Di seguito pubblichiamo il testo integrale della lettera alla Costituzione scritta nel giugno 2021 dal cardinale di Bologna Matteo Zuppi.

Recentemente  e in particolare per la festa della Repubblica del 2 giugno, il presidente della Cei ha presentato una rilettura della stessa.

Di seguito la riproponiamo integralmente nella sua stesura originaria come utile strumento per riflettere sulla prossime elezioni.

Cara Costituzione,

Sento proprio il bisogno di scriverti una lettera, anzitutto per

ringraziarti di quello che rappresenti da tanto tempo per tutti noi. Hai quasi

75 anni, ma li porti benissimo! Ti voglio chiedere aiuto, perché siamo in un

momento difficile e quando l’Italia, la nostra patria, ha problemi, sento che

abbiamo bisogno di te per ricordare da dove veniamo e per scegliere da che

parte andare. E poi che cosa ci serve litigare quando si deve costruire?

Come cristiano la luce della mia vita è Dio, che si è manifestato in Gesù.

E’ una luce bellissima perché luce di un amore, esigente e umanissimo, che

mi aiuta a vedere la storia dove Dio, che è amore, si manifesta. Mi insegna ad

amare ogni persona, perché ognuno è importante. Mi chiede di farlo senza

interessi perché l’unico interesse dell’amore è l’amore stesso, quindi

gratuitamente, senza convenienze personali, in maniera universale. Fratelli

tutti! E questo, in un mondo che si è fatto piccolo e con tanti cuori troppo

ristretti perché pieni di paura e soli. Penso ci sia bisogno di questa luce, anche

nelle Istituzioni, perché dona speranza, rende largo e umano il cuore, insegna

a guardare al bene di tutti perché così ciascuno trova anche il suo.

Stiamo vivendo un periodo difficile. Dopo tanti mesi siamo ancora nella

tempesta del COVID. Qualcuno non ne può più. Molti non ci sono più.

All’inizio tanti pensavano non fosse niente, altri erano sicuri che si risolvesse

subito tanto da continuare come se il virus non esistesse, altri credevano che

dopo un breve sforzo sarebbe finito, senza perseveranza e impegno costante.

Quanta sofferenza, visibile e quanta nascosta nel profondo dell’animo delle

persone! Quanti non abbiamo potuto salutare nel loro ultimo viaggio! Che

ferita non averlo potuto fare! Sai, molti di quelli che ci hanno lasciato sono

proprio quelli che hanno votato per i tuoi padri. Anche per loro ti chiedo di

aiutarci. Quando penso a come ti hanno voluta, mi commuovo, perché i padri

costituenti sono stati proprio bravi! Erano diversissimi, avversari, con idee

molto distanti eppure si misero d’accordo su quello che conta e su cui tutti –

tutti – volevano costruire il nostro Paese. Vorrei che anche noi facessimo così,

a cominciare da quelli che sono dove tu sei nata. C’era tanta sofferenza: c’era

stata la guerra, la lotta contro il nazismo e il fascismo e si era combattuta una

vera e propria guerra fratricida. Certo. Non c’è paragone tra come era ridotta

l’Italia allora e come è oggi! Tutto era distrutto, molte erano le divisioni e le

ferite. Eppure c’era tanta speranza. Adesso ce n’è di meno, qualche volta

penso – e non sai quanto mi dispiace! – davvero poca. Non si può vivere

senza speranza! Quando sei nata c’erano tanti bambini e ragazzi, quelli che

ora sono i nostri genitori e nonni. Vorrei che ci regalassi tanta speranza e tanti

figli, tutti figli nostri anche quelli di chi viene da lontano, perché se abbiamo

figli possiamo sperare, altrimenti ci ritroviamo contenti solo nel mantenere

avidamente quello che abbiamo, e questo proprio non basta e in realtà non ci

fa nemmeno stare bene.

Cara Costituzione, tu ci ricordi che non è possibile star bene da soli

perché possiamo star bene solo assieme. Tu ci ricordi che dobbiamo imparare

che c’è un limite nell’esercizio del potere e che i diritti sono sempre collegati a

delle responsabilità collettive: non va bene che la persona – che tu ritieni così

importante, che tu difendi e di cui vuoi il riscatto da ogni umiliazione – si

pensi in maniera isolata e autosufficiente. I diritti impongono dei doveri.

Ognuno è da te chiamato a pensarsi, progettarsi e immaginarsi sempre

insieme agli altri. Tu, infatti, chiedi a tutti di mettere le proprie capacità a

servizio della fraternità, perché la società come tu la pensi non è un insieme

di isole, ma una comunità tra persone, tra le nazioni e tra i popoli.

