Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera di Alessandro Zappulla; siamo fiduciosi che le sue riflessioni possano interrogare l’arcipelago cattolico siracusano.
Caro Direttore,
vorrei condividere con i lettori di Cammino alcune riflessioni che mi stanno a cuore.
Qualche settimana fa il Card. Ruini, già Presidente della Conferenza episcopale italiana, a proposito dei rapporti della Chiesa con la politica, dichiarava, che occorreva dialogare anche con il capo della Lega. Un atteggiamento pragmatico, che nella sua tradizione vede la Chiesa sempre dialogare con qualsiasi forza stia al potere, con l’intento di tutelare e salvaguardare nella società non solo la libertà spirituale e religiosa ma la sua libertà di movimento anche in termini culturali, educativi e sociali.
Ovviamente le reazioni alle sollecitazioni di Ruini non si sono fatte attendere, di sostegno, poche in verità, e di critica. E come al solito immediatamente si sono formati gli schieramenti pro o contro e sono poi cominciate dietrologie giornalistiche fantasiose di ogni tipo.
Personalmente non sono interessato qui a discutere la posizione di Ruini, ma la sua sollecitazione è servita a me quantomeno per farmi qualche domanda che invece mi interessa porre alla riflessione comune.
Quando il Card. Ruini sollecita la Chiesa al dialogo anche con la Lega, di quale Chiesa parla? Si riferisce alla Chiesa gerarchica, alla Santa Sede, alla Conferenza episcopale italiana? O è una sollecitazione al popolo cristiano e in particolare ai laici cattolici? Questo è il punto. Perché al di là di ciò che pensa Ruini, resta il tema fondamentale, oggi più che mai, del ruolo dei cattolici in politica e della loro capacità o meno di produrre analisi e fornire modelli culturali ed economici ispirati da una visione cristiana di cui una moderna dottrina sociale della Chiesa dovrebbe fungere da guida.
Nell’era della globalizzazione, dello straordinario sviluppo tecnologico, nell’era della rivoluzione della comunicazione al tempo di Internet e dei social Network, potenti mezzi che hanno scardinato tutte le articolazioni della mediazione comunicativa, offrendo al singolo cittadino il potere di intervenire senza filtri, facendolo diventare protagonista di una Rete che allo stesso tempo lo percepisce debole e spaesato, non tecnicamente e culturalmente attrezzato per contrastare o tenere testa ai forti poteri che agiscono in essa, si pone il tema di una nuova cultura cattolica in grado di offrire, anche ai più semplici, alcune linee guida per districarsi nel mare magnum delle plurime offerte culturali e formative, che agiscono potentemente indisturbate nella grande autostrada comunicativa, con l’intento economico da un lato, e politico dall’altro, di manipolare le coscienze collettive per finalità che fanno traballare la democrazia rappresentativa, per come l’abbiamo conosciuta e sperimentata dal dopoguerra ad oggi.
Naturalmente so bene che parlare di cultura cattolica possa generare equivoci e ambiguità e quindi il concetto va ulteriormente precisato. Molti della mia generazione siamo cresciuti e siamo figli del concetto di “mediazione culturale”. Essa ci ricordava che il patrimonio storico, culturale, filosofico della tradizione cristiana europea non era una fonte di principi da cui trarre azioni applicative, ma una grande fonte di ispirazione che imponeva al cristiano, al laico cattolico in particolare, una propria elaborazione e analisi culturale della realtà sociopolitica nella quale gli era dato di vivere. La responsabilità della conoscenza della realtà storica nella quale anche i cristiani vivono doveva essere frutto della libertà di studio, di una ricerca incessante, della consapevolezza che la traduzione del messaggio cristiano nella vita, non solo personale ma sociale e politica era proprio dei cristiani. Dalla esigenza di questa responsabilità personale, dalla necessità di saper leggere i fatti storici, le dinamiche sociali ed economiche di un territorio, derivava l’urgenza del
confronto e della successiva sintesi, la opportunità di vivere luoghi relazionali di elaborazione culturale comune.
