La recente celebrazione della Giornata mondiale del malato è occasione di rinnovate riflessioni  su una tematica sempre più attuale. Fu  istituita nel 1992 da Giovanni Paolo II nella memoria della Beata Vergine di Lourdes. Papa Francesco ha sottolineato come le persone malate siano al centro del popolo di Dio, che avanza insieme a loro come profezia di un’umanità in cui ciascuno è prezioso.

Quest’anno, a mio avviso, è stata anche motivo per una riflessione sulla sanità del futuro, alla luce dell’Autonomia differenziata, di cui si sente tanto parlare.

Io sono però convinto che la stragrande maggioranza dei miei concittadini non conosca a fondo di cosa si tratti e di quali conseguenze, sulla base delle modalità con cui sarà attuata, produrrà nella vita quotidiana di ciascuno di noi.

Saranno infatti assicurate a tutte le persone le stesse opportunità di salute garantite dalla Costituzione e sancite dalla legge 833 del 1978, che istituì un sistema sanitario nazionale ispirato alla universalità, equità ed uguaglianza, per cui la tutela della salute diventò bene della collettività prima ancora che del singolo cittadino? Allora c’era alla guida del ministero della Sanità la cattolica Tina Anselmi, la prima donna a far parte di un governo in Italia, che si impegnò per garantire l’assistenza sanitaria come diritto di cittadinanza.

Con il decentramento della sanità alle Regioni il risultato fu però quello di avere venti sistemi sanitari regionali, con una conseguente ingiusta diversità delle opportunità di salute, a scapito soprattutto delle Regioni del Sud.

Dobbiamo tenere conto di come, già ora, nella nostra realtà locale il malato più povero ha difficoltà a raggiungere alcuni luoghi di cura, per l’assoluta inadeguatezza dei mezzi pubblici di trasporto e non potendo sempre contare su figli o nipoti che lo accompagnino, nè su una adeguata assistenza domiciliare, indispensabile in alcune malattie.

Dobbiamo quindi fare tutto il possibile perché le malattie gravi (basti pensare ai tumori) siano uguali per tutti, che non ci siano malati più vulnerabili, di serie B.

Tenendo conto che, con l’andamento demografico attuale, avremo più anziani, più malati cronici e non autosufficienti nei prossimi decenni e che quindi va messo al centro il cittadino-paziente prima ancora delle strutture.

Salvo Sorbello – Presidente Provinciale del Forum delle Associazioni Familiari

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