Sfida a 10 per la Capitale italiana della cultura 2024

Un’occhiata a progetti e proposte delle altre sfidanti. 


L’adagio recita che chi ben comincia è a metà dell’opera. Guai però ad adagiarsi sugli allori anche perché, come sanno bene gli appassionati di calcio, le partite si possono perdere (ma anche vincere…) al fischio di chiusura. A queste elementari valutazioni – perle di ovvietà degne del miglior Catalano di arboriana memoria (“Quelli della notte” non smette, anche dopo oltre trent’anni, di essere per me un solido punto di riferimento) – ho legato la notizia dell’avvenuto inserimento di Siracusa nella lista delle dieci città e comprensori finalisti tra i quali, tra poco meno di due mesi, verrà individuata la Capitale italiana della cultura 2024.

E’ da considerarsi un risultato scontato l’aver superato lo sbarramento della prima valutazione che ha più che dimezzato il numero delle candidate al titolo? Non direi proprio, anche se sin dalla scorsa estate, al momento cioè della proposizione della candidatura di Siracusa, scorrendo la lista delle candidature, qualcuno aveva azzardato un agevole successo della candidatura forti di un patrimonio archeologico, ambientale, paesaggistico, architettonico e storico che ha davvero ben pochi eguali. Una vera e propria stratificazione millenaria, “leggibile” ancora oggi su più piani, che fanno di Siracusa se non un unicum qualcosa di molto simile. Guai, però, a fare professione di autoreferenzialitá, guai a lasciarsi tentare da analisi superficiali o comunque accomodanti. Altra cosa, invece, è fare professione di ottimismo.

Inoltre c’è da considerare che la valutazione da parte della commissione che attribuirà il titolo verrà fatta non solo su quello che è stato messo nero su bianco nel voluminoso dossier di candidatura di Siracusa città d’acqua e di luce che è stato presentato (da questo punto di vista il “cantiere” a suo tempo messo su anche con una serie di audizioni di diversi attori della scena cittadina ha rappresentato un importante momento di analisi e verifica delle idee da proporre) ma anche sulla scorta di quanta emozione e di quali suggestioni la Città sarà capace di imprimere alla propria proposta, a come sarà declinato questo racconto che si snoderà attraverso 15 interventi di recupero previsti per l’apertura di sei siti archeologici; 12 mostre di livello internazionale; 24 festival; 12 premi e 10 progetti multidisciplinari per le scuole. Una molteplicità di interventi che scandiranno – oggi solo sulla carta, si spera tra due anni anche nella quotidianità – l’intero 2024.

Ma dato che, volendo rimanere nel festival dell’ovvio, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare (o per gli appassionati di calcio meglio il trapattoniano non dire gatto se non ce l’hai nel sacco), appare decisamente utile andare a dare un’occhiata ai dossier delle altre nove realtà finaliste. Non fosse altro per non concentrarci sul nostro ombelico e per allontanare la tentazione di immaginare che tutto ruoti attorno alla forza della candidatura di Siracusa. Naturalmente tutto ciò nella consapevolezza che a giocare un ruolo (quanto decisivo non saprei dire) saranno anche altre valutazioni, a cominciare da quelle… geografiche che potrebbero penalizzare una candidatura in nome di un’eventuale e ipotetica esigenza di alternanza tra realtà del centro-nord e del centro-sud, tra aree vaste e centri di provincia, tra comprensori di montagna e di mare. Per non dire di quelle candidature che potrebbero apparire fiaccate da una valutazione legata al fatto che si tratti di territori che si trovano in regioni già “premiate”, magari di recente, con lo stesso titolo. È chiaro che se queste valutazioni avranno realmente diritto di cittadinanza il lotto delle effettive pretendenti al titolo di Capitale Italiana della Cultura 2024 si dimezzerebbe ulteriormente (ma Siracusa resisterebbe…).

Ma queste sono soltanto congetture, ipotesi. La realtà, ad oggi, è fissata in quei dieci dossier giunti all’esame della Commissione.

