Ancora fino al 31 dicembre si potrà visitare  la nuova temporanea pavimentazione per la Sala Ipostila del Castello Maniace (castello edificato nel XIII secolo su iniziativa di Federico II di Svevia). Passi, avviata nel 2003, è il titolo di una coinvolgente installazione itinerante di Alfredo Pirri, uno dei maggiori esponenti dell’arte contemporanea italiana, attivo a partire dagli anni Ottanta. Ottocento metri quadrati ricoperti di specchi calpestabili, dove si moltiplicano le immagini delle volte a crociera, delle colonne in pietra luminosa, della sobria architettura normanna. Si tratta della più grande edizione dell’opera realizzata fin qui in uno spazio chiuso, seconda solo a quella a cielo aperto pensata per il Foro di Cesare. L’installazione trova un modo per ridisegnare l’ambiente, realizzando un completo compendio tra architettura e natura, tra storia e arte contemporanea.

Il pubblico, protagonista di una performance collettiva, frantuma lentamente gli specchi camminandovi sopra alla superficie, calpestabile in sicurezza grazie al tipo di materiale utilizzato, diventa protagonista di una performance collettiva. Sul pavimento in frantumi “galleggiano”, come testimonianze emerse dagli abissi, alcuni reperti provenienti dal Museo archeologico “Paolo Orsi” di Siracusa, in dialogo con le leggerissime sfere colorate realizzate dall’artista: sono pesanti “proiettili” in pietra di antiche catapulte, divenuti qui oggetti misteriosi, metafisici, dal forte valore simbolico e formale.

Con Passi Pirri ricopre i pavimenti di specchi, moltiplicatori di luce, spazio, linee, forme: il soffitto e le pareti si sdoppiano sul piano riflettente, così che la realtà risulti espansa, irregolare, frammentata. Una magia che trasporta il visitatore in una diversa dimensione percettiva, simile a un sogno o un turbamento. Un modo per rinforzare che la storia va riletta criticamente, in quanto spunto per nuove riflessioni. Non una mostra, di cui il castello sia contenitore, ma una grande operazione di rilettura e reinvenzione temporanea del castello stesso. E’ un’occasione che induce, vuoi o non vuoi, a riflettere, guardando dall’alto in basso è disinganno, un gioco di luci che fa carpire non tanto l’altezza che ci separa dal pavimento ma ciò che colpisce immediatamente è l’ immagine viva del proprio sorriso che si mescola allo stupore e meraviglia che invade l’intero viso. Mentre si sente il rumore dello specchio frantumarsi mi viene in mente la famosa citazione dal film l’Attimo Fuggente di John Keating: “sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse”. E il mondo appare diverso da quassù.

E’ proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva”. Lo specchio legato al senso della vista, strumento umano di indagine del sensibile, ma adatto anche a scrutare l’oltre. Ecco che lo sguardo ha una duplice funzione: vedere con gli occhi non è tutto. Gli occhi sono infatti anche “specchio dell’anima” e quindi tramite fra esteriorità ed interiorità. Lo specchio ci consente di gettare lo sguardo sul nostro volto (almeno per similitudine), quel volto che altrimenti ci sarebbe il più straniero di tutti, e soprattutto ci consente di affacciarci su un mondo diverso: il mondo capovolto, il mondo degli opposti.

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