Le cronache dei giornali ci restituiscono ogni giorno resoconti di morti sul lavoro. Operai che precipitano dai tetti degli stabilimenti, altri incastrati negli ingranaggi dei macchinari. Anche i giovani in stage, coinvolti nei progetti di alternanza scuola-lavoro, hanno perso la vita.

La proiezione dei dati dell’osservatorio Vega Engineering per i morti sul lavoro nel primo semestre 2022 registra un aumento del 164%.

Crescono le denunce di infortunio +43,3% rispetto al 2021.

I settori più colpiti sono sanità (oltre 52.000), attività manifatturiere (oltre 37.000) e trasporti (33.289).

La rappresentazione grafica elaborata dall’osservatorio procede alla zonizzazione per fotografare i morti sul lavoro in Italia.

Quattro le zone individuate: rossa (Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige, Calabria, Molise), arancione (Puglia, Toscana, Sicilia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Marche e Umbria), gialla (Lombardia, Lazio, Campania e Abruzzo), bianca (Sardegna, Basilicata, Liguria e Friuli Venezia Giulia).

La divisione in zone identifica il rischio infortunistico nelle varie regioni secondo una scala di colori a seconda l’incidenza infortunistica che risulta inferiore al 75% dell’incidenza media nazionale nella zona bianca, compresa tra il 75% dell’incidenza media nazionale ed il valore medio nazionale nella zona gialla, compresa tra il valore medio nazionale ed il 125% dell’incidenza media nazionale nella zona arancione, superiore al 125% dell’incidenza media nazionale nella zona rossa.

Le denunce di infortunio delle lavoratrici italiane nei primi sei mesi del 2022 sono state 165.055, quelle dei colleghi uomini 217.233.

Cosa non funziona ancora nonostante non manchino leggi sulla formazione,  sulla prevenzione e la sicurezza sui luoghi di lavoro e non manchino controlli assidui e  sanzioni puntuali?

La vita dei lavoratori è preziosa e inestimabile per non porsi questi interrogativi.

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