La situazione di lenta ripresa dei paesi europei  dal flagello della pandemia,  ora indirettamente colpiti dal conflitto bellico tra Russia e Ucraina, si avvia ad un ulteriore rallentamento.  Il rischio di una recessione è dietro l’angolo ma non è il solo. Gli economisti danno quasi per scontata una  prossima stagflazione, che si verifica quando ad una bassa crescita corrisponde l’aumento dell’inflazione, che comporta, come effetti diretti,  la contrazione dei risparmi e dei consumi, la crescita di tensioni sociali, il possibile aumento della disoccupazione.  Per le istituzioni europee la stagflazione determina, come un Giano bifronte, una difficile scelta di segno opposto: se la Banca Centrale aumenta i tassi, deprimerà la crescita, già in difficoltà per le conseguenze della guerra;  per contro, se non cercherà in tutti i modi di frenare l’aumento dei prezzi  castigherà le aspettative, con la possibilità concreta di una svalutazione di fatto dell’euro rispetto al dollaro.

Anche se un eventuale calo dell’euro potrebbe promuovere  le esportazioni, l’attività delle industrie è fortemente rallentata dall’alto prezzo dell’energia e dalla difficoltà di rifornirsi di materie prime. Per mitigarne gli effetti saranno necessarie misure di sostegno a tutti i settori colpiti ed alla transizione energetica. Quest’ultima sarà necessariamente messa temporaneamente da parte: si riparla di rigassificatori, centrali a carbone, aumento dell’estrazione del gas italiano, e si guarda nuovamente alla Francia ed alla sua produzione di energia nucleare.  Inoltre,  si avverte maggiormente la necessità che l’Europa si doti di una  politica comune in campo militare.

Le sanzioni adottate finora – tra le quali per la rima volta in assoluto la sospensione degli scambi interbancari  con le banche russe e la sospensione dell’utilizzo delle carte di credito – dovrebbero isolare la Russia per le transazioni finanziarie, ormai indispensabili  nel mercato globalizzato, ma i sovietici stanno cercando aiuto rivolgendosi alla Cina e ad altri paesi amici. Il blocco dei beni degli oligarchi ed i molteplici appelli unitamente alla condanna espressa  dalla maggior parte dei paesi aderenti all’ONU saranno  sufficienti per intensificare le trattative diplomatiche ed arrivare ad un definitivo accordo di pace? Secondo un’analisi riportata da più parti, e condivisa dal giornalista economico Oscar Giannino, molte grandi imprese europee non pensano di abbandonare definitivamente il mercato russo, anzi pensano che se una guerra fredda di lungo termine porterà imprese americane  al ritiro definitivo  dalla Russia, sia utile restare e prendere gli spazi lasciati liberi.

Ad accrescere  le difficoltà non  ci sono solo i rincari energetici. Una crisi alimentare è possibile:  Russia e  Ucraina forniscono 100  tonnellate di grano al mercato globale, un quarto del totale, scarseggia la fornitura di mangimi alimentari, che noi importiamo in larga parte. Si stima che l’80% dei prezzi stia aumentando e l’inflazione, già elevata  (a febbraio 2022 in italia 6.2% contro 1% del febbraio 2021 – fonte Eurostat), tende ad aumentare e colpirà pesantemente i risparmi delle famiglie.

A Siracusa il Presidente di Confindustria, Diego Bivona, ha messo in luce un altro aspetto critico, che riguarda direttamente la nostra realtà produttiva, dichiarando che: “ la demonizzazione di qualunque cosa sia riconducibile, ancorché lontanamente, alla Russia sta infatti causando un eccesso di cautela e la sospensione dei normali rapporti commerciali anche nei confronti di società industriali di diritto italiano con sede legale in Sicilia, a tutti gli effetti aziende italiane, che per il solo fatto che il loro azionista di maggioranza è una società privata russa, non statale e non sanzionata, si vedono negare la fornitura di servizi e parti di ricambio essenziali ai fini della produzione. Ciò  causa seri problemi al polo industriale siracusano, col rischio di travolgere molte delle realtà produttive della nostra provincia, ancora molto deboli a causa della crisi sanitaria da cui non si sono completamente riprese”.

Nell’auspicare che si pervenga per vie diplomatiche alla cessazione delle ostilità e ad una pace duratura, non possiamo ignorare che il conflitto ci abbia aperto gli occhi sull’incertezza per il nostro futuro, e anche per la libertà, che noi diamo per scontata, quando si verificano simili eventi le prospettive non sono rassicuranti.

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