L’incendio dell’aeroporto catanese sta mettendo a nudo danni che vanno oltre le macerie strutturali.

Spente le fiamme emergono adesso le fratture logistiche e sociali che solcano la trinacria: piaghe organizzative e culturali spesso coperte da montagne di cannoli e arancini o arancine che dir si voglia.

Decine di migliaia di persone, famiglie, bambini, anziani – sia indigeni che turisti – nel bel bezzo del picco delle temperature estive stanno affrontando l’emergenza riscrivendo nuove pagine di letteratura, un mix fra l’Odissea e l’Eneide.

In Sicilia ci si è scoperti nudi e divisi. Voragini di ogni tipo separano Palermo da Siracusa, Trapani da Ragusa e Catania da Comiso… Città siciliane accomunate solo da dirigenze inadeguate nei posti chiave del mondo dei trasposti nel momento sbagliato, tragica esperienza già vissuta nel periodo del Covid per le tematiche sanitarie. Esempio eclatante della inadeguatezza della attuale governance del sistema logistico siciliano è proprio l’aeroporto di Catania, capitanato da una Camera di commercio del sud-est nata da una discutibile e discussa operazione di accaparramento del potere che, stante ai fatti, di certo non si sta rivelando utile alle province coinvolte, specialmente per Ragusa e Siracusa; visto quanto sta accadendo proprio nel pieno della stagione turistica è lecito chiedersi perché l’aeroporto di Comiso è sempre meno trafficato da aerei a favore di Catania?

Ovviamente gli inaccettabili disagi del momento sono anche il frutto di ritardi ultra decennali, come l’assenza di un serio collegamento veloce fra le “capitali” siciliane sia per la viabilità su ruote che su rotaie.

Oltremodo triste, infine, il “niet” di Palermo nell’accogliere i voli “catanesi”, dimostrando una assoluta assenza di paini di emergenza siciliani, dimostrando storiche mancanze di visione d’insieme del Sistema-Sicilia oltre che una evidente incapacità organizzativa che a certi livelli non dovrebbe esistere, anzi, che proprio in situazioni eccezionali come quella che sta vivendo in questi giorni la nostra isola, dovrebbe emergere in tutta la richiesta professionalità.

E’ lecito quindi chiedersi quale lezione trarrà la nostra classe dirigente dalle ceneri di Fontarossa?

Il velo di scirocco sarà squarciato da una nuova Fenice?

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