Titolo della settimana: Guardie e ladri di  Monicelli e Steno,1951.

Ogni giorno il nostro incontro in teatro – mai prima delle 13.00, Totò era nottambulo, io mattiniero, lui arrivava fresco, leggero ed io che avevo già sforchettato pesantino – avveniva sempre con due bacetti, uno de qua e uno de là, poi cominciavamo l’allegro gioco della recitazione; c’era soltanto un inconveniente, che diventando spettatori di noi stessi, ci capitava di non poter andare avanti per il troppo ridere“.

Una data segnata in rosso quella dei 70 anni di una pellicola che definire un classico è anche poco, basti pensare al titolo, usato e abusato ancora oggi e diventato un modo di dire in qualunque discorso o situazione rientri. Nel 1951 Aldo Fabrizi inaugura con Guardie e ladri la fortunata collaborazione con Totò. Pellicola non a caso darà al Principe le prime soddisfazioni a livello di critica e riconoscimenti prestigiosi, questo perché la sua indiscutibile bravura viene messa al servizio della storia e non viceversa, come invece accadeva quasi sempre nei suoi lungometraggi. Basterebbe solamente leggere i nomi degli sceneggiatori per capire che siamo di fronte ad un capolavoro: Monicelli e Steno, anche registi, Flaiano, Maccari, lo stesso Fabrizi e il nostro conterraneo DOC Vitaliano Brancati, che danno vita ad una pellicola con evidente impronta neorealista, girata per le strade di Roma, ma lontana dal centro storico, questa è la Roma delle borgate, periferica, siamo nell’immediato dopoguerra, la Nazione si lecca ancora le ferite e si vive alla giornata, come Ferdinando Esposito -Totò, piccolo truffatore più per necessità che per convinzione, sulle cui tracce si getta il brigadiere Lorenzo Bottoni -Fabrizi che deve lo deve riacciuffare anche per salvare il proprio posto di lavoro. ..avrete capito che ne vedremo delle belle. Ancor più di Peppino, secondo me, senza nulla togliere, è stato Fabrizi ad offrire i migliori, per usare un termine calcistico, assist all’estremità incontenibile di Totò, ma senza mai cedere la scena di un millimetro.

Se vi capita di vedere i film della coppia vi accorgerete subito che Totò non divora il film perché il coprotagonista è in tutto e per tutto alla sua altezza. Siamo nel 1951 e già cominciano a intravedersi i primi germi  della commedia italiana che dà lì a poco esploderà con lo stesso Monicelli, Germi, Risi ed altri a fare grande la nostra cinematografia. Fotografia in un bianco e nero spettacolare del futuro maestro del giallo – horror Marione Bava. Musiche di Cicognini. Accanto ai due mattatori, nel cast troviamo: Ave Ninchi. Carlo Delle Piane, futuro  avatiano, Carlo Giuffrè e Rossana Podestà. Premio a Cannes per la miglior sceneggiatura e Palma d’oro a Totò, che nello stesso anno vinse anche il Nastro d’argento. Nonostante la censura bigotta dell’epoca si accanì sulla pellicola per ragioni che soprassediamo per questioni di lunghezza, il pubblico si identificò in questo dramma comico e il successo fu enorme. A proposito quest’anno sono 70 candeline quindi vederlo o rivederlo è un obbligo, per una pellicola che non può mancare in nessuna videoteca.

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