Ascoli Piceno, ha scelto come slogan “La cultura muove le montagne” per dare corpo a quella specificità che la vede in grado di coniugare arte, bellezza, scienza, territorio e sostenibilità con l’area montana adiacente. Cinque i temi portanti delle 61 iniziative in programma che coinvolgeranno tutti i 32 comuni della provincia. Restando nelle Marche (mai sin qui una realtà di questa regione ha ottenuto il riconoscimento di capitale italiana della cultura) in lizza c’è pure Pesaro-Urbino: anche in questo caso tutti i comuni del comprensorio (sono 50) fanno fronte comune insieme con enti e istituzioni, associazioni e professionisti della cultura. Il modello operativo é quello già sperimentato quattro anni fa in occasione delle celebrazioni per il 150mo anniversario della morte del compositore Gioacchino Rossini. Per Pesaro (che può anche fare leva sulla buona visibilità che ha nel sistema nazionale dei media il suo primo cittadino Matteo Ricci) e Urbino questa candidatura ha anche il valore di una sorta di primo tagliando in vista della corsa più impegnativa a Capitale Europea della Cultura, titolo che tornerà in Italia nel 2033 dopo Matera 2019.

Due anche le finaliste del Veneto. Da una parte Chioggia, che ha sviluppato il proprio dossier partendo dal basso, da un’idea di un comitato promotore formato da un gruppo di cittadini. L’idea di fondo della proposta lanciata da quella che è conosciuta come “la piccola Venezia“, è di metter in mostra quelle specificità che deriva dal fatto di trovarsi in un’area geografica racchiusa tra il Mar Adriatico e la Laguna di Venezia. Un territorio e un mare nel quale sono evidenti i segni della stratificazione storica. L’altra finalista veneta è Vicenza, un territorio dove tutto parla del genio architettonico di Andrea Palladio, che ha scelto come slogan la cultura è una bella invenzione”. Un claim nato dallo studio dei Quattro Libri dell’Architettura nei quali l’architetto vicentino attribuiva alla parola “invenzione” il significato di creazione frutto dell’ingegno con un rimando a quel processo creativo che avviene sia nell’arte sia nell’impresa, un po’ i due volti dell’identità vicentina.

“Naturalmente culturale” è invece la parola d’ordine sulla quale scommette Grosseto. La proposta formulata punta a valorizzare e promuovere un patrimonio culturale ancora poco conosciuto, facendo anche leva sulla specificità di un territorio che nei comparti agricolo e alimentare buone frecce da scoccare. Altra candidatura made in Toscana è quella di Viareggio, che si gioca le sue carte migliori intrecciando eccellenze ambientali e culturali legate queste ultime al mondo della letteratura, del cinema e della pittura. Tutto ciò passando – come testimonia lo slogan “fantasia e leggerezza” – per grandi eventi come il Carnevale e il Festival Puccini.

Continuando a risalire lo Stivale ecco la sfida lanciata da Sestri Levante con il Tigullio: il dossier di candidatura presentato è una sorta di vera e propria mappatura di tutte le specificità di un territorio da cui scaturiscono, per gli abitanti e per i loro ospiti, molteplici percorsi di conoscenza e di esperienza della bellezza e della varietà del Tigullio e Golfo Paradiso.

Il viaggio attraverso le dieci sfidanti approda, infine, al Sud. Tappa in Campania – la regione che in questo 2022 detiene il titolo di capitale italiana della cultura con l’isola di Procida – dove si cimenta l’Unione dei Comuni Paestum, Alto Cilento con un progetto che coinvolge undici centri e che intende affermare un concetto di cultura capace di valorizzare un patrimonio che si declina attraverso eccellenze enogastronomiche, antiche abilità artigianali, un patrimonio archeologico di rilievo e località di grandissimo pregio ambientale.  Infine, ecco la Puglia con Mesagne, che ha fatto una scelta di forte impegno civico scommettendo sulla promozione della cultura della legalità. Un progetto, che vede in campo anche l’Accademia di Belle Arti di Lecce, legato alla rinascita civica oltre che all’arte e alla creatività.

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