Prometo era un Titano particolare, non solo come tutti i suoi pari si dilettava a sfidare gli dei di nuova generazione ma era anche amico dell’umanità.
Il vero affronto che egli fece al potere costituito dell’Olimpo fu il tentativo di liberare l’Uomo dal bisogno, donandogli il “fuoco” che gli era vietato detenere: diamogli la canna da pesca – avrà pensato Prometeo, che significa appunto “Colui che pensa prima”- piuttosto che il solito tozzo di pane.
Zeus non gli perdonò la disubbidienza e lo condannò ad una pena atroce: legato sulla roccia preda per l’eternità di un’aquila che gli strappava il fegato ad ogni ricrescita.
Adesso, osservando l’esplosione di incendi che stanno rosicchiando la terra in ogni dove, lo stesso Platone che a suo tempo lodò il Titano buono, si stara interrogando sulla lungimiranza e sul sacrificio di Promoteo.
Zeus se ne rese subito conto: “Ma non vedete come sono sciocchi gli umani, si riuniscono costruendo grandi città per proteggersi dalle belve e poi, passato il pericolo, tornano a farsi del male perché non conoscono l’arte della politica, quindi insegnatela a tutti gli uomini, nessuno escluso”.
E quando Epimeteo (che significa “Colui che pensa dopo”) sbalordito chiese a Zeus: “Proprio a tutti?”, quest’ultimo risposte fermo «A tutti – e tutti ne siano partecipi; infatti non esisterebbero città, se pochi fossero partecipi di rispetto e giustizia… ”! Come dargli torto, in effetti non è che si diventa capo degli dei a caso…
Fatto sta che anche alle soglie del terso millennio si dimostra che condividere l’arte della pacifica convivenza è impresa che supera di gran lunga anche la più valorosa impresa “titanica”.
A ben vedere dallo scatto che ho realizzato con il mio cellulare mentre attraversavo il tunnel di fiamme sui Climiti, pare che lo stesso fuoco si stia ribellando al suo criminale uso dei terrestri, dirigendosi verso il sole per trovare riparo ritornando da dove era venuto.
Se è vero che solo Ercole potrà liberare Prometeo dalle sue catene, a noi oggi si chiede molto meno: solo un po’ di gratitudine per il sacrificio del Titano buono evitando che il grande dono di cui ci ha resi partecipi diventi invece la nostra condanna per la mancanza di rispetto verso noi stessi e la terra che ci nutre.