Fondamentale l’art. 2 in cui parli dei diritti inalienabili dell’uomo, di ogni

uomo non solo dei cittadini e dei doveri inderogabili di solidarietà. Ci ricordi

(art. 4) il dovere, per ogni cittadino, di impegnarsi in attività che

contribuiscano al progresso sociale e civile. Si tratta di due dei “principi

fondamentali”, che fanno parte del volto e dell’anima della Repubblica. Per te

la libertà (e tu sapevi bene cosa significava non averla e combatti contro ogni

totalitarismo, non solo ideologico, ma anche economico, militare o giudiziale)

non è mai solo libertà da qualcosa ma per qualcosa. Nell’art. 4 affermi infatti

che “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la

propria scelta (quindi in piena libertà di risposta alla propria vocazione), una

attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della

società”, trasformando così tutte le “libertà da” – elencate soprattutto, ma non

solo, dall’art. 13 all’art. 25 – “in libertà per”. Certo, purtroppo per questo la

fratellanza è rimasta spesso indietro, perché senza essere liberi per qualcosa e

per gli altri abbiamo finito per costruire una libertà distorta, che tradisce la

vera uguaglianza. Tu ci dici che siamo uguali (art. 3), ma non è una

enunciazione vaga, perché ci dici anche che uno dei compiti primari dello

Stato è rimuovere gli ostacoli nella vita delle persone e del loro sviluppo

esistenziale e civile (artt. da 35 a 38 e poi 41 e 42). In sostanza ci dai il

fondamento di una società basata su una vera fratellanza ed eguaglianza e

non solo una fredda e impersonale imparzialità.

 

Cara Costituzione, abbiamo tanto bisogno di serietà e i tuoi padri ce lo

ricordano. Spero proprio che noi tutti – a partire dai politici – sappiamo far

tesoro di quello che impariamo dalle nostre sofferenze, cercando quanto ci

unisce e mettendo da parte gli interessi di parte, scusa il gioco di parole.

Abbiamo bisogno di vero “amore politico”!

Tu ci rammenti che non possiamo derogare dai doveri della solidarietà

(art.2) che sono intrecciati con i diritti. Questi esistono e si sviluppano

(insieme alla personalità) nei gruppi sociali intermedi tra l’individuo e lo

Stato: la famiglia, prima di tutto, ma anche le associazioni e i gruppi sociali,

religiosi, ecc. Per te l’unità prevale davvero sul conflitto (artt. 10 e 11).

La stessa salute va curata – altro che vivere come viene: siamo davvero

responsabili gli uni degli altri! (art. 32) – perché la salute non è solo un

fondamentale diritto dell’individuo, ma interesse dell’intera collettività.

Questo non vale solamente per difenderci meglio dai contagi o per gestire in

maniera più efficiente il sistema sanitario, ma perché l’attenzione alla salute

di tutti e di ciascuno è uno dei presupposti basilari di una vera cittadinanza

attiva. Insomma: star bene anche per potersi impegnare per gli altri e quindi

per tutti.

Anche per questo (art. 35) la Repubblica “cura” (che bel verbo, invece di

“tutela” o “garantisce”) non solo la formazione, ma anche “l’elevazione”

professionale dei lavoratori. Questo significa dare una visione umanizzante

del lavoro e del contributo che ci si aspetta dai lavoratori. Tu dici una cosa

bellissima: (art. 36) il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata

alla quantità e qualità del suo lavoro; e aggiungi che questa retribuzione deve

essere “in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza

libera e dignitosa”. Per te il lavoro è collegato allo sviluppo umano. Io vorrei

che dopo la crisi della pandemia si smettesse di praticare il precariato, il

caporalato e il lavoro nero, e che ci potessimo impegnare nel mettere in regola

i lavoratori, dando continuità e stabilità alla vita delle persone. Certo a

qualcuno conviene avere la possibilità di non “sistemare” i lavoratori, ma

come si fa a vivere e a progettare la vita senza sicurezze e senza sufficienti

garanzie di futuro? Come non pensare anche a tutti coloro che sono in seria

difficoltà e rischiano di perdere il lavoro in questo tempo di pandemia e in

quello del dopo pandemia, quando emergeranno anche i problemi adesso

sommersi! Ecco, per questo abbiamo bisogno di lavoro, di chi lo crea, non

specula e di garantire equità e opportunità a tutti. Non c’è dignità della vita

senza lavoro. Spero che tu ci possa aiutare a non aspettare sempre qualche

bonus e a smettere di speculare.

