché mai dobbiamo, invece, vivere come un’inaccettabile limitazione della nostra sacrosanta libertà personale la richiesta di accompagnare, per accedere a quei luoghi nei quali è previsto (direi dal buon senso, prima ancora che da specifiche normative) al green pass e il nostro documento d’identità?
Sarò superficialone, sarò impreparato, avrò la vista corta ma – sinceramente – mi riesce sempre più difficile riuscire a comprendere (giustificare no, per nulla) chi in nome della legittima difesa della propria libertà sceglie di comprimere quella mia. Che, immagino, dal suo punto di vista non abbia lo stesso valore e “peso” della sua…
Così da questa vicenda legata al green pass voglio prendere le mosse per allargare un po’ il raggio di azione e passare alla pervicace ostinazione di chi rifiuta la vaccinazione. E vorrei farlo indicando una possibile via di uscita. Premetto, a questo punto, che quella che segue è solamente una mia idea (balzana?) e che come tale non riflette la posizione del giornale che ospita questo mio intervento. Premetto altresì che non voglio – non ne avrei competenze tecniche e capacità di analisi – entrare nel merito scientifico del vaccino sì–vaccino no. Avanzo una proposta (più che altro è una provocazione, come scoprirete più avanti) per indirizzare il dibattito su altri binari.
Ci provo.
In Italia abbiamo qualcosa di meraviglioso e straordinario che è il sistema di welfare (almeno concettualmente, nell’applicazione concreta, purtroppo, abbiamo punte di eccellenza che si alternano ad altre di assoluta desolazione e la media non riesce sempre ad essere esaltante…) che ci consente di accedere alle cure ospedaliere sostanzialmente senza aggravi di costi. Nel senso che il sistema pubblico alimentato da ciò che ogni cittadino (oddio, ogni cittadino è magari pretenzioso…) conferisce periodicamente in varie forme – trattenute in busta paga e pensioni, soprattutto – consente a ciascuno di ricevere le cure del caso. Abbiamo sotto gli occhi tutti cosa voglia dire in termini di energie e risorse – umane, professionali ma anche economiche – la lotta alla pandemia.
Ed ecco il punto. Ferma restando la libera autodeterminazione di ciascuno per cui se non ritenga utile vaccinarsi contro col covid 19 può non farlo, va sottolineato l’altrettanto importante elemento rappresentato dal fatto che il virus cammina (anzi, nella sua variante “delta” corre molto più velocemente di Jacobs & compagni…) e si diffonde. Dunque la libertà di non vaccinarsi inficia considerevolmente la mia libertà (anche di vaccinato) in quanto allontana nel tempo quel momento in cui la pandemia cesserà di essere tale e diventerà malattia endemica (e come tale gestibile con sempre minori affanni). E più tempo passerà e maggiore sarà il conto da pagare in termini di denaro e, soprattutto, di vite umane perse.
Per cui, senza obbligare alcuno a sottomettersi all’incredibile “dittatura sanitaria” alla quale decine e decine di milioni in Italia e miliardi in tutto il pianeta si sono docilmente “sottomesse” cedendo alle conclusioni del mondo scientifico più accreditato, ecco la mia proposta a dimensione d’Italia. Ognuno che rifiuti la vaccinazione manifesti in maniera formale questa sua inscalfibile volontà/libertà; lo Stato quantifichi la somma pro-capite destinata alla vaccinazione rifiutata (in media circa 20/30 euro per dose per la maggior parte dei vaccini, ad eccezione di Astra Zeneca che si aggira nell’ordine di pochi euro a dose) che diventerà credito d’imposta (o tax credit che ormai fa tanto chic) da utilizzare nella dichiarazione dei redditi del prossimo anno. Però, nel malaugurato caso in cui si contraesse il coronavirus, gli obiettori del vaccino non avrebbero accesso alle cure ospedaliere (se le vorranno) a spese del sistema sanitario nazionale ma dovrebbero sopportare i relativi costi di cura e degenza di tasca propria. Pagamento a vista a emissione della fattura. E vale la pena evidenziare che un recente studio ha stimato che il costo giornaliero di degenza all’interno di un’area a bassa intensità di cura supera di 400 euro che diventano quasi 1.300 euro in un’area ad alta intensità di cura.
Si dirà che la libertà, anche quella di dire no alla vaccinazione, non ha prezzo. Ma due conti, probabilmente, con un sistema simile varrebbe forse la pena di farli.
(*) Ex Post (nel senso che volevo scrivere un post ma è venuto troppo lungo…).