Gli effetti della fede nel Risorto
Celebriamo l’ottava di Pasqua, domenica ricca di molteplici significati spirituali.
Innanzitutto, essa è la solenne conclusione della settimana in cui – come in un unico giorno – festeggiamo con gioia la Resurrezione di Gesù; i nostri fratelli cristiani orientali la chiamano “settimana del rinnovamento”, perché l’evento della Resurrezione ha costituito per il cosmo una vera e propria “nuova creazione”.
Per antichissima tradizione, la liturgia latina definisce questa domenica “in albis depositis”, perché tutti coloro che sono “rinati nel battesimo” in questa Pasqua indossano la veste bianca (alba) battesimale per tutto l’ottavario, deponendola appunto nella seconda domenica di Pasqua.
Da alcuni decenni, nel calendario liturgico romano, in questa domenica ricorre anche la “festa della Divina Misericordia”, istituita dal papa S. Giovanni Paolo II secondo le indicazioni contenute nel diario mistico della suora polacca S. Faustina Kowalska. L’immagine di Gesù misericordioso ispirata a tale rivelazione privata, con le piaghe della passione ben visibili, con una veste bianca e con due raggi (bianco e rosso, simboli dell’acqua e del sangue) che partono dal cuore attraverso il costato trafitto sulla croce, è del resto una rappresentazione molto appropriata del Risorto.
Sia per i riti orientali che per quelli occidentali, questa è la “domenica di Tommaso”, perché nel Vangelo di Giovanni viene detto esplicitamente che il riconoscimento e la conseguente professione di fede in Cristo Risorto da parte dell’apostolo Tommaso è avvenuta proprio “otto giorni dopo” (Gv 20,26) quello in cui il Signore si è manifestato vivo ai discepoli, “il primo della settimana” (Gv 20,19): per questo, tutto l’episodio della rivelazione a Tommaso viene proclamato nella Liturgia della Parola di questo giorno (cfr. Gv 20,19-31).
Il Vangelo della Messa odierna è uno stupendo canto alla speranza in Cristo, pegno di vera felicità e vittoria sulla paura, sul dubbio e sul male. Gesù in persona, risuscitato dalla morte, visita i suoi discepoli impauriti, i quali, all’udire il suo consolante saluto di pace, “gioirono al vedere il Signore” (Gv 20,20).
Il primo dono pasquale che il Maestro elargisce loro è l’effusione dello Spirito Santo per la remissione dei peccati, insegnando a perdonarsi reciprocamente (Gv 20,22-23).
La testimonianza di questo sconvolgente incontro esplode nel grido trionfale “Abbiamo visto il Signore!” (Gv 20,25), che riecheggia dopo duemila anni in tutto il mondo come un irrefrenabile scampanio di festa.
L’ottavo giorno, che segnerà i ritmi del tempo per tutti i secoli come “giorno del Signore” per eccellenza, l’apostolo Tommaso esclamerà la propria confessione di fede nella divinità di Cristo: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20,28), passando dalla crisi dell’incredulità alla luce gioiosa della fede.
L’ultimo dono di Gesù, in questa giornata così straordinariamente intensa, racchiude tutta l’essenza della vita credente sulla terra: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” (Gv 20,29). I cristiani, che passano in questo mondo di apparenze illusorie, sanno che la fede è perseverare nel fissare lo sguardo sull’Invisibile, accogliendo e custodendo la testimonianza di chi ci ha trasmesso l’Evangelo di Cristo, “perché credendo abbiate la vita nel suo nome” (Gv 20,31).
Allora, anche in questa festa, buona vita a tutti!