Prima di immetterci nella atmosfera del film scelto per iniziare la carrellata del 2022, un doveroso omaggio a due personaggi che nel giro di 24 ore ci hanno dato l’addio: Peter Bogdanovich, uno dei maestri della New Hollywood, che ci ha regalato tre capolavori come Ma papà ti manda sola, Paper moon e L’ultimo spettacolo; e Sidney Poitier, primo attore afroamericano a vincere l’oscar con I gigli del campo nel 1963, ma è il 1967 che lo consacra definitivamente con Indovina chi viene a cena? e La calda notte dell’ispettore Tibbs.

Film della settimana: Gli Spietati 1992 di Clint Eastwood.

È  sono trenta . Potevamo iniziare meglio il 2022? Come see non con questa pellicola che nei mesi a venire sarà celebrata e osannata da tutte le testate e gli addetti ai lavori cinematografari con tavole rotonde e fiumi d’inchiostro; noi di Cammino,  attenti a date e ricorrenze, non vogliamo mancare a questo importante traguardo, partendo da quella celebre frase di Sergio Leone:” Clint ha due espressioni, col sigaro e senza “. Caro Sergio anche i grandi sono esseri umani e a volte possono sbagliare. A metà anni 70,tra le mani di Eastwood capita una sceneggiatura di David B. Peoples, lo sceneggiatore tra gli altri di Blade runner, The unforgiven, in italiano Gli imperdonabili. Clint, bruciando sul tempo un altro mostro sacro, F. F. Coppola, anche lui rapito dalla bellezza e dalla profondità del copione, ne acquista i diritti e lo conserva gelosamente nel cassetto, per tirarlo fuori 15 anni più tardi, quando ha l’età giusta per interpretare il personaggio di William Munny. L’anno giusto è il 1991, data inizio riprese e Clint ha da poco superato le 60 primavere, età perfetta per il ruolo. Sotto la triplice veste di attore, regista e produttore, assolda un cast stellare formato da Gene Hackman, Morgan Freeman e l’uomo chiamato cavallo, per i più giovani il dottor Silente di Harry Potter, Richard Harris. Questo è l’ultimo dei quattro western diretti e interpretati da Eastwood, che dedica la pellicola a Sergio e Don, al secolo Leone e Siegel, i suoi due maestri, ma discostandosi da loro, per continuare la sua personale visione del mondo, cosa che continua a fare anche oggi al di fuori del genere. Unforgiven dunque, bellissimo titolo, perché in questo film imperdonabili lo sono tutti, a cominciare da William Munny, ex Killer e ex alcolizzato, che grazie alla defunta moglie è riuscito a “guarire”, ma a volte il passato ritorna e sotto forma del giovane  Schofield Kidd si ripresenta, e coinvolge Munny e il suo amico di una volta Ned-Freeman per incassare una taglia su due mandriani, rei in una notte da bagordi di aver sfregiato una prostituta. Munny, controvoglia accetta, perché quel denaro gli serve per crescere i due figli rimasti orfani di madre. Ma a Big Wiskey nel Wiomyng ad attenderlo c’è lo sceriffo Daggett-Ackmann, duro e intransigente, e non accetta nella sua città la giustizia fai da te. Mentre altri Killer professionisti attirati dal profumo della taglia messa dalle compagne della vittima cominciano a presentarsi, tra cui il famoso Bob l’inglese -Harris. Nel West, ci dice Clint, non è più tempo d’eroi, ci si spara alle spalle, a sangue freddo, i pistoleri per uccidere devono imbottirsi di alcool e lo fanno non per nobili motivi, ma per bassi istinti e senza morale. Tutto questo stride con le amare parole di Munny che mette in guardia il giovane Kidd sulla strada che si appresta a intraprendere, “uccidere un uomo è una cosa seria, gli togli tutto quello che ha“, soltanto questa frase vale l’intero film, dove l’unica cosa che rimane del western classico sono il senso del paesaggio e gli splendidi scenari naturali fotografati in maniera ineccepibile da Bruce Surtees. Ma man mano che ci avviamo al grandioso finale, sarà il nero della notte ad avvolgere tutto, sotto una pioggia fitta e battente che travolge anche il mito americano e dove l’allievo supera i suoi due maestri, rivolgendo il suo sguardo a Mann, Peckinpah e a Ford, omaggiando quest’ultimo in due scene. Gigantesco Gene Ackmann, Freeman pard perfetto e Harris in venti minuti lascia il segno, e l’Academy, finalmente, era ora, aprì gli occhi, e nella notte degli Oscar fu’trionfo con quattro statuette: Film ,regia, Ackmann e Peoples per la sceneggiatura. Negli anni a seguire; quasi a scusarsi, ma più diciamo noi per meriti, Clint tornerà molte volte sul palco dei premiati. A proposito potete trovarlo ancora adesso al cinema con Cry Macho a 91 anni. Come ripeteva sempre Lina Wertmuller nelle sue interviste, il cinema è la  vera arte del novecento, e io aggiungo, guardatevi la filmografia di Clint per uno sguardo lucido e attendibile sulla storia contemporanea. Dal 2004 Unforgiven è conservato nella biblioteca del Congresso. Buona visione.

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