Titolo della settimana: Il Gattopardo di Luchino Visconti, 1963.

Dobbiamo cambiare tutto, affinché niente cambi“, facile partire da qui, parole che Tancredi pronuncia davanti al Principe di Salina-il Gattopardo, nonché suo zio, un monumentale Burt Lancaster. Siamo nel 1963,quando Visconti ci invita ad un viaggio a ritroso di 100 anni,nella Sicilia che si preparava al passaggio dal regno Borbonico a quello d’Italia, con il Principe di Salina impegnato nel mantenere la sua integrità affidandosi al giovane Tancredi -Alain Delon, il nuovo che avanza e del quale approva, seppur a malincuore, l’unione con la bellissima Angelica-Claudia Cardinale ,figlia del Sindaco di Donnafugata, anche lui esponente della nuova classe. Nel1958 Goffredo Lombardo, boss della Medusa, acquista i diritti del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e affida la regia prima a Mario Soldati, poi a Ettore Giannini, per niente contento va sul sicuro, su quel Luchino Visconti in quel momento all’apice, il quale incarica subito i suoi fidati, tra cui Suso Cecchi D’Amico a mettere mano alla sceneggiatura e nel solco di Senso del 1954 continua il suo discorso sui vari eventi della storia del nostro paese e le sue magagne. Quando sempre l’irascibile Lombardo si presentò sul set siciliano, nel vano tentativo di ridurre i costi che stavano lievitando, Luchino lo accolse così : “Caro Lombardo questo film lo posso fare solo così. Se lei vuole può anche sostituirmi“. Lo stesso Visconti inizialmente non riteneva Lancaster l’attore giusto per la parte, cercò invano di  avere Laurence Olivier e Orson Welles, ma col passare dei giorni dovette ricredersi, dopo scintille iniziali, nacque una grande amicizia e 10 anni più tardi girarono un’altra perla viscontiana: Gruppo di famiglia in un interno. Ma torniamo in Sicilia, il regista non tradisce lo spirito del romanzo, la pellicola è la cronaca degli eventi, dove la classe aristocratica viene soppiantata dal ceto medio, questo lo sa bene uno sveglio Tancredi, e anche Fabrizio, che sacrifica l’amore della figlia Concetta per il nipote preferendole Angelica di Sedara soprassedendo al fatto che la giovane e il padre Calogero siano distanti dal suo mondo, prova ne è il rifiuto alla proposta del cav. Chevally, inviato dal neonato regno d’Italia dì diventare Senatore, nonostante ne sia onorato per disillusione nel futuro e per non tradire i propri ideali. “Noi fummo i gattopardi, i leoni e quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene e tutti quanti i gattopardi, i leoni, sciacalletti e pecore continueremo a crederci il sale della terra“. Tutto questo materiale storico meriterebbe pagine di approfondimento, che io semplice appassionato non sono in grado di dare.

Il tutto viene esaltato da un Giuseppe Rotunno in stato di grazia, che ci regala incastonate nella storia due gemme che hanno fatto scuola. L’assalto garibaldino a Palermo e l’inarrivabile gran ballo aristocratico della durata di 45minuti che sembrano volare, tra carrellate e panoramiche con il realismo dei costumi e il clima della fine di un’epoca. Tanto che Douchet, uno dei massimi esponenti dei Chaiers du Cinema parigini disse” Durante la visione era impossibile staccare gli occhi dallo schermo, ogni fotogramma un quadro “. Visconti come sempre dava il meglio di sé nelle location e i costumi con i fedelissimi Mario Garbuglia e Pietro Tosi. Per la residenza estiva dei Salina si scelse Villa Boscoreale a Palermo che venne praticamente rifatta con le scene del ballo girate a Palermo nel Palazzo Valguarnera -Gangi, altre scene vennero girate a Palazzo Chigi di Ariccia e a Palazzo Manganelli a Catania. Nel sontuoso cast anche Romolo Valli, Lucilla Morlacchi, Paolo Stoppa, i giovanissimi Maurizio Merli, Giuliano Gemma e Terence Hill, completano la batteria la grande  Rina Morelli, Ivo Garrani e Serge Reggiani, sicuro di aver dimenticato qualcuno. Una curiosità, nessuno dei tre protagonisti parlava italiano, Lancaster, Delon e Claudia Cardinale, che essendo nata a Tunisi parlava francese. Sempre la Cardinale, Stoppa e Delon avevano già lavorato col regista nell’altro capolavoro, già recensito, Rocco e i suoi fratelli. Negli anni Il gattopardo e diventato un classico del cinema mondiale, di cui andare fieri e possiamo tranquillamente dire che ieri come oggi è una critica, non tanto velata all’immobilismo del popolo nei confronti del futuro. Buona visione.

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