Ai lettori di “Cammino” propongo alcune mie brevi considerazioni a margine del convegno realizzato a Catania, la mattina dello scorso sabato 5 aprile, dalla “Fondazione Luigi Einaudi” sul “Ruolo del Giudice nella Società che cambia”, nel contesto della Riforma della Giustizia, di cui si discute almeno da vent’anni ma adesso divenuta molto attuale.
L’incontro-confronto con la società civile del Territorio si è svolto nella suggestiva sala della storica ex chiesa della Purità di via Santa Maria Maddalena, con la qualificata partecipazione di autorevoli esponenti istituzionali del complesso mondo del Diritto, che – senza pregiudizi ideologici, faziosità o “tifoserie” – con alta e apprezzata professionalità hanno esposto, agli attenti e numerosi cittadini, interessanti suggestioni su alcune gravi e fondamentali tematiche della Giustizia in Italia.
Tra le relazioni svolte, tutte ricche di riflessioni, mi ha particolarmente impressionato quella del dott. Domenico Airoma, Procuratore della Repubblica ad Avellino e vice presidente del “Centro Studi Rosario Livatino”.
Il magistrato si è soffermato inizialmente sull’attuale crisi di un’etica pubblica condivisa, evidenziando come l’assenza di princìpi universalmente riconosciuti produca conflitti permanenti in settori delicati della nostra vita istituzionale.
Occorre, pertanto, preliminarmente una tensione morale che aiuti a riscoprire il senso dell’etica pubblica condivisa sui princìpi fondanti della nostra società, per passare dalla giurisdizione alla giustizia con un giusto processo.
Secondo la dimensione deontologica del ruolo della Magistratura, non occorrono improprie commistioni, alternative rotture di argini, interpretazioni soggettive a servizio di ideologie. Il Giudice, in particolare, deve diffidare di sè stesso, di soluzioni soggettivamente innovative e di supplenza, che scavalchino il ruolo del Parlamento.