Nella Messa di questa domenica, proseguiamo l’ascolto continuato dei capitoli centrali del Vangelo di Marco. Il brano di oggi va compreso in una ininterrotta continuità con quelli delle due domeniche precedenti, nelle quali avevamo ascoltato da una parte gli annunci di Gesù sulla propria passione – con tutto il loro carico di serietà, solennità e gravità – e dall’altra la recidiva incomprensione degli apostoli: da Pietro che non accetta la previsione delle sofferenze di Gesù, alla disputa dei Dodici su chi fra loro fosse più grande.
Anche il Vangelo di oggi presenta una circostanza simile: i Dodici hanno visto che alcuni, non appartenenti al loro gruppo, scacciavano demòni nel nome di Gesù, e hanno intimato loro di smettere, per una presunta mancanza del diritto o dell’autorizzazione ad agire così.
Ancora una volta, l’episodio si rivela utile per dare a Gesù l’occasione di porre un correttivo, per educare i discepoli a convertirsi da una logica grettamente umana a una mentalità illuminata dalla comprensione dell’amore di Dio.
Con un atteggiamento conforme a quello di Mosè nella prima lettura della Messa di oggi (cfr. Numeri 11,25-29), Gesù invita i discepoli a non essere gelosi, diffidenti, elitari e discriminatori, ma ad accogliere benevolmente un seme di buona fede o di buona volontà in chi – pur non appartenendo ufficialmente alla loro cerchia – desidera compiere del bene nel nome di Gesù stesso.
Forse non dobbiamo né possiamo chiedere a questo episodio del Vangelo più di quanto esso voglia davvero insegnarci: dovremmo sforzarci di resistere alla tentazione di strumentalizzarlo, ritenendone legittima un’applicazione a una casistica illimitatamente estensiva, col rischio di banalizzarlo in modo indiscriminato e semplicistico.
In che modo intendere la sapiente e paziente pedagogia con la quale Gesù tenta di educare tutti noi, suoi discepoli di ogni tempo? Innanzitutto, è sempre bene osservare attentamente il contesto immediato delle sue parole.
Al principio di inclusione e tolleranza appena insegnato da Gesù ai Dodici, riassumibile nella frase «chi non è contro di noi è per noi» (Marco 9,40), segue subito un affondo senza sconti: «chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare» (Marco 9,42).
E la dose viene rincarata nei versetti successivi, con immagini iperboliche (cavarsi un occhio o moncarsi mani e piedi in caso di uno scandalo provocato).
Tra il possibilismo permissivo della prima parte e la severa rigidità di questa seconda parte si gioca probabilmente una lezione di vita che il Signore vuole comunicarci.
Il Vangelo di oggi ci fa imparare a esigere radicalità, correttezza, costanza, coerenza, intransigenza, irreprensibilità e autenticità da noi stessi. Al contempo, esso ci insegna ad essere accoglienti, tolleranti, benevoli, comprensivi, clementi e misericordiosi con gli altri.
Sii sempre severo con te stesso, ma indulgente con il prossimo: «ognuno infatti sarà salato con il fuoco» (Marco 9,49).