Venerdì 5 novembre, al termine della celebrazione eucaristica di ringrazimento per il suo primo anno di episcopato e di apertura del cammino sinodale diocesano voluto da papa Francesco, l’arcivescovo di Siracusa Francesco Lomanto ha consegnato  ai fedeli la sua prima lettera pastorale.

Ha introdotto al particolare momento il vicario generale  Sebastiano Amenta:

“,,,L’anno che abbiamo vissuto è stato ancora caratterizzato dalle severe restrizioni sanitarie imposte dalla pandemia che si sono tradotte, in modo emblematico, nel distanziamento sociale. Non è stato possibile celebrare assemblee diocesane così come sono stati sospesi i lavori dei vari organismi di corresponsabilità. Il distanziamento subìto, però, è stato colmato dall’incontro, prudente e fruttuoso, del Pastore con le singole comunità ecclesiali…

In questo tempo difficile, con il suo ingresso il Pastore grande delle pecore ci ha consegnato un primissimo orientamento pastorale attraverso i tre impegni della preghiera, dell’annuncio e della comunione. Papa Francesco, rivolgendosi ai vescovi, ha infatti ricordato che proprio queste sono le tre note caratteristiche del vescovo: essere uomo di preghiera, uomo dell’annuncio e uomo della comunione…”.

Di seguito il testo integrale della lettera pastorale, nel prossimo numero di Cammino uno speciale  sull’avvio del nuovo percorso ecclesiale.

Lettera pastorale

ai Presbiteri, Diaconi, Religiosi, Religiose, Seminaristi e Fedeli tutti

della Chiesa di Siracusa

Ut sint consummati in unum  – (Gv 17,23 – Perfetti nell’unità)

Carissimi,

con viva gratitudine al Signore per i Suoi doni e a tutti voi per la vostra presenza e per la vostra collaborazione, desidero indirizzarvi, allʼinizio del nuovo anno pastorale, questa mia lettera. Vorrei, per questo tramite, presentarvi lʼinvito che il Santo Padre ha rivolto alla Chiesa intera, nel convocare la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, con il quale ci esorta a percorrere un cammino sinodale mediante lʼascolto, la ricerca e lʼaccoglienza delle proposte per attivare il «ritmo della comunione e lo stile della sinodalità».[1] Tale cammino – dal titolo Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione – si è aperto solennemente il 9-10 ottobre 2021 a Roma e il 25 ottobre seguente inizierà nella nostra Arcidiocesi.

Inoltre, con questo scritto, desidero consegnarvi una traccia di riflessione con lʼintento di offrire alcune indicazioni a sostegno della cura pastorale e del cammino spirituale delle nostre comunità ecclesiali.

  1. Le trasformazioni socio-culturali e i cambiamenti nello stile ecclesiale

Il nostro sguardo sulla realtà del mondo ci pone dinanzi a profonde trasformazioni sociali, culturali e religiose che hanno segnato gli ultimi decenni e richiedono una continua e attenta opera di discernimento evangelico. Questi mutamenti – situandosi propriamente nel più vasto contesto socio-culturale e nei diversi ambienti di vita, di lavoro, di scuola – investono, a livello strutturale e culturale, la società, la famiglia, lʼuomo e la donna, nonché il modo di pensare, determinando la crisi della metafisica con la conseguente negazione della morale e di ogni valore umano, sociale, religioso e cristiano. In tal senso, si offrono visioni e proposte che compromettono, in diversa misura, la verità e la dignità della persona umana, lʼidentità e la realtà del matrimonio e della famiglia, il senso della fede e dellʼappartenenza ecclesiale.

