Scrivere oggi, come mi è stato chiesto, sui risvolti che l’epidemia da coronavirus avrà sulla nostra economia non è semplice soprattutto perché le ricadute saranno certamente correlate alla durata della stessa.

In questo momento la maggiore preoccupazione di tutti noi è ovviamente indirizzata agli aspetti epidemiologici della infezione, ai suoi devastanti effetti, alle preoccupazioni per la salute nostra e dei nostri cari, e credo sia corretto così.

Ma quando tutto questo sarà finito bisognerà anche fare la conta dei danni economici che ha generato.

Già oggi non sono poche le persone che alle predette preoccupazioni devono aggiungere quelle relative alla propria situazione lavorativa. Penso agli artigiani, ai commercianti, alle piccole imprese che dai loro flussi finanziari giornalieri traevano spesso le risorse per soddisfare i bisogni loro e delle proprie famiglie. Li abbiamo visto in TV i volti di tanti Italiani disperati che hanno visto crollare i frutti di tanti sacrifici per la impossibilità di poter svolgere la propria attività. Mi riferisco a tassisti, titolari di attività ricreative, di ristorazione, di ricettività alberghiera, agenzie di viaggio, beauty center e chissà quanto lungo può essere questo elenco.

A questo elenco poi bisogna aggiungere quello relativo alle grandi aziende Corporate come le Compagnie Aeree, i Grandi tour operator, la grande industria che vedrà crollare una importante fetta del proprio fatturato, ed in questo ambito le ricadute coinvolgeranno certamente i dipendenti, i fornitori ed in generale tutti gli stakeholders che orbitano nel loro ambito.

Oggi mi impressionava che anche il dorato mondo del calcio comincia a ragionare su quali   devastanti effetti avrà l’epidemia su tutta la filiera e come cominciare a distribuire i relativi costi (si ipotizza di congelare per esempio gli stipendi dei calciatori)

Da quanto premesso credo emerga chiaramente  la difficoltà di fare previsioni.

Le misure attivate dal  nostro Governo vanno nella giusta direzione di cercare di attutire gli effetti negativi che si stanno generando, ma sono sufficienti? Quanto costeranno? Chi ripagherà tutto questo?

Anche su questo al momento non si possono trarre conclusioni, siamo in una situazione da “work in progress”.

Come al solito alla fine il conto non sarà uguale per tutti perché in generale è impossibile essere equi e certamente i più deboli avranno la peggio e per molti non sarà possibile evitare situazioni economicamente drammatiche.

A questo punto già una prima conclusione la si può trarre, che è quella che tutti noi dobbiamo assumere comportamenti tali da rendere l’epidemia la più breve possibile, ogni giorno guadagnato porterà il vantaggio di rendere meno pesante il conto da pagare (il PIL giornaliero prodotto dal Paese è di poco inferiore ai 5 miliardi di euro)

Successivamente dovremo impegnarci, così come facciamo oggi per rispettare le prescrizioni date, a far ripartire con coraggio tutte le attività oggi bloccate. Credo che lo spirito dovrà essere quello della rivalsa nei confronti del virus per riprenderci quello che ci ha tolto. Solo se tutti rientreremo nella logica di rimettere tutto in ordine riprendendoci le nostre abitudini, a rifrequentare i vecchi luoghi ed a contribuire a far rigenerare quei flussi da cui traevano vitalità economica molti operatori che con i loro servizi hanno reso la nostra vita quotidiana più piacevole aiuteremo chi oggi sta pagando più degli altri.

Quanto scritto più che una analisi economica sembra un appello per futuri comportamenti, ma ritengo che sia prematuro oggi fare analisi dettagliate senza avere alcun riferimento temporale sulla durata della epidemia.

A ciò si aggiunga che le implicazioni economiche sulle nostre imprese sono connesse anche all’andamento dell’epidemia negli altri paesi del mondo, e ciò aggiunge ulteriori variabili indefinite.

Vorrei solo precisare che il mio appello alla rivalsa non deve essere interpretato come un modo per dire torniamo a rifare tutto come prima, perché invece il mondo credo debba prendere lezione da quanto accaduto. La globalizzazione per esempio ha reso evidente come la delocalizzazione solo in alcuni parti del mondo di alcuni prodotti, crei grandi difficoltà allorquando la circolazione diventa un problema e quel bene serve lontano da dove viene prodotto.

Il mondo deve prendere atto che oggi i maggiori pericoli non sono le guerre ma le infezioni, e pertanto è indifferibile trasferire tutte le risorse oggi indirizzate verso gli armamenti   verso la salute delle persone e far prevenzione attiva.

Abbiamo in questi giorni avuto contezza che appelli in tale direzione erano stati lanciati nel tempo e sono rimasti inascoltati (uno tra tutti quello di 5 anni fa di Bill Gates), così come le immagini di film che hanno prefigurato situazioni simili non hanno inciso sulle scelte di chi governa il mondo.

Ci siamo appassionati agli appelli per uno sviluppo sostenibile e gli allarmi per i cambiamenti climatici, ma nulla si è mosso nella corretta direzione.

Forse la lezione che ci viene somministrata da un invisibile organismo sarà capace di far invertire al mondo un trend che rischia di portarlo verso il disastro.

 

Credito fotografico: Tesionline.

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