Titolo della settimana: Sedotta e abbandonata,  1964 di Pietro Germi.
Passano tre anni da Divorzio all’italiana e Germi, miglior regista italiano di sempre, per chi scrive, fa ritorno nuovamente nella sua amata Sicilia, precisamente a Sciacca, dove quattordici anni prima aveva girato In nome della legge, e conquista ancora una volta le platee mondiali.
Durante un pomeriggio di una torrida estate siciliana, il tranquillo tran tran della famiglia Ascalone viene scosso sin dalle fondamenta, quando Peppino Califano, fidanzato della figlia maggiore Matilde, seduce la cognata sedicenne Agnese; la seguente gravidanza fa’ impazzire il padre, Don Vincenzo, deciso a tutti i costi a imporre un matrimonio riparatore, oltre ad ordinare a tutti, compresa la famiglia di Peppino il silenzio sulla vicenda. Da qui una serie di eventi grotteschi ci condurranno al finale di un film meraviglioso sotto ogni punto di vista. In Sedotta e abbandonata Germi si scaglia contro quell’articolo della nostra legislazione, la famosa legge 544 che dà potere al matrimonio, affinché possa cancellare con un colpo di spugna ogni reato e sopruso compiuto dall’uomo sulla donna; alla sua maniera il regista tratta la materia con toni grotteschi e paradossali trasformando la commedia italiana in poesia in celluloide, con una sceneggiatura di ferro a quattro mani, Germi, Vincenzoni, Age e Scarpelli. Qui a differenza del capolavoro precedente, il ritmo aumenta in maniera vertiginosa, con tutti i personaggi disegnati in maniera perfetta, dalla Sandrelli ad Aldo Puglisi, da Lando Buzzanca, Leopoldo Trieste, su tutti si erge Saro Urzi, il suo Don Vincenzo Ascalone conquistò la Palma d’oro di Cannes e il cuore di FF Coppola che per il film Il Padrino del 1972 si ricordò di lui. Cosa dire poi ancora di Germi, da genio puro la scena della ricostruzione della seduzione di Agnese, vista in tre diversi momenti del film, e poi grandangoli e movimenti di macchina ancora oggi innovativi, primi piani da western in anticipo su  Leone, mi piace pensare che Sergio ne abbia preso spunto, la stessa recitazione nervosa di Don Vincenzo sembra anticipare molto cinema degli anni a venire compreso quello Wertmuller e Giannini e sul tema legato ai diritti della donna arriva anche prima dei movimenti sessantottini, in una sola parola, film epocale.
Una curiosità, Stefania Sandrelli nella pellicola è doppiata da Rita Da Agnone, musiche dell’immancabile maestro germiano Carlo Rustichelli e fotografia spettacolare in b/n di Aiace Parolin. Dopo Divorzio e Sedotta e abbandonata nel 1966 Germi conclude la trilogia dedicata al costume con Signore e signori, dove mette alla berlina virtù e soprattutto vizi e segreti del nordest italiano, Treviso, scatenandone le ire. Ma questa è un’altra storia. Intanto da recuperare Sedotta e abbandonata, come tutta l’opera omnia di un regista irripetibile. Su il Cammino online potete trovare tranquillamente molti dei suoi film recensiti. Buona visione
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