Accanto al fenomeno delle trasformazioni socio-culturali, vanno segnalate le due grandi eresie del nostro tempo: lʼattuale gnosticismo e il nuovo pelagianesimo. Papa Francesco mette spesso in guardia da queste «due forme di sicurezza dottrinale o disciplinare» in cui «si esprime un immanentismo antropocentrico travestito da verità cattolica».[2]

Lo gnosticismo «suppone “una fede rinchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimentiˮ».[3]

Lʼaltra grande eresia del nostro tempo, che consiste in una forma peculiare di pelagianesimo, induce a seguire la strada «della giustificazione mediante le proprie forze, quella dell’adorazione della volontà umana e della propria capacità, che si traduce in un autocompiacimento egocentrico ed elitario privo del vero amore» e «si manifesta in molti atteggiamenti apparentemente diversi tra loro» e, tra questi, «l’attrazione per le dinamiche di auto-aiuto e di realizzazione autoreferenziale».[4] Il rovescio della medaglia di questo neo-pelagianesimo è che quando l’uomo intriso di questa ideologia fa personale esperienza del proprio limite, non riesce ad accettarlo, e si abbandona alla frustrazione, alla disperazione, all’alienazione.

E infine ci interpellano due fenomeni che caratterizzano il tempo presente: lʼimmigrazione e la pandemia. La drammatica crisi dellʼimmigrazione – che giunge prevalentemente dai paesi africani, dove nasce l’esodo massiccio di persone che lasciano le loro terre per la troppa miseria, fame e stenti, per sfuggire alla guerra, con la speranza di trovare una vita migliore per se stessi e per le proprie famiglie – interpella le nostre Chiese e l’intera comunità civile. Occorre, al riguardo, riaffermare la necessità di proteggere sempre il migrante, piuttosto che – come presso alcuni accade – considerarlo come portatore di male sociale, e di promuovere lʼaccoglienza, la crescita, la protezione e lʼintegrazione di questi nostri fratelli.

La crisi pandemica ha svelato le nostre fragilità e continua a causare ferite profonde con i tanti morti e i moltissimi ammalati. In questo frangente, nel quale abbiamo sperimentato la nostra creaturalità e il fatto che siamo costituiti custodi del creato e non suoi padroni, siamo stati chiamati a fare i conti con un diffuso senso di precarietà e di incertezza, per via dei problemi socio-economici, che colpiscono specialmente le persone e le famiglie più povere. La pandemia, tuttavia, ha consentito di renderci conto che ci troviamo «sulla stessa barca»[5] e che «nessuno si salva da solo»[6] e, dunque, ci spinge ad essere più uniti, nello spirito del Vangelo che assicura la presenza di Cristo in mezzo a noi, per contribuire con più forza e coraggio creativo al risanamento e alla crescita del tessuto personale e sociale.

In tal modo, siamo chiamati ad affrontare insieme diverse questioni pressanti, alla luce del Vangelo, della fede, della sensibilità ecclesiale e del Magistero sociale della Chiesa. In questo tempo di trasformazione, di proposte ingannevoli e di crisi drammatiche, «non è possibile pensare di potere offrire risposte a domande di questa portata senza accrescere la propria credibilità, senza realizzare una conversione seria, senza cambiamenti nello stile ecclesiale, senza interiorizzare una mentalità non mondana ma profondamente spirituale, senza scegliere azioni che sappiano riproporre quelle di Gesù e rendano visibile la presenza del Regno».[7]

Il cammino sinodale può, dunque, illuminarci e sostenerci in un percorso di discernimento e di conversione, per acquisire quella forza propulsiva che ci consentirà di vivere, alla presenza di Cristo e nello spirito della missione evangelizzatrice, i cambiamenti tuttora in atto.

  1. Una storia che continua dal Concilio Vaticano II e dai processi della storia locale

Dal Concilio Vaticano II ad oggi, la Chiesa universale e locale è segnata da alcuni percorsi sinodali che ci aprono verso forme nuove di corresponsabilità e stili di comunione.

È stato affermato dal Presidente della Conferenza Episcopale Italiana:

La ricchezza di questa nostra storia conferma che la sinodalità, come stile, metodo e cammino, è perfettamente coerente con un percorso che abbraccia cinque decenni, tanto più per la consapevolezza di un “cambiamento dʼepocaˮ in atto. Come nei primi Anni Settanta, quando si disegnò il metodo dei Documenti, poi Orientamenti pastorali, verificati e rilanciati nei Convegni ecclesiali, così oggi la Chiesa che è in Italia è chiamata a un discernimento che generi conversione, comunione e corresponsabilità. Disegnare forme rinnovate è la nostra responsabilità odierna. In continuità con la storia di una Chiesa di popolo che, tanto più dopo le prove degli ultimi due anni, è chiamata a una propulsione rinnovata, che guardi ai processi, punti sulle relazioni, a partire dal concreto vissuto di ciascuno, sappia entrare con calore nelle pieghe della vita delle donne e degli uomini per offrire parole e testimonianze di speranza.[8]

Anche la storia della nostra Chiesa locale è ricca di realtà, processi e tradizioni che hanno rappresentato uno stile di appartenenza e di comunione. Accanto alla tradizione sinodale, che ha espresso atti di governo episcopale ed eventi di comunione, predisponendo e promulgando norme per la configurazione della fisionomia pastorale e per la vita del clero e dei fedeli, la Chiesa siracusana è stata accompagnata e sostenuta nella sua storia da una speciale fioritura di santi e di personalità cristiane, da una forte presenza dellʼassociazionismo laicale e da una significativa incidenza della pietà popolare.

Le figure di santità, richiamandosi alla loro esperienza di comunione con Dio, hanno espresso tratti emergenti di esemplarità cristiana nella vita delle comunità ecclesiali indicando vie di spiritualità e incidendo con la loro attività apostolica e caritativa nei dinamismi della società del loro tempo. E ora che «già sono giunti alla presenza di Dio mantengono con noi legami d’amore e di comunione» e noi «siamo circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio».[9] In tal senso va interpretata l’attualità dell’esortazione di un mio venerato Predecessore: «Nella vita cristiana occorre valorizzare questo patrimonio di santità che mostra la forza del Vangelo, la fecondità della grazia e la vitalità della Chiesa».[10]

Le confraternite e le associazioni laicali, sorte spesso nelle chiese dei religiosi o in seguito ad una missione popolare, esercitarono una vera funzione di educazione alla fede e costituirono per i confrati e gli associati luoghi e occasione di formazione e pratica religiosa, alimentando la particolare coscienza di appartenenza ecclesiale dei laici associati.

La pietà popolare, espressione della tradizione spirituale accumulata sotto lʼazione dello Spirito Santo lungo il succedersi delle generazioni, ha contribuito a delineare la fisionomia della Chiesa siracusana e a caratterizzarne la peculiarità, connotandosi «come straordinaria risorsa spirituale anche per la Chiesa di oggi».[11]

A questi processi e alle tante realtà che caratterizzano la vita dellʼArcidiocesi, si aggiunge il cammino pastorale delle varie comunità ecclesiali, con i rispettivi organismi di partecipazione, delle aggregazioni laicali e dei movimenti, che nel post-concilio si sono volti verso un cattolicesimo maggiormente radicato nell’ascolto della Parola di Dio e nella partecipazione liturgica e più capace di testimonianza e di fermento evangelico nella società.

  1. La sinodalità: senso ecclesiologico e prospettiva pastorale

È stato affermato che la sinodalità «è dimensione costitutiva della Chiesa».[12] Essa, infatti, «è di per sé un tratto connotativo della realtà ecclesiale, quasi una […] proprietà distintiva della Chiesa […], una condizione costitutiva e perciò permanente della Chiesa, fraternità composita e plurale, i cui membri sono tutti, nessuno escluso, invitati e anzi tenuti a condividere la grazia di camminare assieme e, fattore ancora più importante, l’impegno di decidere l’orientamento da dare al cammino comunitario […]. Essa induce a pensare la pastoralità prima ancora che nella sua portata pratica nel suo senso ecclesiologico, evidenziando che la Chiesa tutta è “pastoraˮ, come afferma insistentemente papa Francesco».[13]

Questa Chiesa, che il Santo Padre definisce «tutta sinodale»,[14] deve confrontarsi col «contesto storico segnato da cambiamenti epocali della società e da un passaggio cruciale della vita della Chiesa».[15] Occorre, infatti, riscoprire le dimensioni che rendono esistenziale lʼidentità stessa della Chiesa come Popolo di Dio che costruisce il criterio della comunione nel suo configurarsi interno e nel suo porgersi al di fuori di sé, interpretando più efficacemente le istanze del Concilio Vaticano II e del Magistero papale attraverso la grammatica della sinodalità, ossia mediante lo stile del convenire insieme, del muoversi di concerto, del fare ciascuno la propria parte nella comunità e per la comunità. La Chiesa è, infatti, Popolo in cammino: «Il nostro “camminare insieme”, infatti, è ciò che più attua e manifesta la natura della Chiesa come Popolo di Dio pellegrino e missionario».[16] (DP 1). Anche la Commissione Teologica Internazionale si era espressa con parole simili: «La sinodalità, in questo contesto ecclesiologico, indica lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice».[17]

La sinodalità è «lo stile peculiare che caratterizza la vita e la missione della Chiesa»,[18] essa, infatti, oltre che Popolo in cammino è anche popolo radunato in Assemblea dal Suo Signore, per nutrirsi alla Sua Mensa e nutrire il mondo con la Parola di salvezza. Il cammino sinodale è, dunque, il modo più efficace per manifestare e mettere in pratica la natura della Chiesa come Popolo di Dio pellegrino e missionario.[19]

  1. Il cammino sinodale nellʼuniversale vocazione alla santità e nella singolare attenzione ai segni dei tempi

Tutta la vita del cristiano è un cammino senza fine, una continua conversione, che esige la purificazione della nostra intelligenza, della nostra volontà e del nostro cuore, il crescere uniti nellʼamore, lʼadesione piena a Dio che viene a inabitare dentro di noi, fino a poter dire con l’Apostolo: «Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). La santità, infatti, non è imitare Dio, ma consentire a Dio di vivere in noi.

In ogni epoca il volto della Chiesa dipende essenzialmente dalla santità dei suoi figli. Tale principio teologico è ben spiegato dal Catechismo della Chiesa cattolica: «Il più piccolo dei nostri atti compiuto nella carità ha ripercussioni benefiche per tutti, in forza di questa solidarietà con tutti gli uomini, vivi o morti, solidarietà che si fonda sulla comunione dei santi. Ogni peccato nuoce a questa comunione».[20] Infatti, atteso che, in forza del battesimo, siamo membra vive del Corpo di Cristo che è la Chiesa, in questo corpo «se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui» (1Cor 12,26-27). Pertanto, tutto ciò che facciamo o omettiamo di fare, le risposte che diamo o non diamo alla chiamata alla santità che il Signore a noi rivolge, la nostra corrispondenza o il rifiuto che opponiamo all’amore di Dio, tutto gioca a beneficio o a nocumento dell’intera Chiesa.

Ha scritto il Santo Padre: «La santità è il volto più bello della Chiesa».[21] Dobbiamo convincerci della necessità di ricercare la bellezza di questo volto, di darvi luce con la nostra vita irradiata dall’amore divino. Cerchiamo Dio solo, per stare alla sua presenza e per crescere in sapienza e grazia, per vivere in comunione di preghiera e in spirito di servizio, per operare nella giustizia, nella pace e nella carità. Apriamoci sempre più al dono dellʼamore di Dio che ci salva, affinché Dio sia per noi, con noi e in noi, in tutto quello che facciamo.

La nostra unione con Dio è tanto più vera, tanto più viva, quando straluce e si realizza in una comunione d’amore nei fratelli. Cristo è presente là dove cʼè uno che Egli ama e che accoglie il suo amore. Portiamo tutto il mondo davanti a Dio e nella carità – che non ritiene nulla estraneo a sé – costruiamo lʼunità, la concordia e la pace: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Perciò accogliamo, non soltanto intellettualmente, ma nella nostra vita, lʼesortazione di Paolo: «Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda» (Rm 12,10).

Il compito più grande, più urgente, lʼunico necessario è la santità: «Perché risponda a questa sua vocazione, la Chiesa deve ricordarsi di essere “sale”, “lievito”, “luce” del mondo».[22]

Questo chiedo al Signore per me e per tutti voi. Con la luce dello Spirito Santo e la grazia del Signore Gesù, camminiamo insieme nella via di Dio. È «la “mistica” di vivere insieme»,[23] che fa della nostra vita «un santo pellegrinaggio».[24] In questo nostro cammino ecclesiale non mancheranno le difficoltà, le prove, le tribolazioni e i sacrifici, che purificheranno la nostra vita disponendoci a sperimentare e a testimoniare la gioia del Vangelo e a rinvigorire il senso e lo stile della nostra cura pastorale. Nella misura in cui unʼanima è pura, il demonio non può trovarvi complicità, perché ormai è spento ogni amor proprio ed ogni sensualità. Allora il Maligno è costretto a combattere corpo a corpo con lʼuomo. Non abbiamo paura! Viviamo in grazia di Dio! Non perdiamo la speranza! Amiamo la Chiesa! Siamo sempre uniti! Siamo tutti fratelli! Preghiamo il Signore nel silenzio dellʼumiltà, operiamo correttamente e attendiamo con fiducia i frutti! Apriamoci alle ispirazioni e alle sorprese dello Spirito, accogliamo le grazie e le benedizioni del Signore! Siamo fedeli a Dio e serviamo con umiltà e con amore la Chiesa!

«Sanctificati in veritate» (Gv 17,19): consacrati nella verità, cioè separati dal mondo malvagio, alienato da Dio, siamo inondati dalla luce della Rivelazione, per continuare la missione di Cristo nel mondo e diventare anche noi messaggeri del Vangelo di salvezza.

In ambito pastorale, si promuova sempre più, per i piccoli e per i grandi, per i giovani e per gli adulti, per i gruppi e per le famiglie, nelle parrocchie e nelle associazioni, una catechesi come educazione alla fede, insistendo con l’appello alla conversione e con la proposta della vocazione alla santità come elemento costitutivo della vita della Chiesa e della missione pastorale, ma anche come sostegno alla legalità e antidoto alle scelte di vita che inducono al crimine. Tale cammino sia indirizzato verso una pastorale sinodale per stimolare nuovi stili e nuove strategie per dare forma al camminare insieme a favore di un rinnovato incontro con tutti.

Per una presenza specifica della Chiesa nella società odierna, si incrementi in particolare lʼeducazione al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile, a riscoprire la pietà popolare come riserva di valori per un nuovo umanesimo, a valorizzare la storia di santità “sociale”, a favorire lo studio critico – alla luce del Vangelo – della cultura, della storia, dellʼarte e della letteratura della nostra terra, al fine di cogliervi i germi del Verbo ed evidenziarvi vie ancora oggi percorribili per lʼannunzio evangelico e la promozione della vera dignità dell’uomo.

Il dono di sé, lʼapertura allʼaltro, la capacità di accoglienza, lʼattenzione alle periferie, la prossimità, in una parola, la misericordia, siano la nuova cifra del dialogo che la nostra Chiesa deve istaurare con il mondo di oggi.

  1. La proposta del cammino sinodale

La Presidenza della CEI, con la lettera del 7 settembre 2021 ci ha consegnato la proposta di un cammino sinodale:

L’Assemblea Generale del maggio scorso ha così avviato il cammino sinodale delle Chiese in Italia. A luglio il Consiglio Permanente, alla luce della Carta d’intenti presentata in Assemblea, ha tracciato un primo disegno di tale cammino, individuando un percorso quadriennale scandito da tre fasi correlate: narrativa, sapienziale e profetica.

La prima fase – narrativa – è costituita da un biennio in cui verrà dato spazio all’ascolto e al racconto della vita delle persone, delle comunità e dei territori. Nel primo anno (2021-22) faremo nostre le proposte della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi per la XVI Assemblea Generale Ordinaria; nel secondo anno (2022-23) la consultazione del Popolo di Dio si concentrerà su alcune priorità che saranno individuate dall’Assemblea Generale della CEI del maggio 2022.

La seconda fase – sapienziale – è rappresentata da un anno (2023-24) in cui le comunità, insieme ai loro pastori, s’impegneranno in una lettura spirituale delle narrazioni emerse nel biennio precedente, cercando di discernere “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” attraverso il senso di fede del Popolo di Dio. In questo esercizio saranno coinvolte le Commissioni Episcopali e gli Uffici pastorali della CEI, le Istituzioni teologiche e culturali.

La terza fase – profetica – culminerà, nel 2025, in un evento assembleare nazionale da definire insieme strada facendo. In questo con-venire verranno assunte alcune scelte evangeliche, che le nostre Chiese saranno chiamate a riconsegnare al popolo di Dio, incarnandole nella vita delle comunità nella seconda parte del decennio (2025-30).

Il cammino sinodale non parte da zero, ma s’innesta nelle scelte pastorali degli ultimi decenni e, in particolare, nei Convegni Ecclesiali di Verona e Firenze. Proprio qui, papa Francesco ci esortò ad «avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium». Quel discorso del Santo Padre, insieme all’Esortazione apostolica, scandiranno la traiettoria del percorso. [25]

Iniziamo ora la prima fase narrativa, che è costituita da un biennio di ascolto dei suggerimenti dello Spirito, attraverso la consultazione del Popolo di Dio nella maggiore ampiezza e nella sua capillarità, per cogliere il sensus fidei. «Il metodo sinodale dovrà favorire alcune azioni pastorali, che si potranno scandire nei tre momenti di “ascolto”, “ricerca”, “proposta” e che dovranno attuarsi in una logica di collaborazione e di condivisione», affinché «la lettura della situazione attuale e l’immaginazione del futuro possano smuovere il corpo ecclesiale e la sua presenza nella società».[26] «I momenti sono tra loro circolari e indicano un metodo che si impegna ad “ascoltare” la situazione, attraverso un’attenta verifica del presente, vuole “cercare” quali linee di impegno evangelico sono immaginabili e praticabili, intende “proporre” scelte concrete»[27] che la nostra Arcidiocesi può recepire per il suo cammino ecclesiale.

Di questa fase di ascolto sono invitati ad essere protagonisti gli organismi di partecipazione diocesani, gli uffici diocesani relativi ai diversi ambiti pastorali; le parrocchie nelle loro articolazioni (con i consigli pastorali); le comunità religiose; le aggregazioni laicali e i movimenti ecclesiali; scuole e università, «per organizzare, facilitare e dare vita al processo sinodale a livello locale, a condizione che si compia uno sforzo per raggiungere le periferie e quelle voci che sono raramente ascoltate».[28] Occorre «intercettare, dal basso, le domande di senso e i bisogni emergenti riguardo all’accompagnamento delle famiglie, ai giovani, ai poveri, alla Casa comune, ma anche all’annuncio e all’iniziazione cristiana, all’antropologia e al nuovo umanesimo, al ripensamento delle strutture e al rapporto con le istituzioni pubbliche».[29]

Saranno nominati due referenti diocesani e un’équipe di riferimento per guidare la fase di ascolto locale. Essi dovranno programmare e curare sia gli aspetti formativi, sia le conversazioni e le consultazioni, per raccogliere, infine, il materiale e sottoporlo a me che, quindi, lo passerò alla Conferenza episcopale, per consentire di mettere insieme le idee entro la scadenza fissata ad aprile 2022.

* * *

Con la gratitudine per il passato, la fiducia nel presente e la speranza nellʼavvenire, promuoviamo una rinnovata prassi sinodale capace di coinvolgere tutti e ciascuno.

Entriamo in un processo di «discernimento, purificazione e riforma»,[30] nella disponibilità al dono dello Spirito di Cristo, sia a livello personale sia a livello pastorale, per sviluppare uno stile e una prassi sinodali che rispettino sempre più le esigenze di comunicare la gioia del Vangelo, rispondendo ai segni dei tempi.

