In occasione della Gionata internazionale delle Donne il Comune di Melilli inaugurerà piazza “8 marzo”, sita tra via Middletown e via Bachelet.

L’iniziativa è stata promossa dall’Associazione parrocchiale Centro Italiano Femminile (CIF) della Chiesa Madre di Melilli ed accolta dall’Amministrazione comunale. “Abbiamo accettato con convinzione la proposta – ha dichiarato il sindaco Giuseppe Carta – per ricordare le tante storie di donne che hanno lottato per qualcosa e che hanno conquistato qualcosa; donne che hanno vinto e che hanno perso; donne eroine e donne vittime; donne che urlano e che tacciono”.

“Con grande gioia e mossi, anche, da un forte senso del dovere – ha spiegato un documento della Comunità parrocchiale San Nicolò Vescovo – la Chiesa Madre di Melilli parteciperà all’inaugurazione e benedizione della piazza “8 marzo”.

“L’iniziativa infatti – spiegano i promotori – vuole avere il fine comune a tutti gli uomini di buona volontà di dire con forza una parola ferma e risoluta di assoluto dissenso e contrarietà contro ogni forma di abuso, mancanza di rispetto e/o violenza nei confronti della donna”.

“Come comunità credente – spiega il parroco don Giuseppe Gurciullo – la nostra presenza a tale evento diventa anche un atto dovuto in senso teologico. Il primo libro della Bibbia insegna a tutti i credenti che Dio creò l’uomo ad immagine e somiglianza di Sé stesso, maschio e femmina lo creò. Quando Dio soffiò il suo alito di vita nell’uomo, come Sua tangibile manifestazione terrena, lo pensò in termini relazionali tra maschio e femmina. Né solo l’uomo è a immagine e somiglianza di Dio, né solo la donna, ma insieme”.

“Affermare il valore assoluto e non negoziabile della donna – aggiunge don Giuseppe – significa per un cristiano, innanzitutto, esprimere un autentico atto di fede verso la piena accoglienza della volontà creazionale di Dio. Significa, quindi, voler garantire all’umanità la vera immagine di Dio, resa attuale solo dalla co-presenza del maschile e del femminile, uniti in una relazione paritaria, di rispetto e di amore vicendevole, senza nessuna, benché minima, possibilità di cittadinanza a forme relazionali di subordinazione, dominazione o mortificazione”.

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