Occasioni mancate e ricordi traditi a cinque cerchi

Luigi Busà il suo splendido oro olimpico conquistato a Tokyo nel karate (specialità kumite) lo tiene orgogliosamente al collo. Nei suoi occhi, ancora dieci giorni dopo,  si legge chiaramente la gioia per un’impresa sportiva che, come ha più volte detto, non la considera una vittoria solo personale. Scorrono veloci i giorni per Luigi: ieri sul podio di Tokyo, a cantare l’inno di Mameli mentre il tricolore saliva sul pennone più alto, oggi all’aeroporto di Catania dove ad accoglierlo non c’erano soltanto i suoi familiari (come era accaduto sin qui anche dopo significativi successi internazionali)  ma una vera e propria folla di sostenitori che lo ha osannato, se lo è conteso per il selfie… E poi la … marcia trionfale sino ad Avola su di un mezzo scoperto che faticava a farsi strada tra la folla, gli striscioni nei principali incroci, il canto degli Italiani intonato (?!) a squarciagola a fare da colonna sonora, l’incontro a Palazzo di Città con la consegna della benemerenza civica da parte del sindaco di Avola.

Insomma, una gran festa alla quale – però – tutto il resto della provincia siracusana (capoluogo compreso) sembra quasi non aver preso parte. E non si capisce bene come mai. Oltretutto delle cinque medaglie complessivamente conquistate da atleti siciliani l’unica del metallo più pregiato è proprio quella vinta da Luigi Busà, da Avola, provincia di Siracusa.

Eppure se c’era un anno nel quale Siracusa avrebbe avuto a buon diritto fare ancora più festa sarebbe stato proprio questo. L’edizione olimpica 2020 (che causa covid è slittata avanti di un anno senza tuttavia che ciò comportasse lo slittamento a cascata anche delle prossime edizioni tant’è che la competizione a cinque cerchi tornerà adesso fra tre anni, con Parigi 2024) è caduta nel 60.mo anniversario (per il ragionamento di cui sopra di anni ne sono effettivamente trascorsi 61) dei giochi olimpici di Roma 1960. E in quell’Olimpiade Siracusa ebbe un ruolo storicamente decisivo. La fiamma olimpica, partita dalla Grecia, fece il suo ingresso sul territorio italiano per arrivare a Roma proprio a Siracusa. Era il 18 agosto 1960. Una data che la città, invece, continua a non onorare degnamente lasciando al più all’encomiabile iniziativa di qualche associazione o appassionato di sport  il compito di fare memoria. E, invece, ricordare – in ogni campo – aiuta a guardare avanti con maggiore consapevolezza.

Così di quella storica giornata di 61 anni fa  quando il Sacro Fuoco di Olimpia arrivò a bordo della nave “Vespucci” a Siracusa, in una Marina traboccante di gente,  oggi rimane solamente il tripode nello spazio antistante l’area dei mezzi nautici della Guardia Costiera (o meglio, si tratta di una copia, restaurata per altro una ventina di anni fa per iniziativa di un club service). Un luogo, per altro, evidentemente non accessibile considerata la su attuale destinazione.

Ecco, la splendida opportunità data dalla conquista della medaglia doro olimpica del siracusano Luigi Busà avrebbe potuto dare il migliore degli assist per imbastire – anche al volo e sia pur con tutte le inevitabili limitazioni derivanti dal particolare momento che stiamo vivendo per via della recrudescenza della pandemia – una cerimonia, un piccolo momento celebrativo, un momento di incontro per fare degnamente memoria di quello storico passaggio della fiaccola olimpica che ebbe in Concetto Lo Bello il primo tedoforo in terra italiana. La sua elegante corsa con indosso una candida divisa bianca, con quell’incedere cadenzato e solenne al tempo stesso come sottolinearono le cronache del tempo, tra due ali di folla, resta ancora oggi un’immagine indelebile nel ricordo dei testimoni di quella memorabile giornata. Ma così, invece, non è stato. Oggi  nulla è in programma per ricordare quel momento in cui Siracusa fu al centro del mondo sportivo. Con la conseguenza che l’aver mancato una bella opportunità per rivivere – e far conoscere a chi è più giovane – oggi ci rende tutti, inevitabilmente un po’ più poveri. Anche se, per fortuna, il luccichio dell’oro di Luigi Busà sta lì a ricordarci la magia dello sport fatto di passione, impegno, sacrificio e completa dedizione, sta lì a ricordarci come i cinque cerchi olimpici sappiano regalare emozioni, soddisfazioni e ricordi impressi a fuoco nella memoria che sanno anche andare oltre la nostra (colpevole) “distrazione”.

[*] Ex Post (nel senso che volevo scrivere un post ma è venuto troppo lungo…).

 

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