Titolo della settimana: Una Squadra di Domenico Procacci.
Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci, Adriano Panatta, Tonini Zugarelli, Capitano non giocatore Nicola Pietrangeli.
Penso bastino i nomi. La Coppa Davis nasce nel 1900 ed è la competizione mondiale di tennis per nazioni. Nel 1976,dopo un’esaltante percorso, la squadra azzurra, che sino ad allora non aveva mai vinto, arriva in finale da favorita, ma intorno a quell’evento si scatena una battaglia politica. Nei quattro anni successivi questa squadra formidabile raggiungerà la finale altre tre volte, contro Australia, Stati Uniti e Cecoslovacchia, e cosa di non poco conto, giocando sempre in campo avverso e contro avversari fortissimi, scrivendo pagine di sport e di vita memorabili, che grazie al lavoro di Domenico Procacci diventano prima un docufilm e poi una docuserie imperdibile.
Un documento storico di enorme valenza, dove quattro eroi del nostro tempo, più uno, Nicola Pietrangeli, raccontano aneddoti e emozioni di quegli anni che raggiungono la punta massima con i giorni di Santiago del Cile, sede della finale 1976, dove lo sport incrocia pericolosamente la politica, in quei giorni caldi per il popolo cileno che tre anni prima vede l’avvento al potere, con un feroce golpe, del generale Pinochet. La serie riesce anche a far percepire il clima di paura che si respirava nella capitale cilena.
Gli azzurri rischiano seriamente di non partire, ma una lettera inviata in Italia dai comunisti cileni con la “mediazione” di Enrico Berlinguer, pare sbloccare lo stallo, infatti questi sono preoccupati, che la mancata partecipazione azzurra conferisca la vittoria, seppur a tavolino, al Cile del dittatore e quindi faccia il gioco del governo. Nelle piazze italiane scoppia la contestazione, che investe anche le più alte cariche, “Panatta milionario, Pinochet sanguinario” lo slogan più gettonato, insieme a insulti e minacce di morte al capitano Pietrangeli, costretto a muoversi sempre scortato. Si muove anche Giulio Andreotti. Ma ormai la decisione è presa: si parte! Destinazione Santiago del Cile. L’Italia è nettamente favorita, visto il divario tecnica delle forze in campo, perdi più il nostro numero 1 Adriano Panatta vive la miglior stagione della carriera, che lo ha visto vincere gli Internazionali di Roma, il suo giardino di casa, dove è nato e cresciuto, poiché papà Ascenzio ne era il custode ed appassionato. E poi subito dopo trionfare a Parigi al Roland Garros, unico slam vinto da un tennista italiano da quando questo sport è diventato professionistico, e raggiungendo in quel magico 1976 la posizione numero 4 della classifica mondiale. Dopo gli incontri della prima giornata del 17 dicembre siamo già Italia 2 Cile 0, il giorno successivo è di scena il doppio, che visto il punteggio potrebbe già sancire con anticipo il trionfo della squadra. Bertolucci e gli altri percepiscono che Panatta ha in mente qualche uscita delle sue. E non sbagliavano. Infatti il romano chiama Paolo e gli dice “Oggi indossiamo le magliette rosse“, Paolo risponde “Ma sei matto! qua o vi arrestano o ci fucilano“, “E famme fa sta provocazione” rilancia e come al solito vince il numero 1.
Risultato: trionfo totale in campo e fuori. Soltanto tempo dopo si seppe che le autorità cilene avevano inviato al nostro governo una lettera ufficiale di protesta. Panatta ancora oggi dice “Rifarei tutto “. Questa e altre storie inedite troverete in questo docufilm o docuserie, specchio fedele di quegli anni, raccontati in prima persona dai protagonisti, ne viene fuori un racconto che è qualcosa di unico, tra serate, lunghi viaggi, gioie, contrasti e anche furiosi litigi, come la volta dove in un torneo negli States, Panatta e Bertolucci non si rivolsero la parola per cinque giorni, nonostante giocavano e dormivano insieme, “Eravamo come marito e moglie” ricorda scherzosamente Bertolucci. Non finiremo mai di ringraziare Domenico Procacci, già produttore di successo, ma qui per la prima volta in cabina di regia. Ci regala una storia italiana che era necessario venisse raccontata e nella quale vengono messi in risalto doti tecniche e umane di ogni singolo personaggio, da Panatta e Pietrangeli, attori nati nella vita anche fuori dal rettangolo agli altri.
Un omaggio a delle leggende con un documento che va oltre i confini dello sport stesso, e diventa veicolo per combattere dittature e razzismo di ogni tipo, e la storia attuale insegna che non bisogna mai abbassare la guardia. Per chi vuole approfondire questa storia italiana, si consiglia di recuperare La maglietta rossa del 2009 di Mimmo Calopresti presentato al Festival di Roma. Buona visione e buone emozioni.