Oggi non c’è chi non avverta l’assenza di una profonda e articolata elaborazione culturale cristianamente ispirata da parte del laicato cattolico. O più precisamente, è come se si fosse innalzato un muro tra i centri di ricerca universitari, e le diverse realtà dove i cristiani laici vivono quotidianamente, in una sorta di incomunicabilità disarmante. Oggi la elaborazione culturale dei cattolici sembra non essere incisiva nelle scelte pubbliche, e appare relegata in settori specifici, come il volontariato, che però non hanno la forza di caratterizzare i connotati essenziali della nostra società italiana contemporanea. Tanto che riemerge la domanda di sempre con piu forza di un tempo.
In che modo oggi i laici cattolici annunciano la novità che produce l’adesione convinta alla Chiesa di Cristo e al suo vangelo? E’ una novità di vita personale innanzitutto, ma che ha risvolti comunitari innegabili sui quali una riflessione è doverosa. Oggi questa riflessione comune è carente, non sembra pervadere le nostre comunità. Eppure i grandi temi ce la richiederebbero: il tema della pace, degli equilibri geopolitici, il tema delle guerre dimenticate; gli squilibri economici; il tema delle nuove povertà; delle dipendenze; la questione dei nuovi lavori e la dignità della persona umana dentro l’organizzazione del nuovo lavoro tecnologico; la grande questione etica della difesa e tutela della terra; o le stringenti questioni etiche di genere; l’attacco alle democrazie liberali; la formazione dei nostri giovani, il tema della verità declinata attraverso la informazione corretta, e il diritto dovere di una informazione libera, onesta e indipendente. Sono solo alcune questioni che non possono lasciare indifferenti intere comunità di laici cattolici.
Abbiamo bisogno di luoghi relazionali in cui sia possibile avviare una ricerca comune, in cui si possa sperimentare la fatica, ma anche la bellezza di una elaborazione culturale comunitaria e di sintesi. Luoghi relazionali comuni, ambiti di elaborazione con l’ambizione di essere propositivi per guardare con più fiducia verso il futuro.
Ma il cristiano guarda il mondo da un punto di osservazione preciso: il territorio nel quale vive. E questo territorio va vissuto e conosciuto nelle sue dinamiche, offrendo il contributo specifico di una analisi cristianamente ispirata.
CAMMINO può costituire questo luogo relazionale a cui facevo riferimento! E’ una urgente sollecitazione che rivolgo a tutte le Comunità cristiane per un ritorno alla elaborazione e riflessione culturale comune di cui oggi si avverte tantissimo il bisogno. Ma la mia vuole essere anche una sollecitazione al confronto con altre realtà non cristiane per riprendere un percorso di crescita comunitario che abbisogna di categorie di interpretazione e di chiavi di lettura della realtà nuovi e più idonee non solo a comprenderla ma anche per fornire piste di soluzioni ai problemi che affliggono il nostro territorio. E a questa riflessione dobbiamo chiamare i nostri giovani, non certo per indottrinarli, ma per camminare con loro in una ricerca che utilizza tutti gli strumenti della conoscenza, per riflettere sui nostri valori, sulle nostre scelte e in generale su ciò che si intende fare nella vita. Cosi facendo si corre il rischio di trascendere nell’azione politica? L’azione politica è nella responsabilità personale di ogni singolo cristiano che la declina secondo la mediazione necessaria che egli saprà mettere in atto, nella consapevolezza che ogni scelta politica è provvisoria e serve soltanto a difendere nella storia concreta l’uomo, la sua dignità e la Comunità dove vive. E l’azione politica che ognuno volesse sperimentare, e personalmente auspicherei che tanti giovani si accostassero liberamente alla politica, ha maggiore valenza, significato, ragione di essere, quanto più è supportata da una riflessione ed elaborazione culturale comunitaria a cui come laici cattolici dobbiamo urgentemente tornare. E’ un dovere e una responsabilità che non possiamo più declinare e che, al contrario, oggi dobbiamo assumere come prioritari. Ne va della credibilità e autorevolezza di laici cattolici all’interno della Chiesa e della società. E constatare la nostra irrilevanza culturale, lo verifichiamo in questi giorni, non è un bene per l’Italia democratica.
Siracusa, 11 dicembre, 2019.
Alessandro Zappulla