L’omaggio al Presidente del Parlamento Europeo che, da giornalista, venne anche premiato a Siracusa
Nicola stava seduto sul sedile posteriore. Era contento e armeggiava con il suo telefonino nuovo di zecca: un Nokia 3310 con la scocca color blu. Stringeva quel cellulare illustrandone caratteristiche e funzioni (soprattutto la gamma di suonerie che, ovviamente attivava una dopo l’altra) con una naturale sfrontatezza che solo i più piccoli sanno avere.
Lui gli stava seduto accanto: dallo specchietto retrovisore riuscivo a vedere che ascoltava, annuiva e con tanto garbo e altrettanta pazienza teneva la discussione con quel bambino che era assolutamente incurante degli inviti rivoltigli a “non disturbare”e degli innumerevoli “lascialo in pace, dagli tregua…” che inutilmente lanciavo.
Nicola è mio figlio; questo frammento di piccola quotidianità risale a una ventina abbondante di anni fa, a un periodo a cavallo tra fine del vecchio e inizio del nuovo millennio. Chi gli stava accanto in auto era David Sassoli che ho incrociato nel mio cammino professionale e da vicino solo in quella occasione. In quel momento fresco di approdo al Tg1 Rai e subito diventato uno dei volti più familiari per milioni di telespettatori del servizio pubblico, David Sassoli era stato individuato dalla commissione di valutazione (della quale facevo parte) come vincitore del Premio nazionale di giornalismo promosso in quel periodo dal Kiwanis Club di Siracusa. Una serie di febbrili contatti, grazie anche ai buoni uffici di una collega collaboratrice della Gazzetta del Sud, Teresa Stuto, amica personale di David Sassoli, e alla fine il giornalista era salito sull’aereo ed io ero andato in aeroporto a prenderlo.
Il dettaglio di questo episodio, che non era nitidamente affiorato prima di questi giorni nei quali in appena 24 ore abbiamo appreso prima del ricovero e quindi della morte di David Sassoli, è prepotentemente venuto fuori mentre, parlando con Nicola, sullo schermo della tv scorrevano le immagini dell’apertura della camera ardente in Campidoglio per l’omaggio al Presidente del Parlamento Europeo. Vedere tutta quella gente in fila ordinata attendere per ore per riuscire a stringersi anche solo per pochi minuti in devoto raccoglimento davanti alla bara di David Sassoli mi ha colpito. Così come mi aveva colpito, subito dopo che si era diffusa la notizia della sua scomparsa, l’assoluta unitarietà e positività dei giudizi sull’uomo. E qui parlo dei giudizi espressi dalla gente comune, da chi dunque ha parlato della percezione che ha avuto, non parlo della politica o dei ricordi di chi gli era stato accanto nelle redazioni dove aveva lavorato o nelle aule parlamentari che aveva frequentato. Giudizi unanimamente positivi (a parte, ovviamente, odiatori seriali e bastian contrari di professione) che “parlano” da soli di come la sua figura, la sua attività – di giornalista ieri, di politico oggi – avesse generato una simile percezione. Ci sarà stato un segreto? Non so. O, a pensarci meglio, lo so. Il “segreto” sta in quella straordinaria disponibilità verso gli altri, in quella bella predisposizione all’ascolto necessaria per un buon giornalista, indispensabile per un buon politico. Un atteggiamento inclusivo, un’attenzione verso le ragioni e le esigenze dell’altro (chiunque esso fosse stato) che ha rappresentato la cifra distintiva della sua azione da cronista, prima e da parlamentare europeo dopo. Caratteristica che ha tenuto saldo anche quando è stato investito della responsabilità di guidare il Parlamento Europeo in uno dei momenti più complicati della sua ancora giovanissima storia. E allora, forse, quel suo segreto, senza nemmeno che me ne rendessi conto, David Sassoli me lo aveva confidato già quel giorno di oltre venti anni fa mentre, pazientemente, seduto nella mia auto ascoltava un bambino che ad ogni costo voleva parlargli del suo telefonino…
[*] Ex Post (nel senso che volevo scrivere un post ma è venuto troppo lungo…)