Benedetto XVI visto da Siracusa

Dopo tre giorni di ininterrotto omaggio alla salma del pontefice, reso da centinaia di migliaia di fedeli giunti da ogni parte, domani, 5 gennaio 2023, alle 9:30, si terranno in Piazza San Pietro i funerali di Benedetto XVI, presieduti da papa Francesco. E’ la prima volta nella storia che un Papa celebra le esequie del Papa emerito che l’ha preceduto.

Joseph Ratzinger si è spento il 31 dicembre 2022 all’età di 95 anni, nel convento Mater Ecclesiae sul Colle Vaticano, dove si era ritirato dopo la rinuncia al pontificato e dove ha trascorso gli ultimi anni della sua lunga vita nel ritiro e nella preghiera.

Una parentesi personale. La mia vita è stata scandita da ben sette pontificati (da Pio XII a Giovanni XXIII, da Paolo VI a Giovanni Paolo I, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI, fino a Francesco). Del primo non ho particolari ricordi personali, essendo ancora un ragazzo quando morì nel 1958, e ne ho conosciuto la storia solo successivamente. Da ciascuno degli altri sono stato accompagnato nella mia progressiva maturazione cristiana soprattutto attraverso la lettura delle loro encicliche; alcune delle quali considero autentiche pietre miliari per la mia formazione: dalla Pacem in terris di Giovanni XXIII alla Populorum progressio di Paolo VI, dalla Centesimus annus di Giovanni Paolo II alla Caritas in veritate di Benedetto XVI, dalla Laudato si’ alla Fratelli tutti di papa Francesco.

Da questi Documenti emerge una considerazione, che direi tanto elementare quanto profonda: ogni pontefice, certo, ha una propria personalità, che lo caratterizza e che lo rende unico e diverso da tutti gli altri, ma questo non li contrappone, perché la continuità del mandato petrino alla guida della Chiesa discende unicamente dallo Spirito Santo e dalla fedeltà di ciascuno di essi al Vangelo di Gesù Cristo. E questo fa piazza pulita di ogni grossolano tentativo di strumentalizzarne – né a fini politici e neppure a fini teologici – le peculiarità identitarie. Perché è impossibile leggere e interpretare il pontificato di Montini senza quello di Roncalli, né quello di Ratzinger senza quello di Wojtyla; e neppure, oggi, quello di Bergoglio senza quello di Ratzinger.

Benedetto XVI è stato a suo modo un riformatore, nonostante i ripetuti tentativi di farne il prototipo dei conservatori cercando di contrapporlo a Papa Francesco. Tentativi vani perché i due Papi, certamente diversi, sono stati uniti nell’amore e nella dedizione per casa di Pietro: la Chiesa.

Ed un fatto è emblematico: il passaggio di testimone fra Benedetto XVI e Francesco è stato contrassegnato dalla firma congiunta dell’enciclica “Lumen fidei”, scritta a quattro mani e promulgata da Jorge Mario Bergoglio. Nel documento pontificio tornano continuamente espressioni molto care al Papa tedesco che hanno caratterizzato i suoi otto anni di pontificato. E Francesco non ne fa mistero: “Queste considerazioni sulla fede, in continuità con tutto quello che il magistero della Chiesa ha pronunciato circa questa virtù teologale, intendono aggiungersi a quanto Benedetto XVI ha scritto nelle lettere encicliche sulla carità e sulla speranza. Egli – prosegue Bergoglio – aveva già quasi completato una prima stesura di questa lettera enciclica sulla fede. Gliene sono profondamente grato e, nella fraternità di Cristo, assumo il suo prezioso lavoro aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi”.

L’ultima «apparizione in pubblico» del papa emerito era avvenuta il 28 giugno 2016, nella Sala Clementina del Palazzo apostolico, per un atto di augurio e di omaggio alla presenza di papa Francesco, in occasione del 65° della sua ordinazione sacerdotale. Papa Francesco, a sua volta, si è recato a trovarlo diverse volte; cosicché abbiamo continuato a sentirci accompagnati dalla sua presenza discreta ma vigile, da cui trasparivano invariabilmente la sua gentilezza e l’acutezza e intensità della sua presenza spirituale.

Il ricordo indelebile che ci lascia Benedetto XVI è quello della sua finezza intellettuale, della semplicità e sobrietà di un uomo dal pensiero acuto; della profondità teologica; della conoscenza razionale analitica della ragione e di quella esistenziale dei moti dell’anima mossi dalla fede: una eredità che ha fatto la storia della Chiesa odierna segnando quella futura.

Senza più voce, ha continuato a parlare abbandonandosi al silenzio della preghiera che traguarda la terra per entrare nell’eternità. Papa Benedetto XVI, un grande Papa, che è stato davvero “un semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore” (come ebbe a definirsi subito dopo la sua elezione al soglio pontificio). Ora riposa tra le braccia del Padre.

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