“…dove sei stella smarrita?”
“Con te, non sono mai partita.”

Il dialogo tra il protagonista, che è alla ricerca disperata del suo amore e vaga solo nella notte stanco e triste, e la sua “stella”, che lo rassicura di essere sempre accanto a lui, intessuto in due versi dell’omonima poesia “Dove sei stella smarrita?”, è il fulcro più profondo della raccolta di poesie “Mille Volti di Nome Amore” dello studioso lentinese Camillo Mignemi.
Il giovane 33enne, laureato alla facoltà di Lettere moderne dell’Università di Catania e molto attivo nell’ambito del volontariato, ha voluto raccontare un tema “banale, ma non troppo”, come lo definisce lui, come l’amore, nelle sue sfaccettature.

La raccolta, inedita, prefazionata dal prof Pippo Pulino, è stata presentata in data 14 settembre presso i locali ex AIAS c/o Biblioteca comunale di Lentini.
I suoi versi hanno preso vita attraverso la voce della lettrice Emanuela Ruma.
A condurre la serata il giornalista Salvo Di Salvo.

Nel volume, si narra la storia di un omino che viene investito da un’onda d’amore che si dispiega nel primo componimento “Quando l’amore ti prende per mano”.
Si mette in cerca di quel soffio vitale che anima il suo cuore, passando per la passione per la musica, il volontariato, l’amicizia, fino ad arrivare al vero amore, come dice il componimento finale “La mia donna vera”.

Abbiamo chiesto a Camillo da dove nasce questa sua passione. Quanto ed in che modo la sua formazione classica ed il suo ruolo di tenore all’interno dell’associazione corale Ad Dei Laudem, avessero influito nell’ispirazione di questa scrittura fluida e minuziosa.

Camillo Mignemi

“Scrivo poesie da 10 anni, più che per ispirazione, ho iniziato a scrivere per gioco. Giocare con le parole.
Nel corso dei miei studi ho letto e analizzato le poesie di molti autori tra i quali Leopardi, Pascoli. Loro che, con quella maniera di usare le parole, volevano comunicare qualcosa.
L’altra mia musa ispiratrice è stata la musica.
Mi piace cantare e leggere il testo di un brano per sapere di cosa parla. Cercare di capire perché quelle parole sono disposte in quello specifico modo.
Ascoltando musica, in special modo il cantautorato italiano, mi sono detto: “Ok, questo è il loro modo di comunicare qualcosa di forte, di grande. E Camillo? Camillo cosa sa fare?”
Da lì è scattata la molla della scrittura dei componimenti.”

L’autore, attraverso le sue parole vuole tentare di fare leggere o rileggere il lettore per comprendere meglio sé stesso ed il mondo in cui vive.

“Viviamo ormai in un mondo social, digitale e globalizzato. Siamo sotto gli occhi di tutti.
Tutto questo ci tiene al passo con i tempi, ma contemporaneamente ci allontana da ciò che ci circonda e da noi stessi.
Abbiamo tanto da fare con la tecnologia da farci sfuggire il tempo. Non c’è tempo per guardare in viso chi e cosa abbiamo intorno. Non c’è tempo per guardare dentro noi stessi. La comunicazione con il nostro io e con gli altri risulta indebolita.
Spero attraverso la mia poesia di donare questo spunto di comunicazione.”

A contribuire a questa visione è senza dubbio il modo di vivere il volontariato di Camillo che ha da sempre collaborato con l’Unitalsi e fatto parte attivamente dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti alla quale è iscritto sin dalla nascita.
Il volontariato è, infatti, costruttore di relazioni e di ponti tra persone, esperienze e opinioni diverse, è linfa vitale per la comunità.

Che possa Camillo, con la sua poesia, essere da esempio alle nuove generazioni, molto spesso scettiche, smarrite e disilluse.

Se la vita è solo un passaggio, in questo passaggio seminiamo almeno dei fiori.”

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