Titolo della settimana: Balla coi lupi, di  Kevin Costner, 1990.

Oggi proponiamo un film che a giusto titolo rappresenta il sogno di una nuova frontiera, nuova nel senso che negli Usa si rinnova di generazione in generazione: Balla coi lupi. Non a caso lo proponiamo in concomitanza con il cambio della guardia alla guida del paese leader del mondo occidentale. Proprio quando gli Stati Uniti d’America da Donald Trump passano nelle mani e, soprattutto, nella testa di Joseph Biden che si è detto pronto a ricompattare un’intero paese.

Finalmente, come avrete capito, è giunto il momento del Western, genere cinematografico per eccellenza, dato sempre per morto ma come i suoi eroi sempre in grado di rialzarsi e a incantare e intrattenere milioni di spettatori. Nel 1988 il buon Kevin  (ricordate Il grande freddo? già recensito) è in rampa di lancio con pellicole che entusiasmano il grande pubblico, soprattutto quello femminile,  tra queste The Untouchables di De Palma con De Niro e Sean Connery. Sempre in quel fatidico 1988 acquista i diritti di un libro di Michael BlakeDance with volves” in italiano Balla coi lupi, con il quale intende esordire alla regia,  che per lui grande estimatore del cinema western, e siamo in due, oltre che un onore diventa anche una grande sfida personale. Appena la notizia si sparge per le strade di Los Angeles e dintorni, con Hollywood a un tiro di schioppo, il nostro viene bollato per “pazzo”. Sinceramente non hanno tutti i torti per pensarlo. Ma il buon Kevin non molla di un centimetro, anzi rilancia, perché oltre ad essere attore protagonista e regista pretende anche il Director’s cut ovvero l’ultima parola in fase di montaggio definitivo della pellicola, questo onde evitare che a qualche produttore venga in mente di cambiare o sforbiciare a piacimento il film una volta consegnato . Finalmente nell’estate del 1989, trovato l’accordo con la casa di produzione Life International, si da il via alle danze o meglio in questo caso ai balli.

Location del film sono tra il South Dakota, il Kansas, il Nebraska e il Wyoming, radunando accanto a sé una folta rappresentanza di attori fino ad allora sconosciuti e pescando tra i veri nativi americani, tra i quali Costner si era guadagnato stima e fraterna amicizia, proprio come il grande John Ford quarant’anni prima per Ombre rosse con i Navajos dell’Arizona. La pellicola finita venne consegnata alla produzione, l’unica concessione di Kevin è stata quella di far uscire nelle sale, ma come da contratto sotto la sua supervisione, la versione di 181m anziché quella di 236m, di questo parleremo. Il film alla faccia degli avvoltoi hollywoodiani e di chi sosteneva che il western era morto divenne da subito un Classico, incassando 185 milioni di dollari soltanto nel Nord America e 424 nel resto del globo, portando oltre la gloria, ben sette statuette tra le quali quella di miglior regista: da quella Hollywood che qualche anno prima lo considerava un “pazzo”. Ma la più grande soddisfazione per Costner secondo me, è stata quella di aver messo tutti d’accordo, amanti (io per primo) del genere e non e anche quelli che no vedrebbero un western neanche sotto tortura indiana, per restare in tema.

… Per quei quattro o cinque che ancora oggi non conoscessero la trama, eccola.

Il Tenente John Dumbar dopo un atto di eroismo compiuto durante la guerra di secessione, ottiene come premio il diritto di scegliersi la prossima destinazione. Il Tenente senza esitare chiede di poter vedere la frontiera prima che scompaia definitivamente. Detto fatto, il nostro viene spedito a Fort Sedgewich ultimo avamposto prima di essa. Tutto questo avviene nei primi venti minuti di pellicola, il resto tocca a voi scoprirlo. Perché si cavalca dritti dentro la storia del cinema tra praterie, cavalli, incontri speciali, imboscate indiani e giacche blu e anche una storia d’amore che secondo me resta la parte più debole del film, ma che possiamo tranquillamente perdonare visto il risultato finale dell’opera. Costner centra il bersaglio grosso con questo western “fuori tempo massimo”.

Tutto questo e molto altro ancora troverete in questo magnifico film di cui consiglio la versione lunga perché molto più dettagliata e completa. Colonna sonora di John Barry che non si dimentica con fotografia e scenografia mozzafiato,  dove Dumbar griderà in faccia ai suoi ormai ex commilitoni “il mio nome è Balla coi Lupi e non vale la pena parlare con voi”, questo è grande cinema. Due anni più tardi ci penserà un’altra leggenda(vivente) a confermare e certificare che il padre di tutti i generi non muore mai, Clint Eastwood con Gli Spietati, e che non a caso l’anno successivo, era il 1993, vorrà con se Kevin Costner nel bellissimo Un mondo perfetto, nella parte di un delinquente dal cuore d’oro ricercato per evasione in tutto lo stato del Texas. Siamo nei dintorni di Dallas qualche giorno prima della visita del Presidente Kennedy. L’America sta per perdere per sempre la sua innocenza e il grande sogno americano, come la frontiera sta per svanire.

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