Intervista al prof. Antonino Cannata

Nato nel 2017 da un’idea del prof. Antonino Cannata per l’avvio di un progetto pluriennale di censimento delle evidenze archeologiche dedicato al sito archeologico di Cugno Case Vecchie (Noto), il centro studi Aditus in rupe vede la collaborazione di archeologi e professionisti operanti nel settore dei beni culturali.

In pochi anni Aditus in rupe ha esteso la sua attività di ricerca, mantenendo, tuttavia, al centro della propria attenzione lo specifico contesto territoriale rappresentato dall’altopiano ibleo che, per la sua posizione intermedia tra la costa ionica e quella meridionale della Sicilia sud-orientale, ha da sempre rivestito una significativa importanza nella storia dell’isola. Le numerose attività legate alla valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale dell’agro netino, scaturite a seguito di sistematiche campagne di studi e ricognizioni del territorio, hanno restituito dignità e lustro ad aree marginali, delle quali si ignoravano le potenzialità in termini non solo culturali, ma anche di sviluppo sociale ed economico.

La scoperta e lo studio di una camera sepolcrale con incisioni, il cosiddetto Ipogeo ebraico di Cugno Case Vecchie, ha suscitato parecchie reazioni sia tra gli addetti ai lavori che tra gli appassionati del territorio, i quali oggi considerano il monumento una tappa fondamentale e un simbolo iconico delle escursioni iblee. Diversi surveys archeologici, condotti dal team di ricerca del centro studi all’interno della valle Cavadonna (Siracusa), hanno consentito di identificare due necropoli databili al Bronzo Antico, fino a quel momento ignote alla letteratura scientifica. I risultati preliminari delle ricerche condotte nel giugno del 2019 presso l’altopiano di Cugno Martino (Noto, Siracusa), hanno permesso di riconoscere fasi di frequentazione del sito che sembrano estendersi dall’età tardo imperiale fino almeno all’alto Medioevo, con una presenza di gruppi umani le cui caratteristiche e il cui rapporto con il territorio si mostrano ben più complesse di quanto sia possibile desumere dai risultati delle ricerche pregresse.

Oltre all’analisi architettonica e tecnico-costruttiva dei cinque complessi ipogeici presenti nell’area e databili fra l’età tardo antica e l’alto Medioevo, vanno aggiunte alcune suggestive osservazioni, legate all’identificazione e alla proposta di lettura di alcune iscrizioni e incisioni funerarie ivi rinvenute. Tra queste spicca la scoperta e il conseguente studio del cosiddetto Ipogeo di Calpurnio, un ambiente rupestre che conserva al suo interno i resti di iscrizioni relative agli individui sepolti al suo interno.

Quali indagini l’Associazione ha condotto nei contesti urbani? ”Oltre a queste indagini, il team di Aditus in rupe –afferma il Prof. Cannata – opera anche in contesti urbani. A tal proposito, è stato condotto uno studio riguardante il materiale ceramico recuperato durante le operazioni di svuotamento della cosiddetta cripta della chiesa delle Anime del Purgatorio di Canicattini Bagni. Tale lavoro è stato pubblicato nel 2020 all’interno della prestigiosa rivista di settore Sibrium. Dopo un’attenta disamina della documentazione d’archivio esistente, a cui ha fatto seguito un’analisi architettonica del complesso monumentale, la ricerca si è concentrata sullo studio del materiale ceramico, privilegiando l’analisi di quei manufatti che si configurano come indicatori principali di un arco cronologico che sostanzialmente copre tre secoli, dal XVIII al XX. Tra il materiale recuperato, il gruppo di lucerne è uno dei più consistenti e quello che senza dubbio va associato al momento di frequentazione della cripta. L’utilizzo di lucerne in terracotta, sia in ambito domestico sia in contesti religiosi, è attestato in tutto il Mediterraneo, in quanto rappresentano uno strumento di illuminazione dai bassi costi e dall’alta praticità. In ambienti ipogei e di piccole dimensioni come le cripte, le lucerne venivano ampiamente utilizzate e poste su superfici d’appoggio o in apposite nicchie”.

In particolare, quali esemplari sono stati rinvenuti? “Qui si sono trovati  – continua lo studioso -alcuni esemplari acromi, altri smaltati, a vasca aperta, a forma di cuore e con piede ad anello che ricordano manufatti rinvenuti in contesti pisani datati tra XVII e XVIII secolo. Le lucerne   a vasca aperta hanno un periodo di diffusione che inizia verso il XII secolo e giunge fino a età postmedievale. La loro origine, in particolare, fa riferimento a un modello attestato per la prima volta in età normanna; per tale ragione è ritenuta un tipico indicatore del XII secolo. Considerato che il tipo e le sue varianti morfologiche avranno lunga vita, il riferimento cronologico al XVIII secolo potrebbe essere verosimile. Il contesto ha inoltre restituito quella che sembra un modello di lucerna a serbatoio chiuso e becco canale, invetriata e decorata in verde e bruno, una forma tipica di matrice islamica che generalmente viene datata all’XI secolo. All’interno del folto raggruppamento della ceramica, si distingue un interessante gruppetto di pipe in terracotta prodotte a stampo e rifinite a mano, probabilmente appartenenti ai cadaveri sepolti all’interno della cripta. Esse si datano tra la fine del XVIII secolo gli inizi del XX secolo”.

