Titolo della settimana: È stata la mano di Dio, 2021 di Paolo Sorrentino.
È stata la mano di Dio a salvarti” dice zio Alfredo, un sempre incisivo Renato Carpentieri, al  nipote Fabietto, uno dei tre figli di Maria e Saverio, adolescente dal futuro incerto, studente intimidito dall’altro sesso ma innamorato di zia Patrizia in una tipica, colorata e numerosa famiglia napoletana, tra gli scherzi di mamma Maria e i consigli di un padre molto presente ma che cela un segreto, e poi il microcosmo che ruota attorno come la signora Carmela o il fidanzato zoppo dell’altra zia.
In È stata la mano di Dio, sua ultima recente fatica, Sorrentino fa pace col suo passato, o forse no, (auto) raccontando (si). La storia di Fabietto e della turbolenta e affascinante Napoli degli anni 80. Una famiglia che sembra uscita dalla più classica commedia italiana, primi pruriti sessuali, l’amicizia sincera con un contrabbandiere, sullo sfondo il cinema, “vorrei diventare un regista” confida il nostro a zia Patrizia, e poi Fellini e le donne. Quasi un Amarcord questo del più grande regista italiano vivente che si specchia in quello del Maestro. Mentre cresce l’attesa per l’avvento del messia, un argentino riccioluto, basso di statura, martoriato in Spagna che sembra “o munaciello” delle leggende napoletane, destinato a diventare una divinità: Diego Armando Maradona. E tocca proprio al monaciello insieme a San Gennaro, sotto forma di Enzo De Caro, storico componente del trio La smorfia, aprire il film con una scena onirica in perfetto stile sorrentiniano, non prima di averci regalato una panoramica mozzafiato che scendendo dall’alto, abbraccia tutta Napoli e il golfo per poi infilarsi nei vicoli misteriosi della città. Un Sorrentino che è come un fiume in piena e travolge tutto e tutti con le onde delle emozioni. Diego diventa per Fabietto un motivo in più per guardare avanti, perché quella maledetta sera doveva essere insieme ai genitori, e fu quella sera, come sostiene zio Alfredo, che Diego Maradona fece il miracolo, quello zio che arriva ad affermare “Se Maradona non viene a Napoli io mi uccido“.
La pellicola uscita a un anno dalla morte di Maradona ci fa’ toccare con mano cosa ha significato Diego per tanti napoletani e non, e Sorrentino dimostra la sua gratitudine facendolo anche vedere, seppur per pochi attimi, ma soprattutto sentire, come una presenza che aleggia a volte silenziosa, come la sua attesa, a volte tumultuosa, come i gol contro l’Inghilterra festeggiati sotto il Vesuvio come fosse il Napoli. È stata la mano di Dio sta in perfetto equilibrio tra la commedia, Sorrentino ha dichiarato apertamente di essersi ispirato a Troisi, per poi virare bruscamente al dramma, quasi un pugno nello stomaco, che dimostra, secondo il regista, quanto flebili e delicati siano i rapporti familiari. Aspettavo da molto tempo ormai il “ritorno ” di Sorrentino, quello che stupì e ci fece innamorare con L’uomo in più, Le conseguenze dell’amore, Il Divo, perché da La grande bellezza in poi, nonostante l’Oscar e i vari riconoscimenti, si era visto un regista più propenso a specchiarsi in se stesso, nella sua bravura, quasi un esercizio di stile. Personalmente invece è questo il Sorrentino che preferisco, ed è come ritrovare un vecchio amico. Nella  pellicola c’è tutto il suo mondo da Diego all’aspetto religioso che a Napoli va di pari passo con il folklore e la scaramanzia col monaciello, spirito leggendario, quasi nano, simbolo di fortuna o disgrazia. A Filippo Scotti-Fabietto, il premio Mastroianni per il miglior attore emergente, Teresa Saponangelo una sorpresona, Tony Servillo solita garanzia e qui ancora di più, bravo nel fare un passo indietro e lasciare il palcoscenico a Scotti e alla Saponangelo, con il resto del cast dove spiccano Luisa Ranieri, in un ruolo difficile e sofferto e Betty Pedrazzi, due donne fondamentali per il percorso formativo del giovane, insieme all’incontro col  regista Capuano. E poi la catarsi finale con Napule è di Pino Daniele. A proposito di Servillo, Sorrentino una volta gli disse “Un giorno sarai mio padre“. Promessa mantenuta.
Quando il cinema italiano vola alto… mi sbilancio, sento profumo di Oscar. Buone feste e buona visione.
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