“Quanto dura il tempo della … giustizia?”. E’ la domanda del giorno per quanti, conoscendo le lezioni del frate Cappuccino e maestro di Gestalt , Giovanni Salonia, hanno appreso la notiza che ieri il Giudice per le Udienze Preliminari del Tribunale di Roma Daniela Caramico D’Auria ha emesso nei suoi confronti una sentenza di non luogo a procedere, certificando la manifesta improcedibilità dell’accusa di abuso sessuale che gli era stata rivolta da parte di una suora, già sua paziente tra il 2009 e il 2013. Tecnicamente si tratta di due anni ma umanamente, parafrasando sempre i vari testi dell’autore di “Sulla felicità e dintorni”, qualcosa di più perché “che me ne faccio del tempo – direbbe Alice nel paese delle meraviglie –  se non posso viverlo a pieno con tutte le relazioni che lo definiscono”. Proprio così, perché per Salonia la macchina del fango si è mossa scandita da eventi che coinvolgono molto più della sua semplice vita. “Anche agli occhi dell’opinione pubblica – è la sintesi della vicenda che si sta diffondendo a macchia d’olio fra i molti che conoscono e stimano il frate ragusano – sin dal primo momento, non è sfuggita la correlazione (non certo casuale e confermata dalle carte dell’inchiesta) tra questo procedimento e la vicenda della nomina, nel febbraio 2017, di padre Giovanni Salonia a Vescovo ausiliare di Palermo. Una macchinazione divenuta funzionale ad un sistema di potere interno alle gerarchie vaticane. Come tutti ricordano bene, infatti, in quel caso bastò solo un giorno affinchè in Vaticano arrivasse un dossier pieno zeppo di gravi accuse, poi puntualmente passate al vaglio di un supplemento di indagine condotto dai giudici vaticani, che le avevano già valutate come “un emotivo florilegio di pettegolezzi e calunnie”. “Sebbene Salonia avesse poi nel frattempo rinunciato alla consacrazione – si ricostruisce e si commenta in modo documentato – col desiderio di sottrarre la Diocesi palermitana ad una battaglia di accuse e pettegolezzi, sia l’Arcivescovo di Palermo mons. Corrado Lorefice – che lo ha più volte e fino a poche settimane fa pubblicamente difeso parlando di “fake news” -, sia Papa Francesco – che oltre a non aver mai accettato la rinuncia, ha voluto incontrarlo in occasione della sua visita a Palermo – hanno voluto dimostrare il loro appoggio pieno a Padre Salonia così come hanno fatto tantissime iniziative che si sono mosse dal basso in suo favore. Ciò ha generato molti attacchi, che in alcune testate giornalistiche hanno messo in discussione la sapienza del pontefice nella scelta dei vescovi”. “È stato poi in questo contesto – ricostruendo ancora i fatti – che nel settembre 2018 è arrivata, quasi come una mossa ad orologeria dopo l’incontro palermitano col Pontefice, la notizia della denuncia del frate per questo presunto abuso in terapia. Su di esso, dopo il tribunale ecclesiastico, ora anche il tribunale penale ha definitivamente fugato ogni dubbio: con questa sentenza il Gup ha sancito l’assoluta mancanza di presupposti dell’azione penale, ritenendola dunque ingiustificata già in origine e restituendo a Padre Giovanni Salonia la piena integrità della sua reputazione. Tutto questo essendo ben consapevoli che frate Giovanni non è stato certo il primo e non sarà certo l’ultimo a cadere nella trappola della calunnia, che nel Barbiere di Siviglia viene descritta come “un venticello, un’aueretta assai gentile che … prende forza a poco a poco, scorre già di loco in loco, sembra il tuono, la tempesta …”. Ma quale rimedio può far recuperare l’infinito tempo perso e quale cura può rimarginare le ferite lasciate nell’animo della vittima? Di certo la risposta al primo quesito può venire solo da quanti nella gerarchia ecclesiastica sanno che Giovanni Salonia ha subito silenziosamente gli ingiuriosi attacchi non certo per la sua persona ma per tutelare una causa ben più grande; per quanto riguarda la cura pare proprio che Giovanni sia guarito ben prima della sentenza dei giudici terreni. Come infatti  ha spiegato egli stesso in un importante appuntamento formativo ad Assisi: la difficoltà a perdonare –  ci permettiamo di utilizzare liberamente il suo pensiero – nasce dalla paura di ritrovare la possibilità di essere felici nel limite, a questo punto diventa fondamentale l’immancabile misericordia di Dio e quindi il sentirsi amati che è la sponda sicura della felicità.  E per Giovanni Salonia il filo bello ma precario della felicità si è manifestato senza ombra di dubbio con la pubblicazione di Avere a cuore, libro dedicatogli per il settantesimo compleanno dall’Istituto di Gestalt Gtkper rendere simbolicamente l’essenza della sua statura di grande terapeuta e di amico indefettibile. Uomini di cultura, intellettuali di varia estrazione, terapeuti, teologi – accomunati da un rapporto significativo con il Salonia frate o terapeuta – gli fanno onore in “Avere a cuore” svolgendo dal loro punto di vista il tema implicito nel titolo”. Battiato docet: “Siamo esseri immortali caduti nelle tenebre destinati ad errare nei secoli dei secoli fino a completa guarigione…. Guardando l’orizzonte un’aria di infinito mi commuove”.

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