La Vergine Maria, nostra Madre, che ci ha svelato la sua infinita tenerezza con lʼinesauribile dono delle sue lacrime, ci assista con la sua celeste protezione, consoli i nostri cuori, ravvivi la nostra speranza, rafforzi la nostra comunione di vita e incoraggi la nostra testimonianza evangelica.

Santa Lucia nostra patrona e San Marciano proto-vescovo e tutti i Santi della nostra Chiesa siracusana ci proteggano, ci guidino e ci sostengano nel nostro cammino.

Vi benedico con affetto paterno, vi auguro ogni bene e un proficuo cammino sinodale.

Siracusa, 24 ottobre 2021 – XXX Domenica del Tempo Ordinario

Nel Signore Gesù

+ Mons. Francesco Lomanto

Arcivescovo

[1] Conferenza Episcopale Italiana, Carta d’intenti per il «Cammino sinodale»: Annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita, Proemio, in «Il Regno. Documenti» 66 (2021) 13, 428.

[2] Francesco, Esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo: Gaudete et exsultate, Città del Vaticano 2018, 35. D’ora in poi “GE”.

[3] GE, 36.

[4] GE, 57.

[5] Francesco, Meditazione (27 marzo 2020), in L’Osservatore romano 170 (2020) 72, 29 marzo, 10.

[6] Ib.

[7] Conferenza Episcopale Italiana LXXIV Assemblea Generale (Roma, 24-27 maggio 2021), Sintesi del lavoro dei gruppi di studio, 2.

[8] Conferenza Episcopale Italiana LXXIV Assemblea Generale (Roma, 24-27 maggio 2021), Introduzione, 4.

L’espressione “cambiamento d’epoca” è del Santo Padre, il quale ha affermato: «Quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento di epoca» (Francesco, Discorso: Alla Curia Romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi [21 dicembre 2019], in www.vatican.va).

[9] GE, 4.

[10] G. Costanzo, Alla radice dellʼAmore, Roma 2021, 82-83.

[11] Sono parole del Card. Stanislaw Ryłko, raccolte dal giornalista A. Gisotti, La fede dei semplici risorsa della Chiesa, in www.osservatoreromano.va.

[12] Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa (2 marzo 2018), 1, in www.vatican.va.

[13] M. Naro, Appunti sparsi per una teologia della sinodalità nel solco del magistero di papa Francesco, in «Quaderni Biblioteca Balestrieri» 18/2 (2019) 29, 35.

[14] Francesco, Discorso per la commemorazione del 50° dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi (17 ottobre 2015), in L’Osservatore Romano 155 (2015), 18 ottobre, 5.

[15] Sinodo dei Vescovi, XVI Assemblea Generale Ordinaria, Documento preparatorio (7 settembre 2021), 4, in press.vatican.va. D’ora in poi “DP”.

[16] DP, 1.

[17] Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità, cit., 6.

[18] Ib., 7.

[19] DP, 1.

[20] Catechismo della Chiesa cattolica, Città del Vaticano 19972, 953.

[21] GE, 9.

[22] S. Pappalardo, Lettera a conclusione della Visita pastorale: Partecipi della grazia che mi è stata concessa, Siracusa 2016, 13.

[23] Francesco, Esortazione apostolica: Evangelii Gaudium, 87, in AAS, CV (2013), 1019-1137. D’ora in poi, “EG”.

[24] Ib.

[25] Conferenza Episcopale Italiana – Presidenza, Il cammino sinodale (7 settembre 2021), in www.chiesacattolica.it.

[26] Conferenza Episcopale Italiana, Carta d’intenti, cit., 1-2.

[27] Ib., 2.

[28] Sinodo dei Vescovi – Segreteria generale, Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione. Vademecum per il Sinodo sulla sinodalità, Città del Vaticano 2021, 3.1

[29] Conferenza Episcopale Italiana – Consiglio Permanente, Comunicato finale (9 luglio 2021), in www.chiesacattolica.it.

[30] EG, 30.

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