Titolo della settimana: Indiana Jones e l’ultima crociata, 1989 di Steven Spielberg.
Dopo il discusso, ma sublime, Il tempio maledetto, passano cinque anni e Spielberg e Lucas ci presentano il capitolo numero tre, sempre rigorosamente con il nome Indiana Jones nel titolo: recuperando atmosfere e toni del leggendario esordio dell’eroe, anche a livello di trama siamo sulle stesse tracce bibliche .
Due trovate geniali danno nuova linfa alla trilogia, la parte iniziale del giovane Indiana, a cui da il volto l’indimenticato River Phoenix, dove con una descrizione da manuale, Spielberg ci fa scoprire pregi e future fobie del personaggio, compresa la causa della cicatrice sul mento, Steven non dimentica neanche di omaggiare il suo regista del cuore, John Ford, con un’inquadratura a tutto schermo della Monument Valley, tanto da sembrare dentro un film western. Quando il giovane Indy apre la porta di casa ecco il secondo colpo di prestigio: Papà Jones ovvero sua maestà Sean Connery, uno dei pochi, se non l’unico che, in quel momento storico cinematografico, poteva stare ad altezza Harrison Ford. Ora vi è chiaro che, con un’accoppiata del genere nelle mani di Spielberg, il risultato non poteva essere che eguagliare il punto di partenza del 1981.
I due Jones sono sulle tracce della coppa da cui bevve Gesù, quel Santo Graal che porta i due in giro per il globo: Svizzera , Germania, Giordania… e Venezia con la Chiesa di Santa Barbara che Spielberg trasforma in una biblioteca dove la tomba di un antico templare. Qua può aprire la strada verso l’antica reliquia, che fa gola anche ai nazisti, l’ossessione di Spielberg che tranne nel Tempio maledetto, sono sempre presenti nella saga, e sempre più agguerriti. Più di trent’anni come se non fossero trascorsi, Indiana Jones e l’ultima crociata è un must, magia del cinema con la capacità di farci tornare bambini. Buona visione
- Scorrendo la rubrica “Cinema in Cammino” gli altri episodi della saga.