 

Cara Costituzione, incoraggiaci a costruire, ad essere imprenditori che

rischiano per sé e per gli altri mettendo in gioco tutta la nostra capacità e

dedizione, sapendo che si tratta del futuro delle persone. Insieme,

imprenditori e lavoratori. Tu (art. 41) garantisci la libertà dell’iniziativa

economica, ma dicendoci che tale iniziativa “non può svolgersi in contrasto

con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla

dignità umana” e aggiungi che la legge deve preoccuparsi affinché “l’attività

economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini

sociali”. Papa Francesco ce lo ha ricordato più volte parlando della proprietà

privata. Qualcuno si è spaventato, tradendo un pregiudizio oppure

manifestando di volere per sé quello che, invece, deve servire per il bene di

tutti, perché solo così si giustifica e si conserva. Tu (art. 42) stabilisci che “la

proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge che ne determina i

modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione

sociale e di renderla accessibile a tutti”.

Insomma, siamo per davvero sulla stessa barca! Facciamo ancora tanta

fatica a capirlo, ma è proprio così! Per questo aggiungi (art. 45) che lavorare

insieme è importante riconoscendo la “funzione sociale della cooperazione a

carattere di mutualità”. Quanto è utile che tu ci ricordi che solo insieme ne

veniamo fuori, che chi resta indietro non lo possiamo abbandonare e che

siamo chiamati come cittadini responsabili a lavorare per dare a tutti delle

opportunità concrete. L’ascensore sociale non può restare guasto, perché

altrimenti quelli che si trovano più in basso non riescono a rialzarsi, in quanto

sono senza possibilità reali di riscatto e progresso. E così non solo non è

giusto, ma ci depriva di ogni vero futuro! Per questo ci ricordi quanto è

importante riunirsi, parlare, discutere, confrontarsi. Tu ci garantisci (art. 18) il

“diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione…”, questo lo

sottolinei non solo perché nessuno lo limiti ma perché è importante custodire

ed incoraggiare la vita sociale e comunitaria. Hai voluto garantire

espressamente un diritto fondamentale per la formazione della personalità

(non era di per sé necessario, perché rientrava comunque nelle libertà già in

altre norme genericamente riconosciute, ma tu hai voluto sottolinearlo con

forza e decisione). Ma ci ricordi che la casa comune significa diritti e doveri e

che è importante partecipare tutti. A te i furbi, furbetti, di vario genere

proprio non vanno giù! Adesso che abbiamo tanti problemi come si fa a

essere furbi, speculare per sé invece di aiutarsi (art. 53)? Perché poi ci

rimettono i più deboli, quelli che non ce la fanno, i poveri, vecchi e nuovi.

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro

capacità contributiva”. Insomma, bisogna pagare le tasse e perché nessuno si

lamenti che non serve, anzi, rubi (in tanti modi perché non pagarle significa

togliere agli altri!) hai chiesto (art. 54) a tutti i cittadini il dovere di essere

fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. E anche che “i

cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle

con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.

Oggi direi con correttezza esemplare, anche perché ne va della fiducia degli

altri nella cosa di tutti! Ecco come si fa a vivere bene assieme. Come in

famiglia.

“Infatti, la nostra società vince quando ogni persona, ogni gruppo

sociale, si sente veramente a casa. In una famiglia, i genitori, i nonni, i

bambini sono di casa; nessuno è escluso. Se uno ha una difficoltà, anche

grave, anche quando ‘se l’è cercata’, gli altri vengono in suo aiuto, lo

sostengono; il suo dolore è di tutti. […] Nelle famiglie, tutti contribuiscono al

progetto comune, tutti lavorano per il bene comune, ma senza annullare

l’individuo; al contrario, lo sostengono, lo promuovono. Litigano, ma c’è

qualcosa che non si smuove: quel legame familiare. I litigi di famiglia dopo

sono riconciliazioni. Le gioie e i dolori di ciascuno sono fatti propri da tutti.

Questo sì è essere famiglia! Se potessimo riuscire a vedere l’avversario

politico o il vicino di casa con gli stessi occhi con cui vediamo i bambini, le

mogli, i mariti, i padri e le madri. Che bello sarebbe!” (FT 230). È solo

pensando alla famiglia e all’intera famiglia umana che ci può essere la pace

(FT 141). “La vera qualità dei diversi Paesi del mondo si misura da questa

capacità di pensare non solo come Paese, ma anche come famiglia umana, e

questo si dimostra specialmente nei periodi critici”. La pandemia ci ha

coinvolto tutti, in tutto il mondo. Quanto vorrei che crescesse il sogno di

ricercare il bene di tutti nella stanza del mondo dove viviamo assieme e dove

possiamo riconoscerci “Fratelli tutti”.

A proposito. La famiglia (art. 29) è riconosciuta come “società naturale”,

perché volevi sottolineare che la famiglia è una realtà umana precedente lo

Stato e in qualche modo realtà autonoma da questo, perciò usi il bellissimo

termine “riconosciuta”. Parola che utilizzi poche volte e sempre per diritti o

realtà la cui esistenza è appunto “riconosciuta” e non originata dallo Stato,

come per i diritti inalienabili dell’uomo (art. 2) in cui ci ricordi che

l’educazione, la casa e il lavoro sono indispensabili per vivere. In questo

quadro ci inviti anche ad essere accoglienti e ospitali. Nella nostra storia ci

hanno accolto e ora noi non accogliamo? Forse dobbiamo ricordarci che

dobbiamo agevolare “con misure economiche e altre provvidenze la

formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi” e sottolinei

che bisogna avere particolare riguardo alle famiglie numerose (art. 31). Non

dobbiamo finalmente mettere in pratica questa tua indicazione di

proteggere “la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti

necessari a tale scopo”? E’ così sconfortante non vedere bambini e senza

bambini c’è meno speranza e cresce la paura. Cosa ci richiede proteggere la

maternità?

 

Un’ultima preoccupazione. Tu ricordi che la pace va difesa ad ogni

costo (art. 11). Tu sei nata dopo la guerra. Avevi nel cuore l’Europa unita

perché avevi visto la tragedia della divisione. Senza questa eredità rischiamo

di rendere di nuovo i confini dei muri e motivo di inimicizia, mentre sono

ponti, unione con l’altro Paese. Solo insieme abbiamo futuro! Abbiamo tanto

da fare in un mondo che è bagnato dal sangue nei tanti pezzi della guerra

mondiale! E se, come affermi solennemente, ripudiamo la guerra, dobbiamo

cercare di trasformare le armi in progetti di pace, come Papa Francesco –

grande sognatore e realista come te – ha chiesto. “Con il denaro che si

impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale

per eliminare finalmente la fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri, così

che i loro abitanti non ricorrano a soluzioni violente o ingannevoli e non

siano costretti ad abbandonare i loro Paesi per cercare una vita più dignitosa”

(FT 262). Ripudiare la guerra vuol dire costruire la pace praticando il dialogo

per arrivare ad abolire la guerra! La pace e la stabilità internazionali non

possono essere fondate su un falso senso di sicurezza, sulla minaccia di una

distruzione reciproca o di totale annientamento. “L’obiettivo finale

dell’eliminazione totale delle armi nucleari diventa sia una sfida sia un

imperativo morale e umanitario”, scrive Papa Francesco senza mezzi termini.

Grazie. Cara Costituzione, ascoltando te già sto meglio perché mi

trasmetti tanta fiducia e tanta serietà per la nostra casa comune. Se ce ne è

poca anch’io devo fare la mia parte! Proprio come tu vuoi.

+ Matteo

Gennaio 2021

 

P.S.: Ti farà piacere, carissima Costituzione, rileggere queste parole di

uno dei tuoi padri. Ti voleva bene e parlava spesso di te con amore grande e

lo insegnava ai giovani che non ti conoscevano.

Alla fine, vorrei dire soprattutto ai giovani: non abbiate prevenzioni

rispetto alla Costituzione del ‘48, solo perché opera di una generazione ormai

trascorsa. La Costituzione americana è in vigore da duecento anni, e in questi

due secoli nessuna generazione l’ha rifiutata o ha proposto di riscriverla

integralmente, ha soltanto operato singoli emendamenti puntuali al testo

originario dei Padri di Philadelphia, nonostante che nel frattempo la società

americana sia passata da uno Stato di pionieri a uno Stato oggi leader del

mondo…E’ proprio nei momenti di confusione o di transizione indistinta che

le Costituzioni adempiono la più vera loro funzione: cioè quella di essere per

tutti punto di riferimento e di chiarimento. Cercate quindi di conoscerla, di

comprendere in profondità i suoi principî fondanti, e quindi di farvela amica

e compagna di strada. Essa, con le revisioni possibili ed opportune, può

garantirvi effettivamente tutti i diritti e tutte le libertà a cui potete

ragionevolmente aspirare; vi sarà presidio sicuro, nel vostro futuro, contro

ogni inganno e contro ogni asservimento, per qualunque cammino vogliate

procedere, e per qualunque meta vi prefissiate” (Giuseppe Dossetti, Discorso

tenuto all’Università di Parma, 26.IV.1995).

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