(Gv 14, 15 – 21)

1.“Ho visto la miseria del mio popolo in Egitto. Ho ascoltato il suo grido a causa dei suoi oppressori, conosco le sue sofferenze” (Es 3,7). Ho visto: vede, cioè assume e fa esperienza della situazione degli Israeliti: ne è toccato, perché essi sono i suoi figli (cf Zc 2,12 “Chi vi tocca, tocca la pupilla del mio occhio”). Ho ascoltato: l’ascolto diviene memoria, quindi storia! Conosco: conoscenza empatetica, si fa condivisione! La tradizione rabbinica si interroga sul perché Dio si siarivelato a Mosè in un roveto: “Dice rabbi Eliezer: Perché il roveto è il più umile degli alberi e Israele è il più umile dei popoli. E rabbi Josè: Perché il roveto è l’albero dei dolori e Dio soffre quando soffrono gli ebrei. Rabbi Nachman: La fiamma bruciava, ma il roveto non si consumava perché il dolore sarà eterno in Israele, ma Dio non vuole che il suo popolo si consumi” (Esodo Rabbà 2,5). Nello stesso testo rabbinico si dice: “Dio disse a Mosè: Ti rendi conto di come partecipo alle sofferenze di Israele? Io ti parlo circondato da spine come se partecipassi direttamente al tuo dolore” (Esodo Rabbà 2,2). Il Dio dell’Esodo: Paraclito! Avvocato che si prende cura degli schiavi. Schiavo Lui stesso.

2. Una bella pagina di Origene esprime efficacemente questa «passione di Dio»: «Quando mi rivolgo a uno e lo supplico di un favore, che abbia compassione di me, se è privo di pietà non lo tocca nessuna delle parole che gli dico; se invece è di animo sensibile e non ha alcuna durezza di cuore, mi presta ascolto prova compassione per me e si dispiega dinanzi alle mie preghiere un’interiore tenerezza. Riguardo al Salvatore, fai conto che accada la stessa cosa. Egli è disceso sulla terra mosso a pietà del genere umano, ha sofferto i nostri dolori, ha subìto le nostre passioni, prima ancora di patire la croce e degnarsi di assumere la nostra carne; se egli non avesse patito, non sarebbe venuto a trovarsi nella condizione della nostra vita di uomini. Prima ha patito, poi è disceso e si è mostrato». Come è avvenuta la manifestazione di Gesù abbandonato quale nostra specifica vocazione? Il 24 gennaio 1944 un sacerdote ci disse che il dolore più grande di Gesù è stato quando ha gridato sulla croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27, 46; Mc 15, 34) (Chiara Lubich, Il Grido). La passione, cupa e infernale, inizia al Getsemani. Gesù è colui che «è venuto per l’ora» (cfr Gv 12, 27), cioè per l’ora dell’innalzamento sulla croce. E nella croce Gesù raggiunge tutta l’umanità sofferente, e questo è il culmine dell’incarnazione: «Questo è l’uomo» (Gv 19,5)! Ma nella croce non c’è solo il raggiungimento delle vittime della storia, ma soprattutto la particolare sofferenza connessa all’abbandono di Dio patito da Gesù sulla croce e alla vergogna, all’ignominia proprie della morte in croce. Sulla croce Gesù è abbandonato dal Padre, non sente la presenza di Dio e – in questo senso – si può dire che Gesù sulla croce si trova nella situazione a-tea, di senza-Dio. «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34), grida Gesù sulla croce, e la Lettera agli Ebrei arriva a leggere la morte di Gesù come morte «senza Dio»: «Gesù … senza Dio provò la morte per tutti noi» (Eb 2,9, secondo un’antica variante). Gesù di Nazareth: non abbandona mai i suoi clienti. Donò tutto sè stesso per i suoi clienti. Non ne perde uno.

3. L’ “avvocato del diavolo”. L’altro Paraclito! San Giovanni fa un’affermazione esplosiva: “Lo Spirito non era stato ancora dato, perché Gesù non era ancora stato glorificato” (7,39). Lo Spirito Santo è misconosciuto. Il parente povero. L’ultima, la terza persona, una persona ben singolare. Le Sacre Scritture non lo definiscono. Lo descrivono. Somiglia al vento incorreggibile. Al fuoco che scalda e divora. All’acqua che disseta e purifica. Alla colomba che si libra nel cielo … Le scritture fanno vedere cosa fa. E giustamente. Egli è azione. Azione che trasforma. Lo Spirito – torniamo all’espressione 7,39 – non era ancora “conosciuto” perché non era ancora stato riconosciuto come colui che può sperare ogni trasformazione. In Dio stesso. Il dono supremo dello Spirito è in primo luogo la comunicazione della forza della risurrezione, fonte per eccellenza di santità. È presenza d’amore, presenza di chi assume la difesa e si prende cuore la causa. “È – si prenda la cosa con humour – come se fosse l’ “avvocato dal diavolo” davanti al Padre e al Figlio in difesa, passionale e appassionata, di noi, di tutti noi …” (Pierre Talec). Questo è il suo “dovere”!

4. La rivincita dello Spirito. Chi ascolta e accoglie le invocazioni, le suppliche, le grida, la rabbia, la disperazione, le proteste, i silenzi gridati di moltitudini di italiani, in questi tempi di pandemia? I politici? No. Sanno solo litigare. I loro culi consustanziali alle poltrone. Gli avvocati, i paracliti, che hanno sposato la loro causa: movimenti, associazioni, gruppi, famiglie, ditte, aziende, enti, privati, chiese, caritas, poveri e nullatenenti e … Davvero si respira lo Spirito Santo, come non mai. Il vaccino riuscito ed efficace contro ogni pandemia.

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