Quali altri oggetti interessanti sono venuti alla luce? “Per quanto riguarda la ceramica smaltata, continua il Prof. Cannata, sono attestati esemplari simili a quelli rinvenuti in contesti calabresi, nonché in Sicilia sud orientale. Si tratta soprattutto di maioliche monocrome o policrome e in smalto berrettino, generalmente d’impasto grossolano, rinvenute purtroppo in stato frammentario. È il caso di alcuni frammenti pertinenti probabilmente a scodelle che presentano motivo decorativo a fascia nera sovrapposta a linee a sviluppo orizzontale dal colore giallo, blu e verde. Contestualmente vi sono piatti di uso corrente, molti dei quali presentano motivi decorativi associabili a forme attestate in centro e sud Italia. Non mancano inoltre forme e decori in policromia ampiamente diffusi per tutto il XIX secolo: bacili a tesa breve con decoro a festoni, piatti, scodelle e scodelloni con tesa ricurva decorata a sequenza di archetti, a linee ondulate o serpentiformi, a fasce blu, verde e arancio, spesso sovrapposti da una sequenza di punti in verde o nero. Inoltre, sono presenti anche alcuni piatti da cucina decorati con linea di contorno in manganese che corre in prossimità dell’orlo. Tali manufatti coprono un arco cronologico che va dalla fine del XVIII agli inizi del XX secolo. Alcuni resti di piastrelle maiolicate, pertinenti a un precedente impianto di pavimentazione della chiesa, presentano un tipo di decorazione caratterizzato dall’alternanza di motivi geometrici in blu e nero, realizzati in serie mediante la tecnica “a mascherina”. In seguito a un attento esame autoptico, è stato possibile stabilire che le piastrelle sono state prodotte a Santo Stefano di Camastra, in provincia di Messina, in quanto il retro di alcune di esse reca il marchio di una delle famiglie più celebri del borgo messinese, quella degli Armao. In particolare, si tratta dell’officina di uno dei discendenti di Gaetano Armao, ovvero Francesco Giovanni, attiva tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo. Sebbene il territorio limitrofo a Canicattini Bagni sia noto per la ricchezza delle testimonianze archeologiche, non esistono rilevanti attestazioni, nonché studi di ampio respiro riguardanti la stratificazione archeologica che potrebbe interessare il moderno centro abitato. Le dinamiche insediative che nel corso del tempo hanno riguardato le campagne, infatti, potrebbero aver caratterizzato anche le zone dove oggi sorge il borgo, profondamente modificate dall’attività di urbanizzazione”.

Quali sono gli obiettivi che lo studio si propone? “Tra i diversi obiettivi e spunti che si è posto, tale studio intende rappresentare un punto di partenza per l’avvio di ricerche multidisciplinari mirate a identificare segnali di preesistenze nell’odierno tessuto urbano. Lo studio e l’analisi tecnica della chiesa delle Anime del Purgatorio e del suo sottosuolo si inseriscono proprio in questo ambito di ricerca. L’individuazione di altri ambienti sepolcrali è suffragata non solo dal dato archivistico, ma anche dalle indicazioni scaturite in seguito alla campagna di prospezioni geofisiche che hanno interessato il sagrato della chiesa. Il georadar ha evidenziato infatti la presenza di altre strutture, attualmente non raggiungibili, collocate al di sotto di essa. Secondo alcune testimonianze locali, risalenti agli anni in cui la cosiddetta cripta era ancora accessibile, oltre alla camera riportata alla luce oggi, vi erano altri vani sotterranei in corrispondenza dell’attuale sagrestia della chiesa, che potrebbero rivelare la presenza di altri ambienti sepolcrali antecedenti o contemporanei alla costruzione dell’attuale edificio religioso. Per quanto concerne la cripta, probabilmente sfrutta un ambiente rupestre già esistente la cui funzione originaria rimane incerta. L’analisi autoptica effettuata su alcuni manufatti consente l’inquadramento cronologico e la determinazione d’origine di alcuni cocci che fino a poco tempo fa erano considerati solamente come un butto dal quale non poter estrapolare alcuna informazione. Analisi che ci consente di proiettare uno sguardo, seppur fugace, sulla cultura materiale d’età postmedievale del borgo di Canicattini e di confrontarla con le poche informazioni ricavabili dalle fonti documentarie. La sequenza diacronica offerta dal materiale ceramico, inoltre, si allinea certamente al periodo di edificazione del complesso religioso. La cospicua presenza di tali materiali testimonia certamente la vivacità di contatti commerciali con i principali centri produttori di ceramica nel meridione del periodo (Santo Stefano di Camastra, Caltagirone, Vietri). Lo studio di un contesto simile rappresenta in Sicilia un unicum. Sono quasi del tutto assenti, infatti, i dati e i dovuti approfondimenti relativi a questa fase cronologica, così come mancano sistematici scavi archeologici, in quanto si tratta spesso di scavi d’emergenza nel corso di interventi di restauro. Il nuovo interesse verso le problematiche e i contesti ascrivibili ad età moderna richiede, soprattutto per quanto riguarda la Sicilia, una particolare attenzione nei confronti di contesti simili a quello indagato”.

 

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