Si è svolto ieri, presso la sala Giulio Pastore della Cisl, il corso di formazione deontologica indirizzato ai giornalisti dal titolo “Il valore delle parole. La narrazione degli scontri stradali e l’importanza di una corretta informazione”. Presenti alla discussione: Stefano Guarneri, Associazione “Lorenzo Guarneri onlus”; Antonio Capodicasa, comandate della polizia stradale di Siracusa; Roberto Cafiso, psicoterapeuta; moderatore Prospero Dente, giornalista e segretario Assostampa Siracusa.

Significativi come attualissimi i punti nodali su cui si sono soffermati i relatori: Le parole sono fondamentali ed il peso delle parole va considerato; i giornalisti sono professionisti della parola che facendo un servizio pubblico hanno necessariamente la capacità di essere chiari e bisogna approcciarsi con  cautela dando un resoconto dal particolare all’universale; serve che gli operatori si preparino alla comunicazione nei confronti dei parenti; l’incidente stradale o lo scontro stradale per i familiari è un’ esperienza terribile e terrificante per chi resta; è necessario che nelle descrizioni del fatto, nel diritto e dovere di cronaca, il giornalista tenga conto che non si parla di  di pupazzi ma di esseri umani che hanno legami che non può essere lesionato, né sporcato, né messo in discussione.

Non è mancata nemmeno la riflessione sul contesto sociale in cui si narrano gli incedenti stradali: noi abbiamo deresponsabilizzato questa società rispetto l’evento morte della vittima che aveva diritto di vivere; abbiamo deviato l’attenzione su quella che è la responsabilità dell’essere umano, dobbiamo stimolare sicuramente come stampa quelle istituzioni a fare di più; gli incidenti non capitano per caso, non sono legati al destino, gli incidenti capitano perché c’è sempre qualcuno che non rispetta una regola che andava rispettata.

Durante la discussione è intervenuta Deborah Lentini, la mamma di Stefano Pulvirenti, il giovane diciassettenne che perse la vita il 20 novembre 2015 dopo il tragico incidente avvenuto 23 giorni prima in Viale Paolo Orsi.

Ho trovato un senso a tutto questo– dice Deborah Lentiniperché ho conosciuto il comandate Capodicasa che mi ha dato la possibilità di parlare ai ragazzi perché non avvenga mai più; quindi io credo fortemente nel lavoro del progetto Icaro di educazione sociale alla viabilità e in quello che facciamo. Quella mattina io ho ricevuto la notizia da mia sorella; la voce si è sparsa ad una velocità supersonica, purtroppo era stata data una notizia falsa che Stefano era già morto. Bisogna fare attenzione che ci sono i parenti che ascoltano. Ve lo chiedo da mamma, aiutateci a non diffondere notizie false prima del tempo perché quando un parente riceve una notizia del genere dalla radio, da una televisione, da un giornale è già terrificante di per sé la situazione, è inspiegabile perché il dolore è infinito, però vi chiedo di aiutarci perché veramente non possono arrivare delle notizie prima ai parenti è una cosa devastante; fatecele dire quando arriviamo in ospedale, aiutateci in questo a bloccare la diffusione folle che c’è sui social di notizie allucinanti e poi io leggo continuamente “dateci il nome, dateci il nome, dateci il nome” ma perché non aspettate, non lo sanno neanche i parenti, non lo sanno gli zii, i cugini perché deve uscire questo nome che quando viene letto è una pugnalata al cuore. Ecco, questo se posso chiedere, è di rispettare i tempi; lo diranno poi i medici, uscirà fuori pian piano, gli amici più intimi, la famiglia stessa però se è possibile blocchiamo questa cosa devastante, non allontaniamoci con il nome, con la dinamica, con ha sbattuto la testa, il piede, la gamba gliel’hanno tagliata, gliel’hanno amputata non interessa agli amici, ai parenti, stanno già lì dietro un vetro a sperare, a pregare, queste cose sono superflue che ci sia un ragazzo ferito. Poi diventa un’ossessione per tutti sapere quale dito gli hanno tagliato, quali capelli gli hanno rasato, da quale lato...”

Si è concluso il corso con la sintesi di Prospero Dente che si è compiaciuto dell’incontro, con una piena attenzione durante gli interventi degli ospiti: “Alcuni argomenti riescono a raggiungere le nostre corde, perché noi dobbiamo essere anche cinici quando andiamo sul luogo, però c’è l’aspetto umano, personale, di genitori, di persone che poi vivono la condizione familiare per cui anche in quei momenti avvertiamo l’esigenza di fermarci un attimo a riflettere su ciò che stiamo vedendo e a quello che poi dobbiamo scrivere”.  Salvo Di Salvo infine ha riflettuto come i giornalisti hanno una responsabilità morale, personale per poter descrivere, raccontare momenti tragici che si verificano durante la giornata:“Dobbiamo riappropriarci della nostra responsabilità di giornalisti e comunicatori. Tutti noi dobbiamo cambiare in un’ottica nuova di fare comunicazione mettendo insieme le varie forze che ci mettono in condizione di continuare a raccontare e utilizzare i nuovi strumenti di comunicazione con parsimonia”.

Condividi: